giovedì 23 novembre 2023

Società patriarcale, il nemico è in Afghanistan non a Torreglia

 


Come scrivevamo ieri, ragionare per categorie è scorretto e pericoloso. Si fa di tutta l’erba un fascio, nel senso di evocare una precisa “categoria” di “persone”, traendone poi conclusioni sbagliate e pericolose, del tipo “eliminiamole tutte”.

La stessa pubblica opinione, che in una società di massa si traduce inevitabilmente in pressione sociale sugli individui, rischia sempre di trasformarsi in una specie di macigno collettivo capace di schiacciare le opinioni contrarie o non conformi. Insomma, si vizia e rovina il discorso pubblico pur di avere la meglio su un avversario "categorizzato"  e  liquidato come nemico politico.

Si prenda ad esempio la polemica sul “patriarcato”. La società italiana non è un esempio di modernità arrembante ma ha comunque attraversato negli ultimi sessant’anni una fase di notevole evoluzione sociale: i costumi sono cambiati, i rapporti tra uomini e donne sono più liberi, eccetera, eccetera. Insomma è una cosa che si nota a vista d’occhio e comprovata dalle indagini sociologiche.

Certo, esistono ancora nicchie geosociali, come nel Sud (ma non solo), dove la figura del padre padrone e del marito e del fidanzato padrone sussiste. Però il quadro generale non è assolutamente di tipo patriarcale. Anche perché il termine rinvia a una società di tipo tradizionale, quindi premoderna nei suoi costumi, a predominio “del padre” (questa l’origine linguistica del termine), cioè dell’uomo.

Un tipo di società arcaica che si può oggi ritrovare nel mondo islamico, soprattutto nelle aree geopolitiche dominate dal fondamentalismo. Si pensi, solo per fare un esempio, all’Afghanistan talebano.

Ora, se nel caso dei talebani è giusto parlare di società patriarcale, non è giusto usare il termine per definire la società italiana. Evidentemente la differenza di significato attribuita al termine è solo di tipo politico. Non riflette la realtà, la deforma per ragioni di ciclo politico (di conquista del potere): esiste una pubblica opinione, che pur essendo di parte, vuole imporre le proprie idee ad ogni costo, anche falsificando la realtà. Perché, ripetiamo, la libera Italia non è il patriarcale  Afghanistan. Questo deve essere il dato di partenza di ogni discussione, non la fallacia argomentativa della “pars pro toto”. Per capirsi, della categorizzazione…

Infatti dietro tale atteggiamento si nasconde un movente totalitario. Perché, come dicevamo, si “categorizza”: si mettono insieme l’afghano che giustizia a  termini di legge una adultera e un ragazzo italiano, probabilmente disturbato, che ha ucciso l’ ex fidanzata.

Si fa, ripetiamo, di tutta l’erba un fascio. Si crea una specie di macigno ideologico che condiziona il discorso pubblico. Dal momento che il solo richiamarsi, qui in Italia, all’idea di patriarcato per spiegare un omicidio, è profondamente scorretto perché non tiene in alcun conto la differenza fondamentale che intercorre tra l’ Italia, società moderna, e l’Afghanistan, società premoderna. Tra Italia e Afghanistan c’è differenza di specie non di grado all’interno di una stessa specie.

Quali sono i responsabili di questa china pericolosa? Di certo i movimenti femministi e la sinistra che li appoggia senza un minimo di spirito critico. Ma anche una destra, anzi estrema destra, oggi di nuovo al potere, che non ha mai fatto i conti con la modernità.

Diciamo pure che si confrontano due radicalismi opposti, che si rinforzano a vicenda, travisando così la realtà:  quello della sinistra, per cui Afghanistan e Italia pari sono, e quello dell’estrema destra, che ripropone pari pari il dio patria e famiglia, che non ci riporta all’Afghanistan, ma di sicuro al regime fascista, che nella donna vedeva una macchina demografica senza rotelle.

La società italiana non è patriarcale. E comunque sia, è in  via di nettissima evoluzione. Se le femministe e la sinistra vogliono sporcarsi le mani e combattere la società patriarcale il nemico è in Afghanistan non a Torreglia.

Carlo Gambescia

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