mercoledì 1 novembre 2023

La democrazia plebiscitaria di Giorgia Meloni

 


Non si sa ancora molto sulla “riforma costituzionale” intorno alla quale lavora la destra. Ma una cosa pare chiara: sembra si voglia adottare la figura del “premierato” popolare. Cioè di un Primo ministro eletto direttamente dal popolo. Si parla inoltre, per le elezioni politiche di un premio di maggioranza, congruo, per blindare il Governo. Ma anche di cassare i poteri di scioglimento delle camere da parte del Presidente della Repubblica, il cui ruolo diverrebbe puramente onorifico.

In realtà la “ratio” della riforma, per parlare difficile, non è di garantire la “democrazia dell’alternanza”, come proclama Giorgia Meloni, ma di renderla più difficile. Perché cinque anni di governo blindato, con le Camere, ridotte a funzione notarile di pura registrazione delle misure varate da un governo dai poteri molto estesi (perché si parla anche di questo), rischiano di determinare la fine della democrazia parlamentare.  E non solo. Qui è inutile ricordare come precedente, certi atteggiamenti cesaristici di Mussolini, durante la conquista del potere, da autentico arcinemico del Parlamento. E di come poi seppe tradurli in triste realtà.

Quel Mussolini che ancora esercita un grande fascino su Fratelli Italia. Esageriamo? Ai giornalisti d’inchiesta suggeriamo di indagare come e  dove,  deputati e  senatori di Fratelli d’Italia, abbiamo trascorso la giornata del 28 ottobre, anniversario del colpo di stato fascista ( "loro" la chiamano "Marcia su Roma"). Negli ambienti missini e post missini si usava e si usa celebrare l’ “evento” con grandi cene, canti, appelli e saluti romani. Partendo dal minimo sindacale mattutino: “Buon 28 Ottobre”.

Ciò che dà più fastidio – particolare che però sfugge al cittadino comune – è l’ipocrisia di Giorgia Meloni e accoliti, inclusi non pochi pennivendoli di destra, come oggi su “La Verità”, che dipingono la riforma costituzionale come una vittoria della democrazia, cioè del popolo, dal momento che potrà eleggere direttamente il Presidente del Consiglio.

In realtà, come ben sanno gli studiosi, intellettualmente onesti, la democrazia è controllo degli eletti da parte degli elettori, che si esercita attraverso il potere di scioglimento delle Camere.  Perciò non la si può restringere al momento del voto: all’elezione plebiscitaria di una specie di nuovo Cesare.

Pertanto il vero nodo – se si vuole il veleno – è nel potere di scioglimento delle Camere, che non può risiedere nella stessa persona, come invece prevede il progetto della destra, cioè il Presidente del Consiglio.

In realtà – e questa invece è pura tradizione liberale – in materia  i poteri vanno sempre bilanciati tra Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Parlamento. Il che significa che Giorgia Meloni, nascondendosi, dietro il voto del popolo, aspira al potere assoluto del governo, sulle altre istituzioni.

Si chiama democrazia plebiscitaria. Ed è l’esatto contrario della democrazia parlamentare che invece venne preferita dai Costituenti proprio per evitare quelle tentazioni autoritarie insite nella democrazia plebiscitaria.

Allora, all’indomani della Liberazione, il ricordo del fascismo era ancora fresco. Oggi, gli eredi dei fascisti addirittura governano. E come pare, “nulla hanno dimenticato, nulla hanno perdonato”, come talvolta si dicono fra di loro. Sicché vogliono di nuovo imporre la democrazia plebiscitaria per spianare la strada a nuove soluzioni autoritarie.

Carlo Gambescia

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