Occidente, dove tramonta il sole… A questo ci ha fatto pensare la manifestazione milanese organizzata da Salvini. Una politica decadente di pura chiusura verso l’Altro, il diverso, lo straniero, visto come una minaccia alla redistribuzione delle risorse economiche e sociali. Egoismo allo stato puro, per giunta controproducente. Perché non si può vivere di rendita per sempre.
L’Occidente è stato ed è ben altra cosa di questo “vecchietto”, simbolizzato dalla politica di chiusura sociale ermetica delle destre: un vecchietto egoista che vuole il pannolone pagato dallo stato, riservato solo agli uomini di razza di bianca e di religione cristiana. Un Occidente al tramonto, vicino alla morte che spera di allontanare chiudendosi a riccio.
In realtà l’Occidente, già prima delle alleanze militari pre e post la Seconda guerra mondiale, rinvia a un comunità di navigatori, scienziati, mercanti e militari, anche corsari, che non sapeva di essere Occidente, ma che già si comportava da Occidente: una comunità vitale, energica, coraggiosa, talvolta temeraria, che all’inizio dell’età moderna si volge alla conquista del mondo conosciuto e sconosciuto. E che soprattutto include, con il libro e con la spada, il diverso.
Il cristianesimo non è che il primo passo. Seguono i commerci, la filosofia, la politica, il diritto: il mondo come un libero mercato, dove vanno e vengono uomini merci, liberi di arricchirsi e di godere, aperto, attraverso il merito, a tutti, al di là di qualsiasi distinzione di razza. Di questa civiltà il XIX secolo rappresenta il momento più alto che vede la parificazione giuridica dell’ebreo errante e l’abolizione della schiavitù. Nasce il governo degli uomini attraverso la legge. Un sfida meravigliosa alla forza di gravità della politica, ancora in atto.
Ovviamente, come detto, si è trattato di un processo inconsapevole, con alti e bassi, anche contraddizioni, colpi di coda della reazione. Nessuno, un bel giorno, si sedette a tavolino per "progettare" l’Occidente. Come invece Marx tentò di fare inventandosi “il socialismo scientifico”. Non esiste un Occidente scientifico. Esisteva invece, e può ancora tornare e esistere, una comunità di cuori impavidi.
Si può dire che l’idea di Occidente, come comunità euro-americana di valori e interessi, fiorita sulle macerie della seconda guerra mondiale, è un effetto imprevisto, della rivoluzione dei moderni. Il Secondo conflitto mondiale va visto come una gigantesca battaglia tra il mondo moderno e il mondo premoderno: tra la libertà e il rifiuto o la manipolazione della libertà. Ma è servita una guerra catastrofica per scoprire il concetto di Occidente. Che perciò storicamente parlando è abbastanza recente: 1945 e dintorni.
Ovviamente la libertà è anche rischio. Come ben sapevano i ricordati navigatori, scienziati, mercanti, militari e corsari. Ed è proprio questo che le destre rifiutano. Si sogna invece una società statica, chiusa a qualsiasi apporto dall’esterno, a cominciare dal migrante, una staticità che è l’esatto contrario della dinamicità che ha caratterizzato la travolgente ascesa dell’Occidente.
Invece di scorgere nel migrante una sfida e un’ opportunità lo si liquida come un nemico. L’Occidente delle destre è un Occidente che vuole vivere di rendita e che ha rinunciato a ogni forma di profitto economico, sociale, politico. Una specie di casa di riposo, per anziani bianchi, cristiani e fruitori di buone pensioni. Che malinconia…
Che fare? Recuperare la nostra identità di navigatori, scienziati, mercanti, militari e corsari, ma includendo e socializzando il migrante. Prima con il libro, secondo ragione, e quando necessario, soprattutto all’esterno, con la spada.
Non si deve avere paura. Mai comportarsi come il vecchio in pannoloni difeso dalle destre. L’Occidente deve recuperare l’iniziativa, convincere e vincere. Altro che la Villa Arzilla teorizzata da Salvini e dalle destre…
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Non sono consentiti nuovi commenti.