Giorni fa leggevamo le memorie di Alessandro Blasetti che nel 1934 girò “Vecchia guardia”, film che doveva essere celebrativo, e che invece non piacque al fascismo.
Blasetti, e nella pellicola si intuisce benissimo, dipinse il fascismo, con toni elogiativi, per ciò che era: una reazione di piccoli borghesi che volevano lavorare, stanchi degli scioperi e soprattutto di un clima pre-rivoluzionario, che guardava alla rivoluzione russa.
Mussolini, ex socialista, non gradiva questa interpretazione che sminuiva il ruolo rivoluzionario del fascismo, riducendolo alla pura risposta carnale a un problema di ordine pubblico.
In realtà, non solo allora, del diritto sciopero in Italia si è spesso abusato. La politicizzazione della sinistra, soprattutto nel secondo dopoguerra, introdusse il concetto di sciopero politico, quindi non solo legato a ragioni economiche, ma come opposizione ideologica all’intera politica economica del governo. L’ “Autunno caldo” e gli anni Settanta dello scorso secolo si distinsero particolarmente, per quella che i giornali di destra dipingevamo come “scioperomania”.
Da allora però la situazione andò a poco a poco normalizzandosi. Probabilmente in seguito alla dissoluzione del comunismo russo e di una nuova e benefica ondata di globalizzazione economica.
Sicché sono state introdotte regole e autorità di controllo. Raffinati giuslavoristi hanno definito il concetto di sciopero generale, elaborato con il Parlamento maggiori tutele per lavoratori e cittadini. L’Italia si è così ulteriormente modernizzata, incivilendo i conflitti sul lavoro, sempre più relegati nell’ambito delle questioni economiche.
Lo sciopero generale, di tanto in tanto, proclamato, in particolare contro il governi moderati, o come in questi giorni contro un governo spiccatamente di destra, resta una specie di petizione di principio nell’ambito di un’archeologia politica dei conflitti sociali. Nulla di che. Normale folclore socialista.
Ora, che Salvini, che della storia del Novecento non sa praticamente nulla, ragioni come Blasetti, che invece era coltissimo ( e qui si noti il silenzio della Meloni, che probabilmente la pensa come Mussolini: Fratelli d’Italia come forza nazionalsocialista), è ridicolo.
Perché Landini non vuole occupare le fabbriche, né farle presidiare da gruppi di operai armati come nel 1920. Il suo, ripetiamo, è puro folclore neppure socialista, probabilmente laburista. Altro che “Biennio rosso”…
Pertanto la reazione di Salvini è spropositata, come pure il tono della stampa di destra. Tutti insieme aizzano la gente: vogliono la reazione piccolo-borghese, di cui parlava Blasetti, senza però il correlativo pericolo degli Arditi del popolo dall’altra parte.
Salvini, se fa sul serio, cioè se crede veramente di vedere bandiere rosse sulle fabbriche, è un imbecille. Anzi un vetero-imbecille. Politico ovviamente. Nulla di personale.
Carlo Gambescia
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