sabato 11 novembre 2023

Demagogia fascista contro i partiti

 


La peggiore demagogia fascista. Si legga questo appello della Meloni agli italiani. È di ieri. Inaugura, come sembra, una specie nuova rubrica: “ Gli appunti di Giorgia”, lanciata sui Social.

“Che volete fare, volete contare e decidere o stare a guardare mentre i partiti decidono per voi? Questa è la domanda che faremo se sarà necessario e quando sarà necessario” (*).

Se il lettore avrà tempo e pazienza per documentarsi, un linguaggio del genere, piuttosto forte, contro i due fulcri della democrazia liberale (parlamento e partiti), lo si può ritrovare in Charles de Gaulle e in Benito Mussolini ( ovviamente anche in Hitler). De Gaulle fu antifascista, la Meloni proviene invece da un partito dalle salde radici fasciste, quindi non offre alcuna garanzia che non possa finire male anche questa volta.

Tra la fine dell’ Ottocento e l’inizio del Novecento, sulla scia del plebiscitarismo napoleonico (Napoleone III) e del socialismo rivoluzionario, si sviluppò una critica al parlamentarismo: reazionari e rivoluzionari si rivolgevano direttamente al popolo, liquidando le istituzioni parlamentari come superflue.

De Gaulle, pur non essendo fascista, risentiva di questa visione plebiscitaria delle istituzioni. Ma quando il popolo alla fine degli Sessanta lo sfiduciò, via referendum, lasciò il potere ad altri. Per far sloggiare Mussolini, altro adoratore dei plebisciti, ci vollero una guerra mondiale e una guerra civile. Tanto, troppo sangue.

Perciò quando Giorgia Meloni, che se fosse vissuta ai tempi di Charles de Gaulle avrebbe parteggiato per Petain (altro profeta del Dio,Patria e Famiglia),  “sputa”, perché di questo si tratta, sui partiti e sulla democrazia parlamentare la situazione è grave. Anche perché, ribadiamo il punto, il progetto di riforma costituzionale prevede che il potere di scioglimento della Camere sia trasferito al Presidente del Consiglio eletto dal “popolo” (**).

Parliamo di un potere fondamentale in una democrazia parlamentare, perché basato sulla minaccia di “mandare a casa”  senatori e deputati giustamente riottosi, dal momento che sono i rappresentanti della Nazione (art. 67, Cost.), non gli schiavi di un partito, quindi di una sua parte o fazione. La Costituzione esclude il vincolo di mandato imperativo. Così invece  dal “ribaltone” si passa al “ricatto”… Perfetto (si fa per dire).

In realtà, con la scusa di evitare i “ribaltoni”, il Presidente del Consiglio rischia di tramutarsi in un dio in terra, il cui potere divino  deriva dal “popolo”. Plebiscitarismo allo stato puro.

Se in Charles de Gaulle, l’antipatia verso i partiti si poteva ricondurre alla sua condizione professionale di militare decisionista, quella di Giorgia rinvia plebiscitarismo fascista. Che detto per inciso, era lo stesso che ispirava l’idea di Repubblica Presidenziale sposata da Giorgio Almirante e dai missini. Strada senza ritorno. Perché in quei cinque anni di potere blindato del Presidente del Consiglio tutto può accadere.

Ormai dirlo è quasi una banalità. Però sembra che gli italiani abbiano dimenticato la lezione: Hitler e Mussolini, pur in quadro di ripetute violenze, andarono al potere con i voti dei tedeschi e degli italiani. In qualche misura, “democraticamente ”. Dopo di che sciolsero i partiti. Gli stessi partiti sui quali oggi “sputa” Giorgia Meloni, invitando gli italiani “a non stare a guardare”. Quando si dice il caso...

La storia rischia di ripetersi. Purtroppo.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.adnkronos.com/politica/riforme-meloni-ai-cittadini-volete-decidere-voi-o-state-a-guardare-i-partiti_2w6C3IgXCBvNzKZ9q6XVic .
(**) Qui un nostro precedente articolo in argomento: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2023/11/la-democrazia-plebiscitaria-di-giorgia.html .

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