Per Giorgia Meloni, probabilmente, José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange, è poco più di un nome. Come pure poco o nulla sa di Francisco Franco. Nonostante le vantate frequentazioni con Vox.
Però c’è chi, giocando sull’ignoranza o sulla noncuranza dei politici postmissini, sdogana il falangismo con la scusa di combattere un altro dei miti dell’estrema destra, dopo quello della “sostituzione” (dei neri con i bianchi) in Italia e in Europa: la “cancel culture”.
Accusata addirittura di voler riscrivere la storia, cancellando targhe monumenti, rimuovendo, come in Spagna i resti prima di Franco poi del fondatore della Falange dalla Valle de los Caídos: il grande sacrario, di e per tutti i caduti della guerra civile, voluto da Franco ma costruito dai prigionieri repubblicani con la pistola puntata alla tempia.
Si chiama Marcello Veneziani, in questi giorni, scommettiamo, in preda alla rabbia, perché sta vendendo di più il generale Vannacci con un solo libro che “Marcello Bello” (questo il suo pseudonimo quando scriveva sul “Secolo d’Italia”, negli anni missini, non aennini…), che di libri ne ha pubblicati non pochi.
Ma si legga cosa ha scritto in argomento: puro stile romantico-fascista.
“José Antonio era un mito per la gioventù europea, non aveva fondato alcun regime sanguinario, alcuna dittatura, si era solo battuto lealmente in una guerra civile per i suoi ideali e per la difesa della Spagna eterna contro il pericolo comunista, ateo e stalinista. Fu un capo carismatico, un oratore coinvolgente, un combattente intrepido, un sognatore politico. Era avvocato, padre di quattro figli, a sua volta figlio di Miguel Primo de Rivera, generale e dittatore col consenso del Re negli anni venti. José Antonio sognava una Rivoluzione nazionale che coniugasse i valori tradizionali della Spagna cattolica, con i valori popolari di giustizia sociale e difesa dei lavoratori. Mi innamorai di lui da ragazzo, ricordo il suo discorso testamento: “La bandiera è stata issata. Andiamo a difenderla allegramente, poeticamente…il nostro posto è fuori, all’aria libera, sotto la notte chiara, arma in spalla e in alto le stelle”. A lui dedicò una biografia elogiativa Giorgio Almirante” (*).
Innanzitutto lo chiama per nome, come usavano e usano fare i militanti falangisti e i neofascisti di mezzo mondo, Italia inclusa. Poi lo romanticizza (le stelle, la bandiera, la poesia del combattentismo, dio, patria e famiglia al cubo), altro stereotipo fascista e neofascista. Dulcis in fundo cita la biografia di Giorgio Almirante, sicuramente divorata. Però attenzione: non “elogiativa”, come scrive Veneziani, ma apologetica.
Il falangismo fu un nazionalsocialismo ispanizzato, con al posto del pagano Hitler, un leader ultracattolico, fucilato dai repubblicani nel 1936. Franco, che era politicamente moderato, trasformò il falangismo in una specie di Inps, di ente previdenziale e assistenziale per i lavoratori. E nel dopoguerra fu costretto a mettere la manette a molti falangisti che nel frattempo avevano imparato a rubacchiare sulla lista della spesa.
Per contro, per i nostalgici del falangismo e del fascismo, José Antonio Primo de Rivera [nella foto] resta un specie di principe dormiente, che prima poi si risveglierà, o quanto meno si risveglieranno i suoi valori, però totalitari. Per i quali fa tuttora tifo Veneziani.
Se l’intellettuale di Bisceglie avesse letto la magnifica tetralogia di Josè Maria Gironella, grande scrittore, veramente al disopra delle parti, avrebbe scoperto i gravi limiti del falangismo, ammessa e non concessa la sua volontà di scoprirli: limiti insiti in ogni romanticismo politico. Prima o poi costretto, piaccia o meno, a fare in conti con la realtà, finendo così per farli anche troppo: o eccedendo in esecuzioni o in concussioni.
Pertanto le tesi di Veneziani (Josè Antonio era buono, i suoi valori buoni) sono l’ennesima lancia spezzata in favore del fascismo come fenomeno politico eroico, eccetera, eccetera.
Veneziani, come sempre, scrive di cose che non conosce, o che conosce attraverso il filtro di Almirante e della subcultura fascista e neofascista italiana alla quale appartiene.
Perché, solo per dirne una, dal falangismo, dall’ultimo falangismo, proviene Adolfo Suárez, nauseato di tutta quella paccottiglia ideologica, che grazie all’opera di un grande giurista, Torcuato Fernández-Miranda e alla lungimiranza del re Juan Carlos, riuscì a portare a termine la transizione spagnola dalla dittatura di Franco alla democrazia: un capolavoro politico del governo Suárez, che nel febbraio del 1981, il tenente colonnello Tejero, altro probabile mito di Veneziani, tentò di rovesciare.
Si guardino i filmati dell’epoca: Adolfo Suárez, unico uomo in piedi al centro del Parlamento, che replica, disarmato, a uno pseudo caudillo che lo minaccia con la pistola: idolo di quei militari e falangisti, guardia bianca del “Bunker” franchista, riuniti intorno al quotidiano “El Alcázar”, evocatore del “golpe”. Per capire il clima, si rileggano titoli e articoli di quei giorni pubblicati dagli ultimi moicani della carta stampata falangista. La transizione non fu una passeggiata…
Ovviamente Suárez, capace uomo di stato, scomparso alcuni anni fa, resta il nemico principale di tutti coloro che rimpiangono, come Veneziani, José Antonio Primo de Rivera: il miracoloso falangismo rivendicato, in articulo mortis da una marionetta come Tejero.
Questo maledetto romanticismo politico, evocato da Veneziani, che rifiuta di storicizzare la dittatura franchista, errore, attenzione, commesso anche dal passato governo socialista, resta il peggiore veleno che impedisce, non solo alla Spagna, di proseguire nel cammino della democrazia liberale.
Ammesso e non concesso che la “cancel culture” sia pericolosa (non concesso perché come ogni estremismo romantico, prima o poi dovrà fare i conti con la realtà), non la si può combattere con dosi industriali di falangismo romantico, come fa Veneziani.
A sua volta Giorgia Meloni che fa? Boh… Forse se lo conoscesse, preferirebbe il falangismo dell’Inps. Forse.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-macabra-barbarie-contro-i-morti-sepolti/ .
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