giovedì 17 agosto 2023

Gli ottant’anni di Robert De Niro (con una divagazione su Donald Trump)

 


Il cinema statunitense è il cinema per eccellenza. Un italiano, importante sociologo e statistico, Corrado Gini, che negli anni Trenta, andò negli Usa, per un periodo di insegnamento, lamentò la natura urlata dei film americani. “Non parlano, gridano”, scrisse in un suo libro sulle società lavoriste.

Gini, probabilmente fermo ai telefoni bianchi e a “ Parlami d’amore Mariù” (tema musicale di un famoso film di Camerini), non aveva capito che il cinema o è gridato, nel senso dell’enfatizzazione di ogni gesto, voce inclusa, o non è cinema. Può piacere o meno, ma è così. Ieri come oggi. E funziona. Da “Ombre rosse” al “Padrino”, fino alle varie saghe mafiose, spaziali, giurassiche, e tarantinate varie. Hollywood ha inventato il cinema. Punto. Inutile perdere tempo dietro a Citto Maselli.

Robert De Niro, che oggi compie ottant’anni è la perfetta rappresentazione di questo cinema urlato, violento, dei romantici eroi negativi: cinema che piace. De Niro, ovviamente, da anni ha ripiegato su altri ruoli, tentando addirittura la commedia. Ma sempre come mafioso, agente del Cia, eccetera, eccetera.

Singolare al riguardo la sua polemica contro Trump. Che detto, per inciso, colpisce nel segno. Soprattutto quando gli dà del buffone pericoloso.

Diciamo che se ne intende. Dal momento che i personaggi interpretati da De Niro, soprattutto nella prima fase della sua carriera, sono tutte figure al limite del buffonesco: “You Talkin’ to Me?” You Talkin’ to Me?” Chi può dimenticare Travis, il tassista squilibrato con il taglio indiano all’Urone , buffo e tragico al tempo stesso, tramutato dai media, dopo una carneficina, nell’ eroe della lotta contro il crimine?

Trump è un altro squilibrato, politicamente squilibrato, che davanti allo specchio, ripete a se se stesso, in modo buffonesco, ma pensando ai giudici che lo indagano: “Dite a me? Dite a me?”. E tira fuori la pistola. Se in senso metaforico o meno, non è ancora chiaro.

Certa destra, anche italiana filotrumpiana, critica le posizioni di De Niro, liquidandole come quelle del solito radicale al caviale.

In realtà, se il cinema è un impasto di vita e finzione, altra lezione di Hollywood, De Niro e Trump, ultraricchi tutti e due, sono lo specchio di un cinema urlato e violento, popolato di eroi romantici, spesso alcolizzati, che le sparano grosse, dal cazzotto facile, per non parlare della pistola.

Un cinema che ha conquistato il mondo, confondendo realtà e finzione. Perché così vuole la gente. E così impone il democratico botteghino.

Il che dal punto di vista economico è giusto. Se fatto però con autoironia. E qui le strade divergono. Perché De Niro, nella seconda parte della sua carriera, pur con le enfatizzazioni “di genere” (così si dice), ha riso di sé e dei suoi personaggi. Trump invece insiste: “ci crede”, anche troppo. Il che è un problema. Non solo per gli Stati Uniti.

Dimenticavamo. Auguri a Robert De Niro. Tra l’altro, dal 2004, Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Carlo Azeglio Ciampi da Livorno (pure i livornesi non scherzano), era un suo ammiratore.

Carlo Gambescia

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