Caso del generale Vannacci. Troppe stupidaggini in giro. Di gente che invece di guardare la luna indicata dal saggio, si sofferma sul dito. Dobbiamo purtroppo intervenire di nuovo. Ne avremmo fatto volentieri a meno. Diciamo però ultimo avviso
Il punto non è la libertà di opinione del generale. Ma l’attenzione, che definiremmo truculenta, attribuita da media e social al caso di un tizio dalle idee razziste.
Ieri parlavamo di discorso pubblico. Come funziona?
Funziona, che su certi principi non si transige. Ad esempio, un libro razzista è un libro razzista. Ci mancherebbe altro.
Però qual è la ricetta per contrastarlo: di non parlare del libro razzista. Si stacca la spina: il generale non esiste. Altrimenti lo si trasforma in un martire della libertà d’opinione. Può pubblicare, se trova un editore, eccetera, eccetera. Ma nessuno ne farà un caso, nessuno lo inviterà, nessuno commenterà.
Certa gente non si invita a pranzo. Non ci si siede allo stesso tavolo. Atteggiamento che dovrebbe valere per la destra come per la sinistra. La liberal-democrazia se vuole sopravvivere all’incrudelimento del discorso pubblico, che porta prima alla guerra culturale poi alla guerra civile, deve contrastare quelle opinioni, per così dire, che conducono alla distruzione del discorso pubblico.
Ma con eleganza, per convinzione e convenzione. A tavola, tra persone educate, nessuno si metterà le dita del naso. Il generale si è messo le dita nel naso, quindi non merita di sedere a tavola. Punto. Vada pura a pranzo dove crede. Generale o non generale, scriva e venda pure il suo libro tra i razzisti, ma quella che si chiamava una volta stampa di opinione, lo “deve” ignorare. Nel senso di essere superiore a certe discussioni tra gente maleducata. Nello specifico politicamente maleducata. Perché si tratta di gente che prende a pugni, per ora in senso figurato, chiunque la pensi in modo contrario
Ci appelliamo a un sano snobismo liberale. Il solo atteggiamento che può salvare la liberal-democrazia dalla distruzione del discorso pubblico. Che, ripetiamo, conduce alla guerra civile. Il maleducato politico, semplicemente, non esiste. Si passa oltre, parlando di altro. “Oggi è una giornata splendida, Sir James”…
Certo, al tempo dei social e dei populismi, quindi in una fase in cui discorso pubblico ha già presso una brutta piega, e da un pezzo, non è facile il passo indietro. Però senza un recupero dello snobismo liberale le cose andranno sempre peggio. In politica – quanto diciamo deve valere per la destra come per la sinistra – bisogna rinunciare a stravincere. L’attuale conflitto culturale tra destra e sinistra è invece animato dall’estremismo. La sinistra, vuole vincere a ogni costo, beatificando la Murgia, la destra si difende e contrattacca con il generale dall’elmo chiodato. Un disastro.
Il punto non sono le idee professate in sé dalla sinistra, che chi scrive condivide senza alcun problema, ma la violenza verbale con la quale sono professate e la prospettiva statalista nella quale sono inquadrate. E’ perciò ovvio che la destra reagisca con altrettanta violenza. Sono dinamiche emulative, a sfondo autodistruttivo, che Ernest Nolte ha ricostruito molto bene a proposito della crisi di Weimar.
Invece, ripetiamo, su certi argomenti andrebbe staccata la spina, lasciando che la società per gradi si abitui al cambiamento di costume. Evitando quell’ “educare alla libertà” di tipo giacobino, che porta allo stato del carabiniere pedagogista, che a sua volta provoca reazioni altrettanto giacobine.
Non ci si perda dietro alla polemiche sulla libertà d’opinione tra nemici della libertà d’opinione. Solo lo snobismo liberale potrà salvarci.
Carlo Gambescia
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