giovedì 7 agosto 2025

Migranti: ostaggi dei miti politici

 


Risulta interessante scoprire come la politica non riesca a rinunciare alla costruzione di miti, anzi di mitologie a largo raggio. Ne parlavamo anche ieri (*).

Si prenda la questione dell’immigrazione.

La destra, in particolare quella estrema oggi al governo (non solo in Italia), ne ha fatto un cavallo di battaglia. Come? Lavorando sulla percezione, tra la gente, del pericolo rappresentato dal migrante, raffigurato come una specie di criminale.

Il che non è vero. Se il migrante delinque, è perché viene spinto ai margini, sfruttato e maltrattato. La sinistra, dal canto suo, risponde con una retorica mitologica apparentemente positiva: propone l’immagine del migrante come persona normale ma sfortunata, spesso per colpa dell’uomo bianco, un poveretto che vuole solo migliorare le proprie condizioni.

Dicevamo: il mito come costruzione di figure sociali. La mitologia politica, proprio perché tale, tende a esagerare: idealizza (sinistra) o demonizza (destra).

Il problema è che queste retoriche hanno conseguenze politiche e sociali: influenzano i comportamenti, anche elettorali, e possono far vincere o perdere un partito.

In Europa, sembra oggi prevalere la mitologia della destra, che veicola una percezione negativa del migrante. Di qui le politiche dure in atto. La sinistra, che offre tutto sommato una mitologia positiva, sembra invece in debito d’ossigeno, anche elettoralmente.

Ci si chiederà: ma qual è la realtà? Il migrante è pericoloso o no? Già la domanda contiene la risposta. Porla significa accettare un approccio mitologico di destra. È come chiedersi: “Sono pericolosi gli italiani? Sono percolosi gli esseri umani?” Domanda inutile. L’uomo non è né buono né cattivo in sé: si comporta bene o male in base alle circostanze.

Per circostanze intendiamo quelle condizioni, oggettive e soggettive, che accompagnano un fatto e ne determinano natura e peso. Come accade in un giudizio, dove certi elementi non eliminano il reato, ma lo aggravano o attenuano.

L’uomo agisce reagendo alle circostanze, secondo parametri personali e ambientali. Si potrebbe dire, anzi, che reagisce più che agisce.

Si dirà che stiamo filosofeggiando, mentre alle porte premono i “barbari invasori”… Anche qui — a proposito dei presunti barbari — prevale l’immaginario mitologico della destra. L’urgenza esiste solo se si accetta l’idea nazionalista, tipica della destra, del “prima i nostri”, che introduce una distinzione mitologica tra esseri umani spesso in base al colore della pelle.

La mitologia della sinistra è meno pericolosa, ma ha un punto debole: lo statalismo. Ovvero la convinzione che lo Stato debba controllare tutto, anche l’immigrazione, organizzando assistenza “dalla culla alla tomba”.

Il male della sinistra è il welfarismo, soprattutto se di tipo universalistico, che finisce per generare dipendenza, anche nel migrante. Una dipendenza che invece di emancipare, vincola e logora, alimentando lo sciovinismo assistenziale della destra: “Non ce n’è abbastanza per tutti”.

In realtà, i fenomeni sociali, compresi quelli demografici, hanno natura autoregolativa: si aggiustano nel tempo. Gli uomini rivedono le proprie posizioni in base ai risultati.

Semplificando: sia chiudere (destra) che aprire (sinistra) le frontiere, oltre a sancire l’esistenza stessa delle frontiere, comporta un’intromissione statale nella vita sociale. Che invece si regola da sé.

Una scoperta moderna — sebbene tardiva — è quella del laissez-faire, laissez-passer : lasciar fare, lasciar passare uomini, beni, idee. Un principio che ha favorito un progresso prima sconosciuto.

Si lasci che la società segua il proprio corso. Gli uomini, più intelligenti di quanto si pensi, procedono per tentativi ed errori.

Ad esempio, un migrante insoddisfatto — in un sistema non assistenzialista — riconsidererà liberamente la propria situazione.

Si lasci che ciascuno decida in base al principio: ubi bene, ibi patria — dove si sta bene, lì è la patria.

Ciò può generare conflitti? Forse. Ma solo se si accetta la mitologia della destra (chiusura) o quella della sinistra (apertura assistenziale), che alimentano scontri artificiali per il controllo di risorse economiche e identitarie. Risorse che, in realtà, una società libera dai pregiudizi identitari è perfettamente in grado di moltiplicare. Quasi senza limiti.

Più ci si allontana dal principio liberale del “lasciar fare, lasciar passare”, più ci si impantana nelle mitologie tossiche della politica. Destra e sinistra continuano a costruire maschere ideologiche — tra paura e pietismo — che offuscano la realtà e alimentano conflitti artificiali.

Il liberalismo, invece, non promette paradisi, ma restituisce all’uomo — migrante o nativo — la libertà di scegliere, di muoversi, di tentare.
 

È tempo di smettere di credere ai miti. E cominciare a credere negli individui.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/08/canne-giuli-e-la-restaurazione.html .

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