lunedì 4 agosto 2025

Manganello e aspersorio: il ritorno del clerico-fascista

 


Non è che ce l’abbiamo con il "Secolo d’Italia". Tirerà pochissime copie. Però è l’organo di stampa di un partito di governo, il principale, Fratelli d’Italia. Di conseguenza al "Secolo" non si muove foglia che Meloni non voglia, per dirla alla buona.

Cioè può essere utile per comprendere la strategia dei nuovi fascisti, tutti comunicazione, dio, patria e famiglia. Furbi, furbissimi: non si dimentichi quel giovane militante, colto in fallo dall’inchiesta di Fanpage, quando dichiara – sintetizziamo – “guai a presentarsi come fascisti, dobbiamo invece passare sempre per vittime, così la gente ci compiange e vota per noi”. È tutto lì il trucco, ripetuto a ogni livello.

Questo il succo politico della strategia della rimozione del fascismo dal dibattito pubblico, vecchio e nuovo, varata da Giorgia Meloni, grande ammiratrice – non in pubblico, ovviamente – del duce. 

Basti ricordare che non ha mai pronunciato una condanna chiara del fascismo: al massimo, un generico “errori” o un altrettanto vago "dittatura, ma in concorrenza, nel secondo dopoguerra con quella dell'antifascismo: come se fossero la stessa cosa... 

D’altronde, è la stessa che nel ‘96, da giovane militante, definiva Mussolini “un grande statista”.

Dicevamo il “Secolo”: ieri un attacco durissimo, condito di minacce, a monsignor Perego, presidente della fondazione episcopale Migrantes, reo di aver definito “subdole”, le politiche migratorie del governo Meloni (*). Non male, per un giornale che pretende pure di parlare in nome dei valori cristiani.

Oggi invece, prima pagina con la grande manifestazione giubilare di Tor Vergata: foto del Papa, toni trionfalistici e lodi alla “macchina perfetta” organizzata dal governo. Si enfatizzano le frasi cinguettanti della Meloni – la stessa che, ricordiamolo, senza battere ciglio ha firmato l’accordo per deportare i migranti in Albania – su “giornate straordinarie impregnate di fede, gioia, speranza”. Ruffiana. Politicamente, s’intende.

I fascisti, si sa, hanno sempre avuto un debole per l’altare. Come fu per il Concordato del ‘29, a cui seguì però la repressione a manganellate delle organizzazioni giovanili cattoliche che il regime voleva assorbire. Oggi non si manganella fisicamente, ma idealmente sì. Monsignor Perego ne sa qualcosa.

E nel frattempo si blandiscono le gerarchie vaticane, come allora, accarezzandone la vanità. Il messaggio è chiaro: “Lasciateci fare su migranti, diritti e ordine pubblico… e in cambio avrete celebrazioni e incenso”. Già visto. E già sentito.

Quanto al Papa, resta un rebus. Finora non ha mai nominato Trump, suo concittadino, neanche di fronte a certe uscite fasciste. Leone XIV parla di pace ma non fa nomi. Tutti colpevoli, nessuno responsabile. Un po’ come Meloni, che galleggia, temporeggia, e poi – magari – si schiera con chi vince. Come Mussolini nel ’40.

Fratelli d’Italia, si sa, le grandi adunate le sognerebbe, ma non può ancora permettersele. Non può mostrare i muscoli come il Papa. Per ora.

Però, ripetiamo, Meloni cerca di portare il Vaticano dalla sua parte. Come Mussolini, che riuscì persino a far espellere don Sturzo – troppo scomodo, troppo autonomo – spera oggi di trasformare i clerico-moderati in clerico-fascisti. Missione in corso.

Insomma, ci risiamo, per dirla con Ernesto Rossi: manganello e aspersorio…

Carlo Gambescia

(*) Ne scriviamo qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/08/monsignor-perego-sotto-accusa-nasce-la.html .

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