martedì 5 agosto 2025

Fascismo genetico. Meloni, il caso Almasri e l’ombra lunga del 1925

 


Ecco cosa disse Mussolini, all’epoca dell’omicidio Matteotti, il famigerato 3 gennaio 1925. Dopo quel discorso, come ben si sa, il fascismo si avviò ad essere ciò che realmente era: una dittatura, poi fattasi totalitaria. Le uova del serpente si dischiusero.

Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l’arco di Tito? Ebbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto (Vivissimi e reiterati applausi…). Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! (Applausi!). Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere (Vivissimi applausi…), io sono il capo di questa associazione a delinquere (Vivissimi applausi…). Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con un propaganda che va dall’intervento ad oggi” (*).

Il lettore, intanto, prenda appunto.

Oggi si usa parlare immaginosamente di Dna politico e ideologico. Cioè di qualcosa che è nei geni e, di conseguenza, si può trasmettere ai membri di un movimento o di un partito.

Per alcuni — è il caso della destra italiana — si può parlare senza eccessi di fascismo genetico: un codice identitario profondo, che si manifesta anche nel modo in cui si esercita il potere.

 Si legga, allora, cosa ha dichiarato Giorgia Meloni — prontipotina del duce, uomo che ha sempre ammirato per sua stessa ammissione — a proposito della decisione del Tribunale dei Ministri sul caso Almasri. In sostanza, si tratta della richiesta di rinvio a giudizio per Mantovano, Nordio e Piantedosi, con conseguente necessità di autorizzazione a procedere da parte del Parlamento.

Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei Ministri per il caso Almasri: dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie.
I giudici hanno archiviato la mia sola posizione, mentre dal decreto desumo che verrà chiesta l’autorizzazione a procedere nei confronti dei Ministri Piantedosi e Nordio e del Sottosegretario Mantovano.
Nel decreto si sostiene che io “non sia stata preventivamente informata e (non) abbia condiviso la decisione assunta”: e in tal modo non avrei rafforzato “il programma criminoso”.
Si sostiene pertanto che due autorevoli Ministri e il Sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte. È una tesi palesemente assurda.
A differenza di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari, rivendico che questo Governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata.
È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano , e non anche io, prima di loro.
Nel merito ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero Esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani.
L’ho detto pubblicamente subito dopo aver avuto notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati, e lo ribadirò in Parlamento, sedendomi accanto a Piantedosi, Nordio e Mantovano  al momento del voto sull’autorizzazione a procedere
” (**).

In parole povere: buon sangue (fascista) non mente. Mussolini, nel 1925, sfidò le istituzioni liberali – inclusive della magistratura – che, nonostante le pesanti prove, lo tennero fuori dalle indagini. Morse la mano liberale che lo aveva salvato.

Come ora Giorgia Meloni morde la mano del Tribunale dei Ministri, parte integrante dello stato liberale di diritto. Un Tribunale che ha commesso l’errore di aiutarla politicamente.

Perché, ecco il punto: la logica di Giorgia Meloni, come quella di Mussolini, non fa una piega.

Benito Mussolini e Giorgia Meloni sapevano.  Furono (allora) e sono (oggi) i giudici, probabilmente stressati (diciamo così) dal clima di intimidazione politica contro la magistratura, ad aver fatto un passo indietro per non scatenare una canea politica contro di loro.

In questo modo – per usare un linguaggio calcistico – hanno fornito un formidabile assist a una fascista che ha fatto tesoro della lezione di Mussolini.

Giorgia Meloni ha rovesciato il tavolo con furia, ribaltando a proprio favore ciò che avrebbe dovuto essere una sconfitta giudiziaria e politica.

Purtroppo si è persa un’occasione d’oro per applicare la legge in modo esemplare e, al tempo stesso, favorire – chissà – la caduta del governo.

Come nel 1925, quando le istituzioni liberali, nell’illusione di arginare il pericolo, scelsero l’acquiescenza e si fecero complici del proprio svuotamento, oggi rischiamo di assistere allo stesso tragico copione.

Allora come oggi, il potere si difende proclamando la propria unità e forza morale.

E, come allora, lo fa in nome della sicurezza: quella parola magica che, usata come scudo, giustifica ogni torsione dell’ordine liberale.
 

Ma, come allora, quella forza cela la paura. E la paura, nella storia, non ha mai protetto la libertà. Anzi, l’ha consegnata — mani e piedi — a chi della libertà fa solo retorica, per poi stracciarla.

Come nel 1925…

Carlo Gambescia 

(*) Il discorso è tratto da B. Mussolini, Opera Omnia, a cura di E. e D. Susmel, La Fenice, Firenze 1956, vol. XXI, pp. 235-241; per il passo citato, pp. 238-239. Una versione parziale, con alcune omissioni, è disponibile anche su Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Discorso_di_Benito_Mussolini_del_3_gennaio_1925 .

(**) Qui: https://www.instagram.com/p/DM8ScyxsmiY/ .

Nessun commento:

Posta un commento