Non tutti si sono accorti del cambiamento in atto, già abbastanza avanzato, nella percezione della realtà politica a livello di senso comune.
Il cielo dell’Occidente rischia di diventare nero come la pece, come in una notte senza luna.
Lunghe notti come quelle del 1943, per richiamare il titolo del grande film di Florestano Vancini, in cui molti restavano immobili alla finestra, osservando l’oscurità richiudersi sui cadaveri dei fucilati dai fascisti.
Fuor di metafora: la maggior parte della gente comune, come l’uomo di Pascal che corre bendato verso il precipizio, divisa tra piccoli piaceri e paura di perderli, ignora o finge di ignorare ciò che sta accadendo.
Non pensiamo alla bieca guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, o alla ventata di nazionalismo che ha trasformato la giusta reazione di Israele al terrorismo in una guerra di conquista.
Chi non è per la pace? Come si può dire sì alla guerra?
Pensiamo invece alla rivincita della destra mondiale – si badi bene, di una destra che maleodora di fascismo – che sta portando in trionfo con sé, pur parlando di pace, una visione belligena della realtà, come avrebbe detto Bouthoul.
Si pensi a Trump, dice di volere la pace nel mondo, ma utilizza le truppe contro i suoi avversari politici interni, deporta gli immigrati, rivendica il ruolo fondamentalista della religione in politica. Vuole Canada, Groenlandia, Panama. Non è sicuramente la sua una visione pacifista.
Ma il discorso può essere esteso ad altri leader della destra: il “Dio, patria e famiglia” difeso da costoro, a cominciare da Giorgia Meloni, non è altro che una maschera per contrastare il liberalismo e imporre un’unica visione reazionaria delle cose.
Alla gente comune non importa nulla di perdere la libertà di parola e di pensiero: la sola cosa che conta per il “cittadino”, che va trasformandosi in suddito, è che la sua vita quotidiana non cambi. E qui ritorniamo ai piccoli piaceri ed egoismi cui accennavamo all’inizio.
Il fascismo, a differenza della democrazia liberale, oggi di nuovo in discussione, è – semplificando al massimo – pance piene, cervelli vuoti.
Inutile qui ricordare le pelose preoccupazioni di Hitler e Mussolini perché alla gente comune – ovviamente dal sangue ariano – non mancasse nulla o quasi. Dittature e lavori pubblici: si può risalire addirittura a Pisistrato. Il tiranno vuole parlare direttamente al popolo, senza alcuna fastidiosa mediazione. Siamo davanti a una volontà di semplificazione politica: di dare risposte semplici, diremmo semplicistiche, a problemi complessi.
Il fascismo, in fondo, è questo. Risponde a una falsa domanda di sicurezza. Parla, come detto, alle pance, non ai cervelli. Il che spiega il pericoloso mutamento in atto. E guai a chi sottolinei la pericolosità del servo ben nutrito.
Noi stessi siamo rimasti vittime di questo conformismo di destra, pericoloso incipit di fascismo, che sembra ormai aver conquistato, oltre ai media tradizionali, i social.
Esclusi da Facebook per aver difeso i valori liberali (*), mentre i reazionari – tra i quali molti fascisti o aspiranti tali – sembrano godere della massima libertà. E questo, a parte alcune lodevoli ma sparute eccezioni, nel silenzio generale di gente che non vuole essere disturbata, distolta dal godimento di briciole che cadono dalla tavola dei fascisti, che a ogni passo si sentono più forti.
Noi siamo piccola cosa. Ma proprio qui è il problema. Non ci si accontenta più di aver piegato i grandi. Ora, in questa nera notte dell’Occidente, si vuole schiacciare la testa anche ai piccoli.
Carlo Gambescia

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