È giusto indignarsi di fronte a Phica.eu e ai “siti sessisti”, così li chiamano, che pubblicano immagini manipolate di donne influenti come Giorgia Meloni, Elly Schlein, Chiara Ferragni e di persone comuni, trasformando la loro immagine in pornografia non consensuale. Si parla, non a torto, di stupro digitale.
Però c’è un problema: mentre la destra proclama – e giustamente – il suo “disgusto” verso questa violenza virtuale, tace o giustifica, nelle sue politiche e nella retorica pubblica, lo stupro reale che colpisce le donne migranti. Le poverine subiscono stupri e violenze reali nei lager libici, nelle rotte del Mediterraneo e, in alcuni casi, addirittura nei centri di accoglienza italiani: somale, nigeriane, in genere donne provenienti dall’area subsahariana vittime di abusi sistematici documentati (*).
Eppure, mentre la stampa e la politica si indignano per le immagini fake online, su questi stupri concreti da tempo è calato un silenzio imbarazzante. L’indignazione selettiva della destra diventa così evidente: lo stupro digitale scandalizza, quello reale non conta.
Non è un caso isolato: si penso al caso Almasri, un capobanda libico, sospettato di stupri, rimesso in libertà in quattro e quattr’otto dal governo Meloni. Per contro sui siti come Phica.eu, invece, si è abbattuta — giustamente, per carità — l’ira biblica della stessa destra contro lo stupro digitale. Ancora una volta, la violenza concreta diventa invisibile, quella virtuale strumentalizzata come bandiera morale.
Non è tutto: la destra coglie l’occasione dello scandalo digitale per proporre un giro di vite sulle libertà civili, dall’identità digitale obbligatoria online a sanzioni pesanti per chi diffonde contenuti non consensuali, mentre resta cieca davanti alle violenze reali subite dalle donne migranti. Lo stupro digitale diventa così pretesto per legittimare controlli e repressioni più ampi, mascherati da morale pubblica.
Ci si può scandalizzare per la manipolazione di un’immagine e al contempo sostenere politiche repressive verso chi fugge dalla guerra e dalla miseria? Chiudendo i porti o lasciando che la violenza libica si compia senza freno? È questa la coerenza della destra italiana, che mezzo fascista lo è per Dna storico e culturale? Chiamala, se vuoi, indignazione selettiva…
Il rischio è chiaro: lo stupro digitale diventa un’arma di distrazione di massa. Se ne parla molto, si condanna con la giusta indignazione, ma serve anche a spostare l’attenzione dalle violenze reali. Così, mentre il mondo online dibatte di foto-fake, migliaia di donne subiscono stupri veri, invisibili, silenziati, che non generano hashtag virali né indignazione istituzionale.
Non si tratta di minimizzare il dolore delle vittime digitali ma di collegare i puntini: c’è una gerarchia dell’indignazione che funziona a uso e consumo della politica di destra. Lo stupro digitale è uno scandalo, ma non può diventare lo specchietto per le allodole usato per giustificare la chiusura dei porti, la repressione dei migranti e il silenzio sugli stupri reali.
E non è solo colpa della destra: anche buona parte della sinistra, invece di costruire una posizione coerente e unitaria, insomma di unire i puntini, corre dietro alle prese di posizione della destra sullo stupro digitale.
Così facendo, finisce per legittimare, quasi senza accorgersene, l’indignazione selettiva e le politiche punitive della destra verso i migranti, trasformando, nell’ipotesi migliore, lo scandalo online in un terreno di scontro più che in una battaglia di principio, e in quella peggiore, lo scandalo online rischia di diventare un esercizio di indifferenza morale.
La domanda è semplice, cruda e diretta: possiamo condannare lo stupro virtuale e ignorare quello reale, quello che accade nelle mani dei carnefici libici o in centri di detenzione italiani? La risposta, o la scelta politica, dice molto della nostra morale collettiva. E della coerenza di chi, da destra o da sinistra, sceglie selettivamente cosa scandalizza e cosa no.
Carlo Gambescia
(*) Come qui: https://www.womensrefugeecommission.org/wp-content/uploads/2020/04/SVMB-Libya-Italy-ITALIAN-1.pdf .




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