C’è chi sostiene che non siamo a rischio fascismo. Addirittura che chiunque ne parli, studiosi compresi, semplifichi ad arte, nascondendo dietro chissà quali interessi. E che soprattutto applichi all’inesistente pericolo fascista lo stesso schema cognitivo dei complottisti.
È vero, a prima vista, può apparire una semplificazione. Il complottismo, in sintesi, è una risposta semplice a questioni complesse.
Però, ecco la grande differenza, una cosa è bersi le terribili stupidaggini scritte ne I Protocolli dei “savi anziani” di Sion, la Bibbia del complottismo (*), ma si potrebbe risalire ad Augustin Barruel, Mémoires pour servir à l’histoire du Jacobinisme (1797-1799). Un’altra nutrirsi scientificamente di un montagna di studi e ricerche che certificano, sulla base di dati demoscopici, politologi, storici e metapolitici, che la gente – la base elettorale – forse senza neppure saperlo, votando i partiti di estrema destra, in tutto l’Occidente, esprime una propensione autoritaria, che in qualsiasi momento può capovolgersi in fascista: un pericoloso atteggiamento ideologico che negli ultimi ottant’anni aveva invece toccato frange marginali di elettori (**).
È colpa della sinistra? Del liberalismo? Della corruzione? Dello stato sociale che non funziona? Dei troppi migranti? Del capitalismo? Queste sono le pseudo-cause evocate dai partiti di estrema destra, e senza punto interrogativo, per alimentare scontento e insicurezza. E così agguantare il potere, e procedere, in base alla resistenza degli anticorpi liberal-democratici, quindi se occorre per gradi, allo smantellamento dello stato di diritto.
Si lavora sulla percezione della realtà: l’Occidente ha raggiunto un grado di benessere mai conosciuto nella storia, grazie al sistema liberal-democratico e all’economia di mercato, eppure le destre dipingono una realtà, completamente diversa, apocalittica. E la gente si beve tutto, perché confinata mentalmente in quella che si può chiamare democrazia emotiva. Così è.
Pertanto, non è una cosa, se ci si perdona l’espressione, per “domani mattina”. Però intanto è iniziata, come negli anni Venti e Trenta del Novecento, una involuzione a livello di massa. Una discesa verso gli “inferi” alla quale corrisponde il successo dei partiti di estrema destra, quasi tutti animati da simpatie (più o meno nascoste) per il fascismo o addirittura con radici fasciste o comunque neofasciste, come ad esempio Fratelli d’Italia.
L’autoritarismo, intriso di bieco nazionalismo e del peggior tradizionalismo cristiano — si pensi, in Italia, alla criminalizzazione universale della maternità surrogata — di cui Donald Trump è un Mago di Oz in carne e ossa, rappresenta soltanto il primo gradino.
Inoltre, ci si dimentica, sempre a proposito dell'Italia, che abbiamo un triste record storico: quello di aver inventato il fascismo. E che certe eredità, quando non si elaborano, tendono a riemergere sotto forme nuove, magari più eleganti, ma non meno insidiose. Quindi si dovrebbe montare la guardia. Altro che complottismo antifascista…
Si prenda il “Decreto Sicurezza” appena varato (***). Non tanto nelle pagine, quanto nell’ odore (diremmo puzza) che emana. Detto altrimenti, nella forma mentis, nella fin troppo percettibile cultura autoritaria, che lo anima.
Misure severissime imposte di autorità: un “si fa così e basta” travestito da tutela del cittadino. Certo, formalmente, con i voti del Parlamento. E senza violenza nelle strade, come ai tempi del fascismo e del nazismo. Però la forma mentis è la stessa.
Gli esempi parlano da soli. E ci si scusi per il tono da circolare ministeriale.
Blocchi stradali? Reato penale, fino a due anni. Occupazioni di immobili, anche per protesta? Fino a sette anni. Resistenza passiva? Spesso equiparata alla resistenza a pubblico ufficiale, con pene da sei mesi a cinque anni. Le università? Chiamate a collaborare coi servizi segreti.
Da ultimo i DASPO urbani. Che non sono semplici ordinanze amministrative, ma misure di prevenzione a metà strada tra il potere amministrativo e quello repressivo. Emessi, se abbiamo capito bene, dal questore o dal sindaco, vietano a singoli individui di frequentare certe aree pubbliche con motivazioni spesso vaghe come “tutela del decoro” o “ordine pubblico”. Sebbene non siano provvedimenti giudiziari, la loro violazione può comportare sanzioni penali, rendendo questi strumenti una forma di esclusione sociale mascherata da ordine pubblico. Una discrezionalità ampia che sposta pericolosamente il confine tra sicurezza e repressione.
Non serve essere allievi di Renzo De Felice ed Emilio Gentile per ricordare che anche il fascismo iniziò con la promessa autoritaria di “rimettere ordine”. Nel 1925 e nel 1926 le leggi “fascistissime” imbavagliarono stampa, partiti, sindacati. Oggi nessuno chiude ufficialmente un giornale, ma si criminalizza la protesta come tale. È una questione di linguaggio: ieri “sovversivo”, oggi “pericolo per la sicurezza pubblica”.
E poi, anni Settanta, il Decreto Reale (1975), dal nome dell’allora ministro dell’Interno Oronzo Reale, un repubblicano. Nacque per contrastare il terrorismo e la violenza politica, ma allargò in modo drastico i poteri di polizia: fermo preventivo fino a 96 ore, uso più ampio delle armi da parte delle forze dell’ordine, perquisizioni senza mandato in “casi urgenti”. Una norma emergenziale che, da eccezione, finì per diventare routine. Allora l’alibi era la lotta alle BR, oggi è “il degrado” o “il blocco del traffico”. Cambia il pretesto, resta il metodo.
E qui va ricordato. Che italiani e tedeschi, i primi a partire dal plebiscito del 1929, i secondi nei plebisciti voluti da Hitler dopo la presa del potere, votarono tutti in massa per la dittatura. Erano soddisfatti (****).
Per dirne un’altra quando i radicali promossero il referendum sulla legge Reale, nel 1978 il 76,5 % degli elettori sancì la sua conferma; circa 23,5 % votò per abolirla. Dati più precisi? Circa 24,04 milioni di NO rispetto a 7,4 milioni di SÌ, con affluenza attorno all’81. Un mezzo plebiscito (*****). L’italiano soffre di qualche male oscuro. Di nome e di fatto.
Certo, non siamo nel Ventennio. C’è il Parlamento, c’è la Corte Costituzionale, ci sono i giudici – almeno per ora ( dal momento che la legge sulle separazione delle carriere, in approvazione, rischia comunque di sconvolgere l’equilibrio dei poteri). Ma con norme elastiche e punte di vaghezza strategica, tutto dipende da come la toga decide di interpretare. E il diritto, si sa, può trattenere… o strangolare. Soprattutto quando la toga dipende dal potere politico.
Il tutto, ripetiamo, condito con la retorica della sicurezza. Che, come sempre, funziona benissimo nelle urne e malissimo nella storia. Perché l’ordine imposto dall’alto non pacifica: comprime. E quando si comprime troppo, la pressione trova sempre una via d’uscita.
Insomma: oggi come ieri, lo stato non si limita a proteggere. Si esercita a domare. E quando uno stato si abitua a domare, non è più la libertà a fare paura. È la libertà che sparisce.
E cosa resta di una società senza libertà? Una società che se ancora non è fascista si avvia a esserlo.
Concludendo, il pericolo fascista c’è, ed è più insidioso perché non sfoggia più camicie nere o manganelli in piazza. Si annida nel conformismo degli elettori, che tutto quello che desiderano è l’essere lasciati tranquilli, nelle leggi, nelle definizioni elastiche, nelle pene esagerate. E ovviamente, per dirla alla buona, nella faccia tosta dei nuovi fascismi, come detto, in “guanti bianchi”
Per il momento è una forma di autoritarismo: un fascismo, diciamo in fasce, che si nasconde dietro le paroline magiche di “ordine”, “sicurezza”, “decoro”.
Di conseguenza, chi aspetta di veder sfilare gli squadristi per dire “è fascismo” ha già perso.
Carlo Gambescia
(*) Nell’edizione italiana, Internazionale ebraica (sic), I Protocolli” dei “savi anziani” di Sion, Vita Italiana, Roma 1938, che si avvale di una introduzione di Julius Evola, si pubblica in appendice l’elenco pe cognomi di 9.800 “famiglie di Ebrei” in Italia. Non male per il razzismo (solo) “spiritualistico” di Evola…
(**) Uno per tutti, e per l’Italia, si riniva all’eccellente saggio di Sofia Ventura: https://library.fes.de/pdf-files/bueros/rom/19659.pdf .
(***) Ce ne siamo occupati qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/06/decreto-sicurezza-basta-non-essere-rom.html .
(****) Per un quadro rinviamo all’opera, allora pionieristica, oggi un classico: Il fascismo in Europa, a cura di S. J. Woolf. Saggi di H.R. Trevor-Roper (Il fenomeno del fascismo), S.J. Woolf (Italia), A.J. Nicholls (Germania), K.R. Stadler (Austria), J. Eros (Ungheria), Z. Barbu (Romania), S. Andreski (Polonia), A.F. Upton (Finlandia), T.K. Derry (Norvegia), R. Skidelsky (Gran Bretagna), G. Warner (Francia), H. Thomas (Spagna), H. Martins (Portogallo).
(*****) Si veda M. Riberi, Sicurezza vs. libertà costituzionali: la «legge Reale» n. 152 del 22 maggio 1975, "Italian Review of Legal History", 2018, n. 4. Qui: https://doi.org/10.13130/2464-8914/12926 .


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