domenica 24 marzo 2024

Vannacci, il mito dell’uomo forte in divisa

 


La tesi di Mariarosa Mancuso, agile penna del “Foglio, su Vannacci scrittore dilettante, privo di stile e di senso della misura, non porta molto lontano. Anche il Mein Kampf era scritto con i piedi. Come pure L’ ora dei popoli di Juan Domingo Perón. Quindi non è questo il punto.

Vannacci, che del primo libro (Il mondo al contrario) ha venduto duecentoquarantamila copie (in questi giorni è uscito il secondo, Il coraggio vince, già quinto in classifica generale), è un fenomeno politico di massa. Una massa che va decisamente destra. Però, attenzione, non una destra banalmente conservatrice, ma militarista e reazionaria. Che sogna colpi di forza.

Vannacci è il simbolo della regressione sociale italiana. Perciò, ripetiamo, che il generale non sappia è scrivere è cosa secondaria. Chi lo compra e lo legge, probabilmente, non entra in libreria di anni. Figurarsi, eccetera.

Si rifletta su  un punto. Il mondo culturale, che ruota intorno alla destra meloniana, mugugnando o meno (per capirsi: i Buttafuoco, i Veneziani, i Cardini, i Campi e così via), lo snobba.

Il che significa che lo invidia (perché vende più di loro) e lo teme (in quanto tecnocrate militare). Qui l’aspetto interessante: come “conservatore” di un tradizione, l’intellettuale fascista (poi missino, poi alleato nazionale, poi fratello d’Italia). al di là delle analisi all’ingrosso della sinistra anche cinematografiche sulle notti dei colonnelli, non ha mai visto di buon occhio i generali. Tra romanticismo politico eversivo e tecnocrazia militar-istituzionale, non è mai corso buon sangue.

Per capirsi, tra il “soldato-politico” – prima lo squadrista con il manganello poi il repubblichino con il mitra, infine il militante con il pugno di ferro –  e il “soldato-soldato”, il fascismo ha sempre privilegiato il primo. Ciò non significa che, a cominciare da Mussolini fino alla Meloni, non si veda nelle forze armate un elemento di ordine e disciplina sociale.

Però, ecco il punto, sempre in subordine al potere politico. Regola che Vannacci ha violato rivolgendosi direttamente al popolo. Il che però spiega l’interessamento di Salvini per il generale.

Il leader della Lega, come figura politica,rappresenta ideologicamente il lato populista, diciamo prefascista, una specie di calderone eversore sempre in ebollizione razzista e antiparlamentare, della estrema destra italiana, pronto a tuffarsi in qualsiasi tipo di avventura politica. Storicamente parlando, il distillato del "calderone", che a inizio Novecento funzionò da serra calda,  sfociò dopo la prima guerra mondiale nel fascismo,  raccogliendo i peggiori umori di un ambiente eversivo dell'ordine liberale.   

In ogni caso, si ricordi una cosa:  nella non lunga storia della Lega non c’è un odiato Badoglio. Per farla breve, il prefascismo non ha forme precise, il fascismo sì, e di conseguenza non ha alcuna spiccata simpatia per i generali: per i soldati-soldati.

Perciò, per tornare ai lettori di Vannacci, non li si può liquidare come fascisti tout court. Siamo davanti a pericolosi sprovveduti, dalle idee passatiste, che probabilmente non hanno mai letto un libro in vita in loro, e che credono nella semplificazione politica del colpo di forza. Magari ad opera del loro generale preferito.

La destra populista, prefascista, ha finalmente il suo mito politico. Che poi il passaggio dal mito alla realtà sia abbastanza complicato è ovvio: l’esercito, al momento, è dalla parte della Repubblica, la Meloni preferisce, per ora, il doppio petto, Vannacci non ha ancora mostrato le sue capacità politiche, né l’intenzione o meno di identificarsi con il mito.

Però l’elettore reazionario ora ha un punto di riferimento che prima non esisteva.  E  in caso di emergenza o  di un  improvviso vuoto di potere tutto può diventare possibile. Come si dice, l’appetito del generale può crescere mangiando fino al punto di cogliere l'attimo.

Sul piano della politica “legale”, diciamo così, duecentocinquantamila copie, tra familiari e amici (diciamo minimo quattro elettori per contagio “ambientale”) fanno un milione di voti. 

Invece su quello della politica “illegale” quel milione di preferenze rappresenta lo zoccolo duro della “maggioranza silenziosa”. Parliamo di  una folla di simpatizzanti delle maniere forti, di possibili militanti, di zelanti delatori. Insomma, il boccone è grosso. E può dare alla testa. Del generale. 

Si ricordi una cosa: "salvatori della patria" non si nasce,  si diventa.

Concludendo, l’Italia sembra non farsi mancare nulla. Anche l’uomo forte in divisa.

Carlo Gambescia

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