martedì 12 marzo 2024

Taine e i pericoli del suffragio universale

 


Nella politica moderna, basata sul suffragio universale, esiste una pericolosa linea di tendenza individuata da uno storico, che nessuno più legge, Hippolyte-Adolphe Taine (1828-1893).

Storico liberale, scienziato, sociologo suo malgrado, non un reazionario ma un amico della modernità, Taine scrisse un’opera di tremila pagine sulla Rivoluzione Francese, che, in pagine famose ma dimenticate, paragonò a un coccodrillo che mangia l’uomo per poi piangere.

Che cosa aveva intuito Taine? Da assiduo lettore di Tocqueville, altro pensatore liberale, oggi più citato che letto, Taine metteva in guardia sull’uso antidemocratico della democrazia: del voto insomma. Cioè del rischio, considerate le scarse capacità di discernimento dell’ elettore medio, vero fascio di emozioni, di consegnare le chiavi del potere ai nemici del liberalismo moderno, difensore dell’individuo.

Di qui, a suo avviso, la necessità di un suffragio ristretto, o comunque di un sistema elettorale, basato su gradi elettorali differenti (elettori che scelgono altri elettori, e così via), in grado di limitare il potere dei demagoghi. Come? Favorendo la riflessione, a cominciare, solo per dirne una, dalla conoscenza diretta, personale, della biografia dei candidati (*).

Per contro, il demagogo è colui che usa la democrazia contro la democrazia. Inutile qui insistere sul nesso demagogia-tirannia (in ogni tiranno c’è un demagogo, in ogni demagogo un tiranno), individuato da Aristotele, duemila e cinquecento anni fa.

Taine, sosteneva, in anticipo su Mosca, Pareto, Michels, quattro cose: 1) che, a prescindere dalla forma di governo, sono sempre in pochi a governare; 2) la necessità, per conseguenza, di una selezione dei migliori, che a dire il vero non era assicurata, né lo è, né mai lo sarà, da nessuna forma di governo; 3) Tuttavia, come provava il periodo del Terrore durante la Rivoluzione e le dittature cesariste che di Napoleone I e III, il suffragio universale portava, prima o poi, alla dittatura di tipo politico o militare. Di qui 4) la sua pericolosità.

Sappiamo benissimo che una tesi del genere non è popolare. Soprattutto oggi. Il suffragio universale è mitizzato, guai a parlarne male o proporre una sua limitazione.

Si preferisce chiudere gli occhi dinanzi alla bassa o scarsa affluenza elettorale e alla pessima qualità del discorso pubblico, come pure delle élite selezionate. Non si sa bene in che cosa si speri. Magari che le cose si aggiustino da sole.

Nel frattempo però il suffragio universale sta portando al potere, un poco ovunque, i nemici della libertà: l'estrema destra ha rialzato la testa. Si dimentica ( o si finge di dimenticare)  che Hitler andò al potere, come Robespierre, Napoleone I, Napoleone III, con il suffragio del popolo. E i casi storici, appena citati, sono solo i più eclatanti.

Conosciamo bene le tesi dei difensori del suffragio universale: votare è un diritto di tutti, perché riflette il principio di uguaglianza e consacra la sovranità del popolo. A quest’ultima idea oggi si attribuisce un valore analogo a quello che si ascriveva alla sovranità per diritto divino del monarca. Pura teologia politica. Chiacchiere e distintivo, per fare una battuta.

Il meccanismo autodistruttivo del voto universale è interessante. perché racchiude in se stesso le ragioni della sua autodistruzione. Dal momento che l’autodistruzione dipende non dalla disapplicazione del suffragio universale ma dalla sua applicazione. Insomma, senza correttivi, la distruzione del sistema politico, periodica o meno, è inevitabile.

I nostri sistemi politici sono definiti liberal-democratici. In realtà sono democratico-demagogici. Di liberalismo c’è molto poco: il potere della maggioranza, potere democratico per eccellenza ( basato su una maggioranza che poi è una minoranza a causa della bassa affluenza e della natura elitistica del potere, qualunque potere), non è neppure tale, perché  si tratta di un potere che opprime l’individuo, che invece è alla base della concezione liberale della politica.

Sicché assistiamo allo scontro tra minoranze: cosa naturalissima, se le minoranze non evocassero, ricorrendo ai trucchi più meschini, la sovranità del popolo. Ovviamente sempre a proprio vantaggio. Di conseguenza assistiamo a un gioco al rialzo. Detto altrimenti, vince chiunque risulti capace di dirla più grossa.

Si dovrebbe invece prendere atto che la politica è conflitto tra minoranze, non in nome del popolo ma dell’individuo.  Che  non è un'entità astratta, perché esiste in carne ossa: Luigi, Marco, Giovanni, Mario, Maria, Elisabetta, Liliana, Rita, eccetera.  Quindi, in difesa  dell'individuo, va attributo meno potere dello stato. Meno ne ha meglio è per Luigi, Marco, Giovanni, eccetera. Ecco in che cosa  consiste una politica liberale.

Il che però non è al momento possibile, perché l’ idea di popolo è finzione condivisa da tutte le minoranze in conflitto. E di conseguenza è praticamente impossibile, come dicevamo, parlare di suffragio ristretto, o comunque di introdurre una legge elettorale che privilegi la liberal-democrazia riflessiva rispetto democrazia emotiva. In Italia, per dirne una, si sta andando addirittura verso il cesarismo presidenziale. Si proclama, come ai tempi di Napoleone III, che il popolo  deve scegliere il suo presidente.  Napoleone, prese milioni di voti, dopo di che azzerò la Repubblica e  restaurò l'Impero. 

Di solito, alle nostre critiche, si risponde asserendo che qualsiasi modifica al principio del suffragio universale  può causare danni ancora più gravi, perché premia inevitabilmente le aristocrazie del denaro.

Argomento tipicamente demagogico che vede nella ricchezza non un merito ma una colpa. Inoltre si dice che il popolo può essere educato solo attraverso la partecipazione politica. Insomma, anche qui, sempre in chiave demagogica, si dà per scontato che la conoscenza, anche politica, sia fonte di virtù.

Taine, nelle sue tremila pagine mostrò che purtroppo non è così: l’individuo ragiona, il collettivo, cioè la folla, sragiona. E di conseguenza il suffragio universale, mecca delle folle, favorisce la demagogia.

Cosa non difficile da capire. Inoltre, si rischia, come detto l’autodistruzione. Eppure…

Carlo Gambescia

(*) Taine dedicò alla questione un importante articolo (1871) riprodotto in Carlo Mongardini,  Storia e sociologia nell' opera di H. Taine, Giuffrè Editore, Milano 1965, pp. 399-416.  La  monografia di Mongardini resta tuttora  il migliore studio italiano sul pensatore francese.

 

2 commenti:

  1. Che democrazia e demagogia avessero più di un elemento in comune lo aveva già intuito Platone; da qui la sua Tentazione di siracusana memoria (il governo dei "migliori"). Lo "schema" Tarde si presta ad almeno due obiezioni: chi sceglierebbe gli elettori degli elettori e, ancora, se questi elettori fossero poi in maggioranza populisti, cosa ci assicurerebbe il prevalere di ideali liberali?
    Un saluto

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  2. Grazie dello stimolante commento Massimo. Nulla è certo in questo mondo. Né esistono sistemi politici perfetti (quindi anche le indicazioni di Taine, eccetera, eccetera). Però il sistema, così com’è, è votato all’autodistruzione o sospensione, come tra le due guerre mondiale, con possibile “recupero” armato.
    Non è detto, qui lei ha ragione, che lo sbocco di un intervento sul suffragio universale conduca automaticamente alla prevalenza degli ideali liberali. E non soltanto per il populismo diffuso, come lei nota, ma anche perché il problema riguarda la riduzione del ruolo dello stato in tutti i campi. E sul punto le classi dirigenti sono divise. Credo però che, nonostante tutto, oggi come oggi, la scelta sia - semplifico - tra gli ottimati, con possibile sviluppi liberali, e un Cesare, fine a se stesso…

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