sabato 16 marzo 2024

Giorgia Meloni e il realismo politico-telefonico

 


Secondo “Il Foglio” Giorgia Meloni giocherebbe su due piani: ufficialmente si mostra dalla parte di Biden mentre in segreto appoggia Trump. Nel pezzo si parla di “telefonate che non devono esistere”. Il senso di tutto questo, se vero, è che Giorgia Meloni praticherebbe la diplomazia segreta. Si chiama anche doppiezza. In fondo normale in politica.

Allora il lettore si chiederà perché un sostenitore del realismo politico, come noi, debba prendersela così tanto per il comportamento di Giorgia Meloni. Che in fondo si preoccupa di non chiudere la porta in faccia a un candidato alla presidenza degli Stati Uniti.

Il problema in realtà è di fin dove possa spingersi un approccio realistico alla politica. In passato abbiamo scritto a proposito della dottrina criminogena della politica, che si compiace del proprio malvagio comportamento (*).

Una teorizzazione che ci aiuta a capire la distinzione tra Hitler e Bismarck: il primo, tra i brindisi dei suoi, considerava i trattati di pace argomenti per imbrogliare il nemico e per prepararsi alla guerra, il secondo strumenti per imbrigliare gli avversari e allontanare, per il momento, il pericolo della guerra. Hitler si compiaceva, Bismarck restava indifferente, normale routine.

Qui risiede la distinzione principale tra realismo criminogeno e realismo standard. Sono due tipi realismo a quo: immersi nel presente, che guardano alle conseguenze immediate: imbrogliare e imbrigliare, poi si vedrà.

Esiste però un terzo tipo di realismo, che definiamo, consapevole, perché si preoccupa delle conseguenze future: un realismo politico ad quem. E tra le conseguenze c’è la difesa dei valori, ignorata da Bismarck e Hitler.

Per fare un esempio quando Churchill rifiutò di arrendersi a Hitler, ragionò da realista consapevole, perché pensò alle future conseguenze che il cedimento avrebbe avuto per i  valori liberali. Era una scommessa, ma la vinse, e con Churchill vinse l’Occidente.

Si dirà che abbiamo complicato le cose. In realtà, abbiamo preso le cose alla lontana  per poter incasellare le telefonate segrete di Giorgia Meloni a Trump nell’ambito del realismo standard, dell’indifferenza bismarckiana rispetto alla difesa futura dei valori.

Per Giorgia Meloni, nella  migliore delle ipotesi, Trump e Biden pari sono. Come dire?  Finché la barca va... 

Invece nella peggiore delle ipotesi non si può escludere un cambio di marcia. Nel senso -  parliamo sempre della Meloni - di   scorgere in Trump, come Mussolini scorse in Hitler, un alleato. A quel punto si scivolerebbe nel realismo criminogeno. Un rischio che esiste perché, in termini di cultura politica populista-nazionalista – cultura che rinvia alle criminali  catastrofi del Novecento – i punti di contatto tra Giorgia Meloni e Trump sono superiori, e di molto, rispetto quelli che la uniscono a Biden.

Ora, accostare, nel bene o nel male, il nome di Giorgia Meloni a Bismarck, Hitler, Mussolini, Churchill, può sembrare un’esagerazione. In realtà si tratta di esemplificazioni tipologiche – cioè manifestazioni peculiari di determinati caratteri dei vari tipi di realismo (criminogeno, standard, consapevole) – al loro livello storico più alto.

Ciò significa che il “tipo” può essere declinato storicamente in chiave scalare.

Pertanto si pensi una specie di classifica Amazon del realismo che vede Hitler, Bismarck e Churchill ai primi posti, Mussolini al ventesimo, Trump al cinquantesimo e Giorgia Meloni al centoundicesimo…

Perciò si dirà, se criminale, criminale di mezza tacca. Può darsi. Che aspetti. Ma non tutta la vita… Per dirla con due filosofi sanremesi.

Carlo Gambescia

(*) Carlo Gambescia, Il grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico, Edizioni Il Foglio, Piombino (LI) 2019, pp. 41-49.

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