mercoledì 13 marzo 2024

Perché la sinistra perde

 


Prima un dato. Nel 2018 Fratelli d’Italia, era un partitino: tra Camera e Senato, disponeva di una pattuglia di 50 parlamentari. Nel 2022, raggiunge i 204.

Per contro il Partito democratico nel 2018, ne aveva 166, nel 2022, 109. Quanto al Movimento Cinque stelle, nel 2018, ne aveva 339, nel 2022, 80.  Le cifre si commentano da sole anche  tenuto conto della riduzione del numero dei parlamentari intervenuta tra il 2018  e il 2022   (da 915 a 600).

I risultati abruzzesi confermano questa tendenza. E alle prossime europee Fratelli d’Italia  potrebbe “sbancare”.

Le elezioni sarde, rappresentano invece un caso a parte. Un goccia nel mare di una sinistra in caduta libera che brancola nel buio, dal momento che in Sardegna ha vinto, e di poco, a causa delle divisioni della destra.

Dove sbaglia la sinistra? La risposta e semplice: 1° punto, nel non distinguersi sul piano delle politiche pubbliche dalla destra. L’unica divergenza è sull’imposizione tributaria, ma non in quanto tale. La destra è per i condoni, la sinistra invece li avversa. E qui ha gioco facile la destra nel catturare il voto di milioni di "abusivi" (semplifcando); 2° punto, nell’accentuare la sua aggressività, in termini di stato poliziotto, sulla difesa del politicamente corretto, che va ben oltre il ridicolo. Anche qui la destra ha gioco facile nell’ironizzare, ad esempio, su cose tipo genitore 1 , genitore 2.

Va poi segnalato un 3° punto: quello del migrante welfarizzato. E qui, per la destra, Fratelli d’Italia in particolare, è facile rivendicare il welfare solo per gli italiani. La destra vince perché intercetta, meglio della sinistra, quell’individualismo protetto così amato da milioni di italiani: individualismo privato con il paracadute pubblico. Si tratta di un prolungamento storico dell’ antico familismo corrotto e corruttore, oggi riverniciato con i colori del welfare, sul quale la destra prende i voti.

Il punto è che la sinistra non è assolutamente liberale. Non ha coraggio. Attenzione, il liberalismo, nel senso di una libertà senza il paracadute dello stato, non è gradito agli italiani, abituati da sempre a privatizzare i guadagni e statalizzare le perdite.

Di conseguenza, ecco la maledizione storica, l’impasto elettorale vincente, cosa che Giorgia Meloni ha capito benissimo, è una miscela programmatica di statalismo e individualismo. Come dicevamo: individualismo con il paracadute dello stato

La sinistra invece punta sulla protezione pura e semplice dello stato, cosa che all’ elettore individualista a mezzo servizio non può piacere. La stessa battaglia sui diritti civili, giustissima, viene combattuta in termini assistenzialistici. Per la sinistra l’ultima parola spetta sempre allo stato non all’individuo. La destra invece patteggia. Da maestra dell’ “Aumm aumm”.

Secondo la sinistra se un individuo per ragioni proprie, vuole porre fine alla sua vita, deve chiedere un permesso alla Asl. Se una coppia gay si vuole sposare, spunta l’Albo speciale comunale che divide i cittadini in giocatori di serie A e serie B. Il migrante, al di là della prima necessaria assistenza, viene tramutato in una montagna di scartoffie, tra le quali è difficile raccapezzarsi per un italiano, figurarsi per chi provenga dallo Zimbabwe.

Si dirà che le nostre sono battute… Però la sinistra perde la sua battaglia perché accetta di scendere sullo stesso campo della destra: il welfare, accentuandone i lati protezionistici e statalisti. Mentre la destra enfatizza gli aspetti individualistici, chiudendo un occhio, tipo "lo stato c'è però mettiamoci d'accordo".  E vince, perché corteggia abilmente l’anarchismo con il paracadute amato dell’elettore medio italiano.   Però in questo modo siamo davanti a una specie di gioco delle parti, estraneo a ogni vero liberalismo, che non vuole alcun paracadute (qui la differenza con la  destra),  e neppure  il paracadute di stato (qui la differenza con la sinistra).

Altro esempio: sulla “transizione ecologica” – un gigantesco programma di oppressione dei diritti individuali, a cominciare dal diritto di proprietà – destra e sinistra sono d’accordo: si deve fare. La divergenza è sui tempi. Tutto qui.

Un ultimo esempio: la questione della Rai. La sinistra si guarda bene dal parlare di una privatizzazione. E la destra? Lottizza, come prima faceva la sinistra. E così via “in saecula saeculorum”.

Concludendo, perché la sinistra perde? Perché non è liberale. Si dirà che non è nel suo Dna, come pure non lo è in quello degli italiani. Di conseguenza, anche una sinistra paladina del liberalismo potrebbe continuare a perdere voti.

Può darsi. Ma qual è l’alternativa politica? Continuare a perdere, giocando al rialzo sullo statalismo con una destra furba che vince perché strizza l’occhio all’individualismo protetto?

Esiste una sola ricetta per uscire dal circolo vizioso tra individualismo pagato dallo stato (destra) e statalismo (sinistra). Si chiama liberalismo.

Carlo Gambescia

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