sabato 2 marzo 2024

La Nato, l’Ucraina, la Russia e il tempo dei Meloni

 


La Meloni a stelle e strisce non ci convince. Per fare una battuta da quattro soldi, non crediamo nel tempo dei Meloni… Il tempo dei sorrisi delle risatine.

Un passo indietro. Sembra che Biden, abbia cambiato idea sull’impiego di truppe Nato nell’ Ucraina invasa dai russi.Ora pare favorevole, ma non sappiamo quanto e quando, a un intervento militare diretto.

Sicché, di rimbalzo, proprio in occasione dal viaggio lampo della Meloni a Washington (in preparazione del prossimo G7), si è riacceso in Italia, Francia, Germania il dibattito politico su un argomento cruciale che cova sotto la cenere da due anni. Dall’aggressione russa dell’Ucraina.

In realtà, il problema è che l’Europa senza Stati Uniti, militarmente parlando, non conta nulla. La stessa idea di una forza militare europea collegata, si dice, alla Nato, è al momento una pura ipotesi di scuola.

Non si creda neppure agli analisti che danno per scontata la realizzazione, tacendo però sui tempi lunghi, di una specie di Nato solo europea, senza gli Stati Uniti.

In realtà, per la realizzazione di un esercito europeo, come blocco unico e operativo, non bastano neppure venti anni. La sola politica unificatrice degli armamenti imporrebbe ( anche a livello di fabbricazione, persino delle munizioni), come tempi e investimenti, una specie di “transizione militare” nettamente superiore alla cosiddetta transizione ecologica.Insomma, esperimenti di futurologia.

In sintesi, per ora, e almeno per i prossimi dieci anni ( ma si dovrebbe partire subito), un’Europa militare, credibile (capace di minacciare e portare ad effetto le minacce) non esiste (né esisterà), se non nella fantasia di giornalisti faciloni e analisti che all’esposizione dei fatti preferiscono l’inseguimento dei sogni. Detto altrimenti: la Nato, per ora, rappresenta l’unica alternativa militare seria e realistica perché garantita dalla forza militare di una superpotenza: gli Stati Uniti.

Dicevamo della Meloni che non ci convince. Perché? Per una semplice ragione.

Se Trump in novembre verrà eletto si rischia la materializzazione del ripiegamento Usa. Trump, da buon isolazionista, non vuole sentir parlare di interventi militari all’estero. Sulla Nato Trump nutre un approccio puramente ragioneristico. Per chi segue il calcio, da tifoso laziale, immagini Trump come una specie di Lotito. Le sue vedute sono a dir poco ristrette.

Su questo punto elettorale, non secondario, Giorgia Meloni non si è mai schierata. Sorrisi e risatine al cospetto di Biden, ma silenzio su Lotito-Trump. Inoltre, da buona sovranista si guarda bene, non tanto dall’approvare la costruzione di una forza militare europea, quanto dal favorirla concretamente. Un passo in avanti, due indietro… Questa la musica.

In sintesi: Giorgia Meloni spera che l’elezione di Trump la tolga da ogni impaccio,  dal momento che la defezione degli Stati Uniti implica, quasi in modo automatico,  l' impossibilità di  qualsiasi azione militare diretta in Ucraina. Quanto alla creazione di una forza militare europea, Giorgia Meloni sa benissimo che la cosa può andare per le lunghe.  Di conseguenza non fa nulla per accelerare il processo di unificazione.

Ora, al gran parlare, proprio in questi giorni, di un intervento militare diretto della Nato come ha reagito la Meloni? Facendosi riprendere ridente con Biden, dichiarandosi d’accordo con tutto quel che dice il presidente americano. Attenzione però: se dovesse vincere Trump, Giorgia Meloni farà la stessa cosa. Si farà riprendere sorridente accanto al magnate, eccetera, eccetera. Provando però – ne siamo quasi sicuri – una soddisfazione interiore più intensa rispetto ai sorrisi “ come da contratto” con Biden: perché l’isolazionismo di Trump fa il paio con il sovranismo di Giorgia Meloni e le sue origini  politiche di estrema destra. Altro che difesa dei valori dell’Occidente euro-americano e dell’Ucraina puntando sul fondamentale ruolo della Nato.

Un passo indietro. L’isolazionismo Usa degli anni Trenta facilitò il compito di Hitler e Mussolini. Oggi quello di Trump può favorire quello di Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Viktor Orbán, Marine Le Pen, Tino Chrupalla e Alice Weidel, Santiago Abascal: tutti, chi più chi meno, sovranisti.

Una vittoria di Trump. Giorgia Meloni non aspetta altro. Come del resto Putin. Che gioca sulle "divisioni" sovraniste nei due sensi: a) come  forze politiche ideologicamente militarizzate, diciamo in chiave pro-Russia; b) come frazionamento, disunione, discordia, dissolvimento dell'unità europea.  

Il sovranismo, come forma di isolazionismo, resta oggettivamente alleato di Mosca. Negli Stati Uniti come in Europa. Perché tifa Trump, fratello-coltello sovranista.  E perché  usa la fantomatica idea di una forza armata europea  come grimaldello antiamericano, o comunque come qualcosa di là da venire. Per dirla brutalmente, in stile chiaccchiere e distintivo.

Probabilmente Zelensky ha capito tutto. Ecco perché, da sempre, chiede di entrare nella Nato. Vuole lo scudo americano, non si fida degli europei. Al momento la Nato resta l’ unica alternativa realistica alle mire russe. E Giorgia Meloni finge di credervi.

Se si arriverà all’intervento diretto della Nato, ovviamente con Biden o altro presidente capace di avere a cuore l’alleanza militare tra Stati Uniti e Europa come baluardo armato della liberal-democrazia, Giorgia Meloni sarà costretta a scoprire le sue carte.

Allora sorrisi e risatine non basteranno più. Altro che tempo dei Meloni…

Carlo Gambescia

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