“In Russia hanno votato, ne prendiamo atto; quando un popolo vota ha sempre ragione”. Così Matteo Salvini, vicepremier e ministro della Repubblica.
Ora, ammesso e non concesso che l’ottanta-novanta per cento dei russi stia dalla parte dell’autocrate, il fatto non implica che la Russia sia una democrazia liberale.
Ecco quel che Salvini non sembra non capire. Un qualcosa che proprio non gli entra e resta in "mente". Che una democrazia liberale è tale perché per un verso rispetta i diritti civili e politici, e per l’altro assicura il ricambio politico.
Il dogma della sovranità popolare si trasforma in principio totalitario, quando non c’è ricambio. E Putin è al potere da un quarto secolo. In Russia non c’è alternanza tra maggioranza e opposizione. Inoltre i diritti politici e civili sono calpestati. Pertanto la Russia non è una democrazia liberale.
Il fatto che il popolo, in massa, confermi la sua fiducia a Putin può essere illustrato formulando due spiegazioni.
La prima, che i russi non amano la democrazia liberale e gradiscono il governo autocratico, attenzione non più per potere divino, ma per potere del popolo.
La seconda, che in Russia il voto non è libero e che di conseguenza, piaccia o meno, nessuno può mettere in discussione il potere.
Nel primo caso per i russi non c’è scampo. Del resto sembra che la stragranda maggioranza del popolo russo, da almeno quattro secoli sotto il tallone di un potere assoluto, non si renda neppure conto di vivere nella schiavitù politica.
Nel secondo caso, per avere una riprova, si dovrà aspettare la morte o l’indebolimento fisico di Putin. Solo allora si scoprirà cosa volevano e vorranno i russi.
Probabilmente, come già accaduto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il potere continuerà ad essere gestito in chiave autocratica, quindi potere assoluto.
La liberal-democrazia, storicamente parlando, in Russia non è mai stata di casa. E non si può inventare in quattro o cinque anni. Non ha mai avuto né basi sociali (una borghesia) né basi culturali (il liberalismo), né istituzionali (il pluralismo sociale). Quindi, almeno per il prossimo secolo (forse anche di più), la Russia sembra condannata a subire un potere assoluto.
Perché Salvini ignora tutto questo? Sul piano conoscitivo, basterebbe sentire qualsiasi specialista di storia dell’Europa orientale, serio ovviamente. Purtroppo, la conoscenza non è mai virtù soprattutto in politica.
Ammesso e non concesso, che Salvini si acculturi in materia, non cambierebbe idea. Perché? Per la semplice ragione che la sua struttura di pensiero – ecco la “mente” di Salvini – è totalitaria. Per il leader della Lega, non esistono avversari ma solo nemici. Pertanto, se proprio democrazia deve essere, deve essere totalitaria, nel senso di identificarsi “totalmente” con il popolo che vota in modo “totalitario” il suo leader o Cesare, scelto per l'appunto dal popolo. Quindi intoccabile.
Insomma un circolo vizioso. Proprio quel che accade in Russia. Si dirà che si tratta di una mascherata. Dio o popolo, il potere dei “nuovi zar” è comunque assoluto. Una mascherata che però grazie a politici come Salvini, permette alla Russia di impartire lezioni, sulla sovranità popolare all’Occidente.
E se il popolo dovesse stancarsi? Salvini, dal momento che si muove all’interno di un sistema liberal-democratico, sostiene che il quel caso il leader dovrà farsi da parte. In Russia, Dugin, forse il principale teorico del tradizionalismo russo, ha invece proposto a Putin, ovviamente tra le righe, in caso di fallimento, il suicidio. Invitiamo al lettore a riflettere sulla distanza “di civiltà” che corre tra un voto di sfiducia parlamentare e un colpo di pistola alla tempia.
Pertanto, per tornare a Salvini, il suo potrebbe essere definito un totalitarismo parziale. Però, ecco il punto (che spiega quanto sia vischiosa e pericolosa la scelta totalitaria), una volta che ci si installa al potere, si può fare in modo, anche contro il volere del popolo, di rimanere a tutti costi, truccando le elezioni e penalizzando ogni forma di dissenso e contestazione. Ed è quello che è accaduto nella Russia postcomunista.
Chi ci assicura che Salvini dica la verità? E si ritiri in buon ordine in caso di sconfitta elettorale?
Fortunatamente le basi sociali e culturali delle liberal-democrazia occidentali sono differenti da quelle che favoriscono la nuova autocrazia russa. Perciò per Salvini non sarebbe facile esportare il modello in Italia.
Però che un italiano, per giunta un importante leader politico e di governo, ragioni come un autocrate russo è qualcosa che deve far riflettere. Ma fino a un certo punto. Infatti l’Italia non ha forse inventato il fascismo? Oggi al governo non c’è forse un partito dalle radici fasciste?
Giorgia Meloni, dopo le dichiarazioni di Salvini, si è limitata a dichiarare che il governo è coeso e che ha una sola politica estera. Quale? Non lo ha detto. Quindi parole sibilline. Perché in futuro si potrà essere coesi anche intorno a Putin, soprattutto se negli Stati Uniti dovesse vincere l’isolazionista Trump, che tra l’altro ha già promesso – è di ieri – un “bagno di sangue” in caso di sconfitta.
Inciso. Dispiace dirlo, ma la Corte Suprema, ha commesso lo stesso errore valutativo di Giolitti con le squadre fasciste di Mussolini. Le conseguenze politiche, al di là della forma o sostanza della decisione dei supremi giudici, potrebbero essere gravissime per le libertà americane. Mai dimenticare che dietro Trump ci sono i trumpiani che sono addirittura più a destra del magnate. Si rischia, e non scherziamo, una seconda guerra civile. E con l'autorizzazione del popolo americano. Ironie della storia...
Purtroppo va delineandosi, internazionalmente parlando, un quadro politico molto pericoloso, che vede il ritorno e la diffusione in Occidente dell’idea totalitaria, che punta sul plebiscito e sull’annientamento di qualsiasi tipo di opposizione.
Un’idea che ha il suo cavallo di Troia in una visione cesarista della politica, che si nutre di un’idea suicida per la liberal-democrazia: quella di un regime politico autoritario basato sul potere di un uomo “forte”, che può permettersi tutto, perché dotato di consenso popolare. Come un tempo di quello divino.
Proprio quel che si agita nella "mente" di Salvini ogni volta che afferma, e capita spesso, che “ quando un popolo vota, ha sempre ragione”…
Carlo Gambescia
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