domenica 3 marzo 2024

Il welfare degli invidiosi

 


Marco Damilano, giornalista di sinistra che ogni volta  si commuove dinanzi al video di David Sassoli, vuole che la sinistra faccia la sinistra. Insomma, basta con la “moderazione”. Anche i cuori teneri si incazzano (pardon). Si legga qui:

«Il Pd, per oltre dieci anni (2011-2022), è stato (quasi) sempre al governo senza avere i voti, lasciando le praterie alle sirene populiste. Sono “le mancanze”, i limiti, gli errori», di cui ha parlato ieri Schlein, riferendosi all’Europa ma anche all’Italia. Per bloccare il progetto delle destre e per competere con il potenziale alleato M5S, non serve moderazione, ma tornare a parlare con quelle fasce di popolazione abbandonate per anni, le stesse che hanno una enorme necessità di rappresentanza politica. Per farlo non servono l’annacquamento delle identità, il pallore, il notabilato che galleggia sugli umani, ma il profilo combattivo che è stato disegnato anche ieri al congresso del Partito socialista europeo dalla segretaria del Pd. Il volto di un cambiamento radicale e possibile, come è ogni vero riformismo» (*).

Stupidaggini e per giunta pericolose, soprattutto quando il ritratto dell’Italia da cui si parte è onirico (a voler essere clementi). Dove sono “ quelle fasce di popolazione abbandonate per anni, le stesse che hanno una enorme necessità di rappresentanza politica”? Boh…

Qui però serve una spiegazione. Semplifichiamo, forse troppo, i concetti,  affinché tutti possano  capire.

I poveri, come insegna la sociologia elettorale, o non votano o votano per le estreme. Gli operai, che un tempo votavano a sinistra, oggi votano destra, perché temono, da neo-razzisti, di dover dividere il lavoro, o perderlo, per colpa dei migranti. La piccola borghesia di destra non ha mai votato a sinistra.

In Italia come in altri paesi occidentali, dopo il 1945, per un verso si è enormemente sviluppato il ceto medio e per l’altro la povertà si è altrettanto ridotta. Da anni è stabile: la sinistra, per amor di polemica, si aggrappa allo zero virgola.

Invece il sociologo – serio – sa benissimo che: 1) nel 1946, dopo la guerra, i poveri erano almeno quindici milioni; 2) da anni, almeno dal 1980, la loro cifra fluttua, strutturalmente, tra i quattro e i cinque milioni. C’è chi purtroppo non ce la fa, per ragioni individuali-strutturali: scarsa volontà, ridotta intelligenza e talvolta anche sfortuna. Ma la sfortuna, non può essere abolita per legge. Il che può non piacere ma così va il mondo.

La ricchezza in alto si è concentrata? Il famoso mezzo milione di individui? E qual è il problema? Se il ceto medio, nelle sua varie sfumature, rappresenta quasi il totale della popolazione italiana? Evidentemente la ricchezza prodotta (perché prima si deve produrla ) circola e ricade verso il basso, altrimenti saremmo ancora fermi al 1946.

Le “fasce di popolazione abbandonate per anni” sono frutto dei sogni a occhi aperti di Damilano e di chiunque si riconosca nelle sue “idee” (parola grossa). A meno che per “abbandonate” non ci si riferisca all’idea di un welfare state degli invidiosi che deve togliere ai ricchi (il mezzo milione) per dare ai poveri (i cinque milioni). Torchiando, di fatto, perché inevitabile (anche espropriando i cinquecentomila ricchi e famosi), il ceto medio, circa cinquantacinque milioni di italiani, già in larga parte sufficientemente torchiato, come prova la pesante pressione tributaria.

Se le cose, grosso modo, stanno così, Damilano propone alla sinistra il welfare degli invidiosi da scaricare  sulle spalle già provate del ceto medio. È perciò ovvio che larga parte del ceto medio e quel che resta della “classe” operaia continueranno a votare per la destra che promette sgravi fiscali e difesa del posto lavoro “dai migranti”,  rispetto a una sinistra che vuole tirare le orecchie al ceto medio per universalizzare il welfare.  E cosa più grave, tirare  il collo al capitalismo, colpendo il mezzo milione di ricchi e famosi.

Si chiama suicidio politico.

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento