venerdì 14 agosto 2020

Sicurezza al posto della libertà
Il modernismo reazionario di Sergio Mattarella


In una lettera  al "Secolo XIX", uscita  anche sulla  "Stampa", il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’anniversario del crollo del Ponte Morandi,  si diffonde sulla necessità di “sviluppare e ricostruire una affidabile cultura della sicurezza, di adeguata manutenzione e del controllo che coinvolga e responsabilizzi imprese, enti pubblici, istituzioni locali e nazionali, università, mondo della ricerca” (*) .
Mattarella ( qui a lato una sua foto del 1983) si riferisce in senso stretto all’ingegneria civile.  Ma sarebbe interessante porre al Presidente una domanda  fondamentale. Se dovesse scegliere, in modo secco (senza alternative),  tra sicurezza e libertà  come si comporterebbe?  Avanziamo un’ipotesi.  Mattarella sceglierebbe la sicurezza.  Tutto il suo  passato di appartenente alla sinistra democristiana più ortodossa, di Andreatta,  Rosy Bindi e vicina alle Acli di Giovanni Bianchi (solo per fare un nome) prova la sua antipatia per le libertà  borghesi, in particolare quelle economiche, da tenere sempre a bavaglio. Come? Incrementando la sicurezza, frutto di una regolamentazione sociale,  non solo in campo ingegneristico, ma in tutti i settori.  Insomma,  per il cattolico di sinistra economia va imbavagliata. Costruttivismo per tutta la vita...
Solo per fare un esempio,  non si dimentichi la  storica  diffidenza di Mattarella per Berlusconi, un imprenditore, il padre della televisione privata in Italia, un grande fattore di libertà  dopo anni di monopolio pubblico. Diffidenza che si manifestò da subito: nell’estate del 1990,  in occasione dell’approvazione della legge Mammì, che concedeva tre reti al Cavaliere. Mattarella si dimise insieme agli altri ministri della sinistra democristiana: Martinazzoli, Mannino, Misasi, Francanzani, sperando di provocare la caduta del governo. Andreotti, vecchia volpe,  li rimpiazzò su due piedi.

Della deriva statalista e costruttivista della sinistra democristiana abbiamo già scritto (**).  Il vero  punto della questione, la linea di pericolo se si vuole,   è  che la cultura della sicurezza imprigiona l’economia, nascondendosi dietro altisonanti discorsi sul bene comune, difeso naturalmente dallo stato, che ne saprebbe sempre  più dell'individuo. Il modernismo di Mattarella, se pure esiste,  è reazionario: accetta la modernità ma ne  espunge il liberalismo, ritenendo che il "pubblico" sappia ciò che è bene per ogni "privato".
Ovviamente, in Italia dove la cultura della libertà ha sempre avuto una vita dura, in particolare la libertà economica (il capitalismo è tuttora demonizzato), parlare di sicurezza è musica per un popolo disabituato al rischio  da secoli di conformismo politico al principe  e di  paternalismo cattolico. Rischio, mai dimenticarlo, che invece è seme di libertà. 
Semplificando: sul liberalismo  Mattarella sembra essere sostanzialmente rimasto al  Sillabo ottocentesco di Pio IX.  Anche perché il Concilio Vaticano II, tenutosi il secolo scorso,  pur modernizzante,  non attenuò  i suoi sospetti  verso  la libertà economica.  Del resto la stessa Costituzione italiana, ricalco di principi cattolici e socialisti (in minima parte liberali),  non assegna alla proprietà   una funzione sociale, di sicurezza?  Che ne  limita invece le enormi potenzialità?      
In ogni "rivoluzionario" si nasconde un "reazionario".  Dal cattolico di sinistra il  motore della modernità  viene visto nello stato, difensore, in primis, del cittadino dal capitalismo. Ma che cos’è la modernità senza la libertà economica? Autarchia e  mercantilismo. Un ritorno al passato, allo stato assoluto che garantisce protezione, quindi sicurezza, in cambio di obbedienza, perciò  di rinuncia alla libertà.    Detto in breve: modernismo reazionario.


Concludendo,  la  traiettoria culturale di Sergio Mattarella, cattolico di sinistra,  rinvia a uno statalismo veramente preoccupante,  che però, ripetiamo,  sembra piacere  agli italiani, i quali già altre volte hanno barattato la libertà con la sicurezza.  
In realtà, rifiutare  la libertà in nome della sicurezza - ovviamente il Presidente potrà sempre smentirci con parole o atti -  significa lastricare di buone intenzioni  la via verso la schiavitù.

Carlo Gambescia