Rileggere Renzo De Felice per capire l’Italia al tempo
del Covid
Il popolo di Pulcinella (o di Arlecchino)
Il
fascismo crollò come un castello di carte, e Mussolini morì politicamente il 25 Luglio, per
sua stessa ammissione, sotto il peso della guerra.
Un conflitto, certamente dalla parte sbagliata, che tuttavia gli italiani, a differenza della "Grande Guerra", non riuscirono a sostenere moralmente fino in fondo. E questo a prescindere dal carattere fascista del conflitto.
Un conflitto, certamente dalla parte sbagliata, che tuttavia gli italiani, a differenza della "Grande Guerra", non riuscirono a sostenere moralmente fino in fondo. E questo a prescindere dal carattere fascista del conflitto.
Mancanza di dirittura? A riprova di ciò va ricordato che gli italiani, non furono poi in grado di
battersi in massa nella successiva guerra civile. Il novantacinque per cento di essi rimase alla finestra, in tremebonda attesa che finisse
tutto: il "popolo" non si schierò con gli uni né con
gli altri… Però, quasi tutti gli italiani rimpiangevano i beati tempi della pace, "quando l'Italia era rispettata nel mondo". Senza però soffermarsi più di tanto sull’assenza di libertà.
Nella colossale biografia mussoliniana (purtroppo incompiuta), Renzo
De Felice, probabilmente il più grande
storico italiano della seconda metà del Novecento, ha descritto con maestria l’abulia degli italiani di allora. De Felice ha ben colto quel nichilismo morale che però a nostro avviso viene da più lontano, probabilmente dai primi secoli dell'età moderna. Un nullismo culturale che vede l'italiano teso al
proprio particolare, pronto a servire
qualsiasi padrone pur di servire se stesso, soprattutto nei passaggi storici più complicati: si sposano tutte le cause, per pura convenienza, senza mai realmente credere in nessuna di esse.
Ora
l’epidemia di Covid non è pareggiabile a una guerra mondiale, ma il
comportamento degli italiani, pur più pasciuti e viziati, ricorda quello degli italiani di allora.
Qualche esempio. Si
seguono le normative ma appena possibile si tende ad aggirarle. Si sfruttano
tutte le possibilità economiche offerte dal “sistema”, ma al tempo stesso se ne
parla malissimo. Si mostra apparentemente
fiducia nel “Capo del Governo” ma si è prontissimi a girare le spalle alle
prime esitazioni. Si implora protezione,
ma si vuole continuare a fare i propri comodi. E soprattutto, inizia a farsi largo l’idea che la guerra al Covid
debba finire a qualsiasi costo, anche
spezzettando l’Italia in tanti comuni, province, regioni, armati e chiusi gli contro gli altri. Si pensi ad esempio al comportamento del siciliano
Musumeci, tra l’altro vecchio unitarista e statalista neofascista… E' come se egli votasse di nuovo l'ordine del giorno Grandi...
Chi
scrive, come i lettori ben sanno, da mesi auspica il ritorno alla normalità. Il
punto è che gli italiani, si pensi solo
alla questione dello smart working, vogliono tornare alla normalità, ma
conservando i privilegi sociali e
lavorativi introdotti dal Governo
giallo-rosso. In sintesi, la gente vuole che resti l’economia di guerra, senza la
guerra. Del Covid, agli italiani piacciono troppo le misure sociali. Un passo indietro: la guerra del 1940 prima rallentò poi impedì
la costruzione dello stato corporativo - il nonno del moderno welfare state - che tutto sommato piaceva agli italiani, che, mai dimenticarlo, alla libertà hanno
sempre preferito la sicurezza, anche perché "culturalmente" certi di
aggirare, come anguille, tutti gli ostacoli, a prescindere dal regime politico, democratico o dittatoriale.
Sicché, per il Governo Conte il 25 Luglio e il successivo 8 Settembre potrebbero scaturire proprio dalla questione sociale, o
meglio dall'implosione fiscale dell’assistenzialismo sociale, detto altrimenti, dalla crisi finale del welfarismo: un mix di debito pubblico, sprechi, privilegi e iniqui tributi.
Insomma,
gli italiani continuano a sognare i
fascisti senza il fascismo, gli americani senza gli americani, i democratici
senza la democrazia, il capitalismo senza il capitalismo, il welfare senza i tributi del welfare, l’epidemia di Covid senza i malati di Covid.
Cosa osserva De Felice, parlando del disonorevole fuggi fuggi di ufficiali e soldati l'8 Settembre? Che dominava tra gli italiani "un desiderio di uscire dall’incubo della
guerra (…) che si accompagnava però a un
sentimento diffuso di paura e
incertezza, che non poteva non
accrescere la tendenza alla passività, ad estraniarsi dalle vicende
politiche e a preoccuparsi solo di se stessi" (*).
Niente
di più facile che accada di nuovo. Parliamo
di un popolo portato da secoli a identificarsi con la maschera di
Pulcinella ( o di Arlecchino).
Carlo Gambescia
(*)
Renzo De Felice, Mussolini l’alleato. La guerra
civile (1943-1945), Einaudi, Torino
1998, pp. 76-77.