Lessico politico
I “negazionisti” del Covid
Si legga su Wikipedia la voce “negazionismo”. Dopo aver
sviluppato e ricondotto l’argomento a coloro che negano l’ Olocausto, o
comunque un evento storico di natura genocidaria, vi si accenna
al fatto che nel 2015-2016 “il programma
televisivo Le iene ha svolto diverse indagini su medici
regolarmente iscritti all'albo che negano l'esistenza del virus dell’HIV, che a
loro dire sarebbe solo un'invenzione delle case farmaceutiche per incrementare
i profitti” (*).
La lettura della voce Wiki è interessante perché, complottismo o meno, indica la data di inizio sul
piano mediatico almeno per l’Italia, della pericolosa trasposizione lessicologica di un concetto
riservato a un evento unico come la
Shoah , in ambito sociale molto più esteso, con tutte le conseguenze del caso.
Un passo, indietro. In alcune nazioni come il Belgio, la Germania e l’Austria, il negazionismo verso la Shoah è considerato un reato
e punito in termini di legge. La stessa Unione Europea, con apposito provvedimento,
ha chiesto agli stati membri di introdurre nella propria legislazione penale i reati contro il negazionismo.
Ciò significa, tralasciando per un momento la natura unica del tentativo di sterminio del popolo ebraico, che il termine
negazionismo, sociologicamente parlando, porta con sé l’ inevitabile adozione
di misure repressive.
Ecco l’iter sociologico: si comincia con lo
squalificare l’avversario come “negazionista”, accusandolo qualunque sia la sua
tesi (dall’ HIV al Covid, come sta appunto avvenendo), di mentire su un fatto storico, realmente
accaduto, per poi perseguirlo penalmente fino a imprigionarlo.
Ora, quel che può essere valido, anche per l’inconfutabilità
delle prove, per la Shoah , non può esserlo per altri eventi, dove i
criteri di valutazione non possono definirsi oggettivi.
Si rifletta su un punto: in qualche misura,
coloro che usano il concetto di negazionismo a tutto campo, si propongono di ricondurre le tesi contrarie - sviluppate negli ambiti più diversi e lontani dalla Shoa - alla
stessa carica di odio racchiusa nel Mein Kampf: un odio virulento che avrebbe condotto alla soluzione finale. Il che per Hitler è vero. Però è scorretto, estendere il "vizietto" hitleriano (la carica di odio) a ogni “negazionismo”, solo per combattere idee che non collimino con quelle dominanti.
Si potrebbe parlare di tentativo - questa volta con fondamento - di reductio ad Hitlerum. Ossia di porre la
discussione su un piano dove qualsiasi tesi contraria a
quella ufficiale, o addirittura del governo, può essere tranquillamente respinta perché, si dice, viziata dallo stesso
odio di Hitler verso gli ebrei, un odio
frutto - e nel caso del dittatore tedesco resta vero -
di pregiudizi razziali e manie xenofobe. Di qui,
la necessità di misure penali volte a
liberare l’umanità dai nuovi piccoli Hitler "negazionisti" nei riguardi del Covid.
Qualcuno potrà pensare malevolmente, che in principio fu la Shoah. No. Il programmatico sterminio degli ebrei da parte
di nazionalsocialisti e sodali resta un
fatto unico e storicamente provato. Un evento terribile. Che non deve mai più accadere.
Non è invece sociologicamente unico il processo
di trasposizione lessicologica, “con finalità di egemonia sociale”, per dirla
in sociologhese, di un concetto da un
campo ristretto a un altro più vasto, come sta avvenendo ai danni dei “negazionisti”
del Covid, tra i quali vi sono fior di scienziati.
Vilfredo Pareto nel suo celebre Trattato di sociologia, parlò, già un secolo fa, di “istinto delle
combinazioni”. Cioè della capacità umana
di usare fatti veri, associandoli ad altri falsi, per perseguire obiettivi
legati al consenso politico. Sul tema, come processo di auto-persuasione al falso-vero, intervenne con un magnifico libro (L’arte di persuadere se stessi), anche Raymond
Boudon. Ed è esattamente quel che sta accadendo. Forse, senza che gli anti-negazionisti se ne rendano conto... Come dire? Post hoc ergo propter hoc. Dopo Hitler, dunque a causa di Hitler.
Ciò non
significa che nel dibattito pubblico sul Covid, e soprattutto sulle misure
politiche varate, non vi siano minoranze “negazioniste” particolarmente fantasiose, addirittura dai tratti buffoneschi, controbilanciate però da altre minoranze ragionevolmente preoccupate per la sorte delle libertà
individuali, composte di intellettuali, studiosi, scienziati che si attengono semplicemente ai fatti.
Il punto è che una legislazione contro il
negazionismo del Covid, purtroppo sociologicamente prevedibile, metterebbe in prigione gli uni e gli altri.
Carlo Gambescia