Marcello Veneziani e l’interpretazione
onanistica di Nietzsche
Perché Veneziani non tace? Quando non si
conosce l' argomento o non si ha nulla da dire si deve tacere. Si chiama rispetto per i lettori. E per se
stessi. Invece Veneziani continua a pubblicare editoriali e articoli puro frutto di combinazioni scrittorie: bolle d’aria spesso
neppure in bello stile, O se si preferisce, divagazioni letterarie su temi vari
(dalla filosofia alla politica, dal costume alla storia): testi, in
realtà, privi di qualsiasi plusvalore
culturale. Non si può essere Ugo Ojetti senza essere Ugo Ojetti…
Si
prenda da ultimo, uno scritto su
Nietzsche. Veneziani lo definisce “biosofo”, perché “scopritore delle sorgenti
sanguigne della vita”, senza però
approfondire, se non in modo stiracchiato nella chiusa, dove si legge:
“Nietzsche non invoca la distruzione dei valori ma la loro
trasvalutazione e aggiunge un’osservazione decisiva: in mancanza di valori
tocca a noi essere valorosi, cioè caricarci sulle nostre spalle di tutto il
peso della perdita di valori. Titanismo tragico per un soggetto destinato a
tramontare. Alla fine non è la storia ad accogliere la sua visione ma la
natura, il ritmo del cosmo, l’eterno ritorno dell’universo. L’innocenza tragica
e giocosa di Nietzsche, biosofo” (*).
Se Veneziani avesse letto Simmel, che traspose sociologicamente il
pensiero di Nietzsche, si guarderebbe bene dall’ inneggiare al suo
vitalismo. Perché la biosofia non è altro che la riproposizione di
un invasivo vitalismo che, come ravvisa Simmel (e dopo di lui Weber), privilegia lo stato nascente, il movimento (che può essere politico e
sociale), rispetto all’istituzione (lo stato di diritto ad esempio). Il che significa
spalancare le porte della città politica al movimentismo politico a ogni
costo, alla pancia per non dire di altro: dai fascisti
ai teorici di Contropiano.
Certo Veneziani, nel tentativo, non sappiamo se cosciente o meno, di depotenziare il vitalismo per
distaccarlo dalle distruttive interpretazioni
“politiche” di Nietzsche, insiste
sulla necessaria captazione individuale del vitalismo (ciò che
lui, ripetiamo, denomina “biosofia”), come se le idee non avessero alcuna ricaduta
collettiva. Detto
altrimenti, Nietzsche
“vitalista”, ma per singoli amatori.
L’interpretazione di Veneziani è onanistica due
volte. La prima perché tipica
di certa destra neofascista che si atteggia ad aristocrazia del pensiero,
manipolando comunque ciò che è sotto l’ombelico sociale. La seconda perché ipocritamente si rimanda alla scelta individuale: al Nietzsche
a inserto sigillato per uomini
soli, come certe rivistine pornosoft di un tempo.
In realtà il vitalismo è
una specie di bomba (sociale) a orologeria che ha origini romantiche. Un certificato di nascita che rinvia alla ottocentesca rivolta
contro la “forma” della ragione in nome dei "contenuti" post-ombelicali della vita. Come
dicevamo, del movimento contro l' istituzione.
Un
clima torbido quindi, che precede
e supera Nietzsche. Di qui
l’inevitabile rischio di implosioni
politiche e sociali. Siamo davanti a una devastante dinamica vitalistica che appesta il clima intellettuale
dell’Occidente da almeno un secolo e mezzo: da De Gobineau a Tarantino. Una questione che non può essere compresa né
affrontata cavalcando
individualmente, in chiave onanistica, il
vitalismo nietzschiano.
Sicché il
problema non è Nietzsche ma il vitalismo. Ciò
che Veneziani, credendo di aver fatto chissà quale scoperta, chiama biosofia.
Concludendo, sarebbe buona regola, parlare e scrivere solo di quel
che si conosce. O
altrimenti tacere.
Carlo Gambescia
(*)
Qui: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/nietzsche-il-biosofo-che-ha-piu-inciso-nel-nostro-tempo/