mercoledì 26 agosto 2020

 Marcello Veneziani e l’interpretazione onanistica di Nietzsche

Perché Veneziani non tace?  Quando non si conosce l' argomento o  non si  ha nulla da dire  si deve  tacere.  Si chiama rispetto per i lettori. E per se stessi.  Invece  Veneziani  continua a pubblicare  editoriali e articoli  puro frutto di  combinazioni scrittorie: bolle d’aria spesso neppure in bello stile, O se si preferisce,   divagazioni letterarie su  temi vari  (dalla filosofia alla politica, dal costume alla storia): testi, in realtà,  privi di qualsiasi plusvalore culturale. Non si può essere  Ugo Ojetti senza essere Ugo Ojetti…
Si prenda da  ultimo, uno scritto su Nietzsche. Veneziani lo definisce “biosofo”, perché “scopritore delle sorgenti sanguigne della vita”, senza però  approfondire, se non in modo stiracchiato nella chiusa,  dove si legge:       

“Nietzsche non invoca la distruzione dei valori ma la loro trasvalutazione e aggiunge un’osservazione decisiva: in mancanza di valori tocca a noi essere valorosi, cioè caricarci sulle nostre spalle di tutto il peso della perdita di valori. Titanismo tragico per un soggetto destinato a tramontare. Alla fine non è la storia ad accogliere la sua visione ma la natura, il ritmo del cosmo, l’eterno ritorno dell’universo. L’innocenza tragica e giocosa di Nietzsche, biosofo” (*).

Se Veneziani avesse letto Simmel, che traspose sociologicamente il pensiero di Nietzsche,  si guarderebbe bene dall’ inneggiare  al suo vitalismo.  Perché la biosofia  non è altro che la riproposizione di un invasivo vitalismo  che, come ravvisa Simmel (e dopo di lui Weber),  privilegia lo  stato nascente, il movimento (che può essere politico e sociale),  rispetto all’istituzione (lo stato di diritto ad esempio). Il che significa spalancare le porte della città politica  al movimentismo politico a ogni costo,  alla pancia per non dire di altro:   dai  fascisti ai teorici di Contropiano.     

Certo Veneziani, nel tentativo, non sappiamo se cosciente o meno,  di depotenziare il vitalismo per distaccarlo  dalle  distruttive interpretazioni “politiche” di Nietzsche, insiste sulla necessaria  captazione  individuale del vitalismo (ciò che lui, ripetiamo, denomina “biosofia”), come se le idee  non avessero alcuna ricaduta collettiva.  Detto altrimenti,  Nietzsche “vitalista”, ma per singoli  amatori.

L’interpretazione  di  Veneziani è onanistica due volte. La prima perché  tipica di certa destra neofascista che si atteggia ad aristocrazia del pensiero, manipolando  comunque  ciò che è sotto l’ombelico sociale.  La seconda perché ipocritamente si rimanda alla  scelta individuale:  al Nietzsche a inserto sigillato per  uomini soli, come certe rivistine pornosoft di un tempo.   
In realtà il vitalismo  è una specie di bomba (sociale) a  orologeria  che  ha origini romantiche. Un certificato di nascita che rinvia  alla ottocentesca  rivolta contro la “forma”  della  ragione in nome  dei "contenuti"  post-ombelicali della vita.  Come dicevamo, del movimento contro l' istituzione.  
Un clima torbido quindi,  che precede e supera Nietzsche.  Di qui l’inevitabile rischio di  implosioni politiche e sociali. Siamo davanti a una devastante dinamica  vitalistica che  appesta il clima intellettuale dell’Occidente da almeno un secolo e mezzo: da  De Gobineau a Tarantino. Una questione che non può essere compresa né affrontata cavalcando individualmente, in chiave onanistica,  il vitalismo nietzschiano.  
Sicché  il problema non è Nietzsche ma il vitalismo.  Ciò che Veneziani, credendo di aver fatto chissà quale scoperta, chiama biosofia. 
Concludendo, sarebbe buona  regola,  parlare e scrivere solo di quel che si conosce.  O altrimenti tacere.

Carlo Gambescia