sabato 29 agosto 2020

Covid-19,  il  ponte aereo e navale dalla Sardegna
Fine epidemia mai


Addirittura un ponte aereo e navale dalla Sardegna per il rientro dei positivi? Perché meravigliarsi?
Insistiamo il Covid-19  è la prima epidemia al tempo del populismo. E si rischia che non finisca più. Si rischia, politicamente. Perché? Qui il vero virus è il populismo.  Un’ideologia che  ha  “contagiato”,  dettando o influendo  sull’agenda politica, anche partiti in passato refrattari alla demagogia. Si pensi ad esempio  all’atteggiamento convergente delle forze politiche  italiane dinanzi al referendum populista che scorge  nel parlamento soltanto  un costo. Oppure  alle oziose  polemiche, sempre tra tutti i partiti,  sulla riapertura “sicura” delle scuole,  nel nome di una  utopistica  sicurezza,  che però viene "venduta"  come verosimile, accrescendo aspettative, timori, paure.      
Il populismo, almeno quello contemporaneo, rimanda in alto,  a un atteggiamento protettivo, esageratamente protettivo, delle élite verso il cittadino,  e in basso,  nella ricerca sfrenata da parte del popolo della protezione totale da ogni forma, anche minima, di rischio sociale. Il populismo, in qualche misura, è la malattia terminale del welfarismo, ossia di un’ assistenza sociale estensiva, come si diceva un tempo, “che  va  dalla  culla alla tomba”.   Di qui,  l’odio del “popolo”  verso i partiti, che  vengono visti come  d’intralcio alla distribuzione sociale della ricchezza, e verso la ricchezza perché non vuole farsi espropriare.

Ormai, qualsiasi politico,  che non si pieghi a questa  visione a dir poco rozza  della dinamica sociale, viene designato come “nemico del popolo”.  E poiché la sua elezione dipende dal voto dei cittadini si determina una continua  corsa al rialzo  tra i partiti a chi prometta maggiore protezione sociale.  
Ovviamente  - e veniamo al punto - in tale clima politico,  un’epidemia non può che diventare  una specie di bomba atomica. Detto in altri termini,  un gigantesco banco di prova  per dimostrare che “nessuno verrà lasciato solo”. Se in altri tempi,  un’epidemia di influenza  era  una questione squisitamente medica e individuale,  con l’avvento del populismo si è invece  tramutata, complice l’atteggiamento di istituzioni sanitarie in larga parte  fanatiche sostenitrici del fantomatico diritto alla salute,  in una pandemia -  quindi  un fatto collettivo -  che minaccia tutti i popoli della terra.
Il che spiega l' organizzazione di un ponte aereo e navale  dalla Sardegna per il rientro dei positivi (quasi tutti asintomatici): i dati sulle intensive sono risibili (*), eppure si continua  “come se”…

Si evoca, da parte delle élite populiste, volenti o nolenti,  il "principio di  precauzione" che non è altro  che  il braccio armato ideologico del welfare state.  Un principio assai elastico che costituisce  la principale  fonte del potere dello stato:  un entità istituzionale che, come qualsiasi gruppo sociale,  ritenendosi preveggente (ossia  di “saperne” più di tutti gli altri), moltiplica i pericoli, anche dove non vi sono, per rafforzarsi, seguendo ovviamente la logica  egemonica  di ogni gruppo sociale.
Il tutto, naturalmente, avviene  in nome del popolo, che tra l’altro sembra ben contento di scambiare la libertà con la sicurezza.  
In questo pesante clima populista, come ripetiamo da tempo, l’emergenza, tramutata in risorsa politica, rischia di non finire più. E con il consenso popolo.

Carlo Gambescia   


(*) 74 ricoverati in intensiva, dati Ministero della Salute, ultimo aggiornamento 28 agosto 2020:   http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5351&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto