giovedì 20 agosto 2020

Discoteche e giustizia amministrativa
Una sentenza scontata…

Lo studio sociologico  della giustizia amministrativa può sembrare un argomento barboso, da addetti ai lavori,  invece non è così.   Si pensi alla sentenza  del Tar  che  ha recepito la decisione politica - perché di questo si tratta, come vedremo - di chiudere le discoteche.  Diciamo che era scontata.  
Sotto questo aspetto il verdetto  torna utile per capire, diremmo in modo  esemplare, come all’espansione  del  diritto amministrativo  (e dei suoi aspetti giurisdizionali)  corrisponda sempre, per così dire,  la progressiva  riduzione  del  tasso di liberalismo  di  un sistema sociale, addirittura  fino al suo azzeramento.  
Che cos’è la giustizia amministrativa? I lettori che hanno fretta possono andare  su Wiki  per apprendere che

«l’esistenza di un sistema di giustizia amministrativa è una delle caratteristiche essenziali dello stato di diritto poiché, in questo modo, si rende effettiva la sottoposizione della pubblica amministrazione alla legge, secondo il principio di legalità » (*).

Ovviamente le cose sono  più complesse (**), però la citazione serve a capire, in due battute, come, sociologicamente parlando,  la giustizia amministrativa non sia parte integrante dello stato di diritto liberale, come talvolta si ripete, ma  rappresenti, sociologicamente,  una specie  di longa manus  (anche qui semplificando) del potere politico.
 Si legga la sentenza sulle discoteche.  Cosa dice?

« Nelle premesse del provvedimento impugnato si richiama la “comune volontà della Conferenza dei presidenti delle Regioni e del Ministero dello sviluppo economico di aprire con immediatezza un tavolo di confronto con le Associazioni di categoria, al fine di individuare interventi economici di sostegno nazionale al settore interessato”. E' quanto si legge nel decreto del Tar in merito alla ricorso - respinto dal Tribunale Amministrativo - dei gestori contro la chiusura delle discoteche per l'emergenza Covid. […] Per il Tar, “nel bilanciamento degli interessi proprio della presente fase del giudizio, la posizione di parte ricorrente risulta recessiva rispetto all'interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto” e “tale interesse costituisce l'oggetto primario delle valutazioni dell'Amministrazione, caratterizzate dall'esercizio di un potere connotato da un elevato livello di discrezionalità tecnica e amministrativa in relazione alla pluralità di interessi pubblici e privati coinvolti e all'esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio” » (***).

Altro che principio di legalità… Principio che afferma, sintetizzando, che ogni attività dei poteri pubblici non debba  trovare altro  fondamento che  nelle leggi approvate dal parlamento, in quanto espressione della sovranità popolare.  Detto altrimenti, i giudici amministrativi,  ben trincerati dietro una gerarchia politico-sociologica degli interessi,  hanno glissato  sulle reiterate  violazioni  del principio di legalità  racchiuse negli ormai famigerati  decreti antiCovid-19 del governo giallo-rosso, ribadendo  l’idea  che l’interesse pubblico  debba  sempre prevalere su quello dei privati cittadini.   E chi decide   - ecco il punto -  se un  interesse sia pubblico o meno?   Il governo.  Perciò  i giudici amministrativi non fanno che adeguarsi politicamente, comportandosi, ripetiamo da longa manus dell’esecutivo.  Altro che stato diritto…
Naturalmente abbiamo semplificato, con l’occhio del sociologo,  per facilitare la comprensione politologica di complicati concetti giuridici   Tuttavia la sostanza del discorso non cambia:  quando   si priva il diritto amministrativo del principio di legalità, sostituendovi la priorità degli interessi (la dottrina italiana parla di “interessi legittimi”)  si spalancano inevitabilmente le porte dello stato di diritto al potere extralegale  dello statalismo più devastante e ottuso. E, cosa più grave,  con il consenso dei giudici.  
In linea di principio,  attraverso lo  stesso criterio della prevalenza dell’interesse pubblico,  gestito ad esempio da un governo antisemita, si potrebbero reintrodurre normative  rivolte a non consentire ai cittadini di  religione ebraica, in nome di  un interesse pubblico superiore, il possesso di  beni e l'esercizio di determinate  professioni. Come  purtroppo è già accaduto.
Certo, in Italia, esistono  anche la giustizia ordinaria e costituzionale, sfere  che  non  si occupano principalmente di interessi legittimi ma soprattutto di diritti soggettivi. Di conseguenza,  il tasso di liberalismo interno al sistema sociale italiano non è pari a zero. Ma il forte  rischio di  un deperimento non può essere negato.  Sotto questo aspetto  entra  in gioco  l’indipendenza non solo formale ma ideologica dei giudici ordinari e costituzionali. Dal  momento che un giudice statalista, ragionerà come un giudice amministrativo…  E quanti sono i giudici statalisti nell’ordinamento italiano ?
Risponderemo alla domanda un’altra volta. Una pena al giorno, diciamo così…
Carlo Gambescia

(*) Qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Giustizia_amministrativa .

(**)  Come esempio di maggiore complessità si veda qui: http://www.treccani.it/enciclopedia/giustizia-amministrativa/ . Voce, la cui comprensione, presuppone alcune conoscenze  preventive in materia.

(***) Qui: https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/08/19/il-tar-no-alla-riapertura-delle-discoteche-respinte-le-richieste-dei-gestori-_63271e1a-193c-4fa3-97fb-60cbefe60760.html  . Il grassetto è nel testo.