“La caccia ai politici furbetti”
L’estate del nostro imbecille scontento
Come ha
fatto l’Italia a ridursi così? Questa, se ricordiamo bene, era la domanda finale
che si poneva Ethan Hawley a proposito
però del suo personale declino morale. Parliamo del
protagonista, de L’ Inverno del nostro scontento, romanzo di John Steinbeck. Noi invece, noi italiani, siamo in estate, tutti molto presi a
inseguire il tracciato dell’imbecillità
umana. Che stiamo facendo? La madre di tutte le guerre da autentici imbecilli scontenti: diamo
la caccia ai "parassiti" politici, percettori del bonus populista spettante ai lavoratori autonomi…
Un vero sport di massa. Le
prime pagine parlano solo di questo e
con toni a dire il vero che sarebbero degni di miglior causa. Eppure è così. In un’Italia nelle mani di un governo autoritario,
che governa per decreti, indebitata fino al collo, disertata dai turisti, con
file di negozi chiusi, che si fa? Si dà
la caccia, tra gli altri, a cinque
deputati ricchi e felloni che avrebbero ottenuto il bonus togliendo ai dentisti
bisognosi.
Si
sta veramente toccando il fondo dell’imbecillità. Imbecille. Che significa questo termine, in
apparenza dal significato scontato? Stando ai vocabolari l’imbecille è una “persona di limitata capacità di discernimento e di buon senso”, “un ottuso, che si comporta come tale”. Ora
non c’è nulla di più imbecille
del moralista stolido che si accanisce
su chi non si può difendere perché ha contro un’opinione pubblica di massa,
altrettanto imbecille, che favorisce una vera e propria caccia alle streghe.
Si
dovrebbe invece riflettere sull’idea stessa di bonus, che come ogni misura
assistenzialista, di tipo universalista
( non solo “tutti i cittadini” ma attenzione anche, di volta in volta, “tutte” le partite Iva, “tutti” i pensionati,
“tutti” i lavoratori dipendenti, eccetera), mette le varie categorie nelle
condizioni, come si dice nel gergo welfarista, “di accedere” e “fruire” in chiave universale. Ma non troppo, perché il bonus welfarista provoca conflitti di stato sociale, del tipo "perché tu sì, io no?", "Anche tu? Ma non ti vergogni?", e così via.
Si
dirà, allora perché non restringere in base al reddito certe misure? Già fatto. Perché in realtà i seicento euro di
bonus rinviano alla fascia socialmente maggioritaria di coloro che sono sotto i 35 mila. Tra
i quali vi sono alcuni politici, ai quali evidentemente, a parità di normativa,
il sostegno spetta. Si chiama “stato di diritto”, o se si preferisce
uguaglianza dinanzi alla legge. Una conquista moderna, dopo secoli di durissime divisioni della società in stati privilegiati.
L' imbecille scontento non comprende che il paradosso della spesa pubblica, vero
braccio armato del welfare, è rappresentato dalla cosiddetta eterogenesi dei
fini. Detto altrimenti, si vuole il bene si ottiene il male. Non si vuole lasciare nessuno indietro, come si sente ripetere, ma così facendo si distrugge il moderno stato di diritto favorendo il ritorno dello stato degli stati di ancien régime.
Ci
spieghiamo meglio: dal momento che il sostegno al reddito rimanda a una molteplicità
di situazioni particolari, pur accomunate dall’appartenenza alla stessa fascia di reddito, inevitabilmente sorgeranno incongruenze e scontentezze di tipo morale, tanto più
gravi quanto più la morale sociale sarà
dettata dagli imbecilli scontenti, che pur di avere ragione sarebbero disposti
all’affossamento dello stato di diritto, introducendo una specie legislazione, tipica del mondo pre-moderno, secondo lo stato sociale (allora preti, aristocratici, oggi partite Iva) per fasce di
reddito, con i politici per primi a
pagarne le conseguenze. In realtà, quanto più
aumentano le fasce di reddito, a causa delle misure welfariste, tanto più,
ripetiamo, si moltiplicano le incongruenze e conseguente scontentezza. Ecco spiegata l'eterogenesi dei fini.
Sicché,
in sintesi e per uscirne fuori: meno
welfare, meno imbecilli scontenti. Piaccia o meno ma le cose stanno così.
L’
Italia si è ridotta a “dare la caccia”
al “politico furbetto” perché welfarista e
populista al tempo stesso. Il welfarismo ha origini nella storica diffidenza italiana, da parte di cattolici,
socialisti, fascisti e comunisti, verso
la moderna economia di mercato; il populismo nel disprezzo, a dire il vero
storicamente ciclico, verso le
istituzioni liberal-democratiche, risorto con Tangentopoli e acuitosi maggiormente con la
crisi della Seconda Repubblica e del populismo soft berlusconiano.
E
così oggi siamo qui a scrivere dell’estate del nostro imbecille scontento. Che
malinconia.
Carlo Gambescia