Salvini il playboy (fallito) della politica
Purché respirino
L’ultima dichiarazione di Matteo Salvini è
tragicomica: “O si cambia l'Italia, o si vota”.
È tragica,
perché rivela, in un passaggio istituzionale delicatissimo, tutta l’ insufficienza dell'uomo politico: superficialità e mancanza di visione; comica, perché evoca
un “qui si fa l’Italia o si
muore” garibaldino, che, probabilmente, Salvini, più che dalle Noterelle dell’Abba, ha rubato all'orecchiabile
“Cuoco di Salò” del cantautore De Gregori.
Votare, senza una legge maggioritaria, non serve a nulla. Possibile che Salvini non
capisca? Si dirà che siamo dinanzi soltanto alla solita minaccia
politica. Certo, ma per andare dove? A fare l'Italia, come nel
1860. No, al governo,
per sfasciarla, l'Italia. E con i populisti di Casaleggio e Di Maio.
Salvini nella sua vita politica ha avuto una sola grande
intuizione: quella di trasformare la Lega in partito nazionale. Però, ecco il
punto, troppo spostato a destra. La fotografia della situazione italiana
l’ha ben fotografata ieri il quotidiano “Libération”, che parla di
un’alleanza tra estrema destra e populisti. Un mix antisistema da esplosione atomica.
Dell’Italia.
Purtroppo, la
deriva inevitabile, perché, come si usa dire oggi, la narrazione politica
di Salvini è quella degli spostati di estrema
destra: lotta al sistema, abbasso il capitalismo e gli americani,
prima gli Italiani, fuori tutti gli altri.
Salvini, invece di comportarsi in modo responsabile, da leader di
una destra, liberale e moderata, capace di guardare lontano alla
costruzione di un destra sul modello del Partito Popolare spagnolo, si è
tramutato nel primo propagandista di una visione totalmente
falsa della situazione italiana, pauperista e piagnona, vellicando, quel che è peggio, gli istinti razzisti degli
italiani.
Un vero lazzarone politico, consacratosi alla cattiva arte
del tanto peggio tanto meglio, pur di conquistare - stupidamente
- il potere a qualsiasi
costo. Ecco il suo punto debole: la smania di andare a Palazzo Chigi, o comunque di
arraffare per sé un
dicastero politico importante ( e di riflesso per i suoi sodali). Il che
spiega la proposta indecente di allearsi con Di Maio.
“Purché respirino”, insomma. Come si suppone, ragionino, certi playboy non proprio di alto bordo, quasi falliti, a caccia di ottantenni. Possibilmente ricche. Perché l’importante è “piazzarsi”. Tradotto: agguantare il potere, anche in condominio, poi si vedrà...
“Purché respirino”, insomma. Come si suppone, ragionino, certi playboy non proprio di alto bordo, quasi falliti, a caccia di ottantenni. Possibilmente ricche. Perché l’importante è “piazzarsi”. Tradotto: agguantare il potere, anche in condominio, poi si vedrà...
Si dirà che è scorretto, ridurre complesse dinamiche
politiche alla pura e semplice sete di potere individuale. Non
sempre. Perché nel caso di Salvini, un uomo che professionalmente ha
sempre vissuto di politica, diventare Ministro a quarant’anni, è il conseguimento di un
risultato professionale agognato
fin dall’inizio della carriera. Il trionfo e l'estasi di uno che ha
cominciato attaccando manifesti.
Non ci si lasci incantare dal suo atteggiarsi, davanti alle
telecamere, a purissimo e nobile difensore degli italiani.
Recita. Li usa. Come
ha usato la Lega , Bossi,
e tutti quelli che ha incontrato sulla sua strada, compreso il patetico
Silvio Berlusconi.
Se si ama veramente l’Italia non ci si allea con chi la vuole
distruggere, come i pentastellati. E
soprattutto, si guarda lontano: a buone leggi elettorali (maggioritarie), nonché a un partito, liberale nei programmi, capace di parlare a
tutti gli italiani, soprattutto ai moderati, che sono tanti e non votano, perché diffidano dei venditori di pop-corn politici.
Proprio come Salvini.
Carlo Gambescia