Paolo Savona conosce la vicenda di Hjalmar Schacht?
In
questi giorni Paolo Savona (nella foto) sembra
essere diventato il beniamino dei neo-nazionalisti italiani. La sua figura, in qualche modo, ricorda quella
di Hjalmar Schacht, economista e banchiere tedesco, che appoggiò Hitler. La tipologia, fortunatamente rara, è quella dello
specialista in economia, che, incredibilmente, pur conoscendo la complessità e
inesorabilità dei meccanismi
economici, sposa una causa politica, che
inevitabilmente, conduce il paese alla rovina.
Come si è già detto, Schacht, rappresenta l’eccezione che conferma la regola. Il
lettore si chiederà di quale regola stiamo parlando. Del rispetto delle leggi o costanti
economiche. Gli economisti, tutti, sanno benissimo, che una volta usciti dal seminato della legge
della domanda e dell’offerta, la parola inevitabilmente finisce per passare alle armi. Ci
spieghiamo meglio.
La legge della domanda e dell’offerta rinvia a una società fondata sul libero scambio, che, ovviamente, non è mai tra soggetti uguali, altrimenti non ci
sarebbe scambio, dal momento che ogni attore economico porta sul mercato le sue
specificità, tradotte in beni economici
e prezzi. Si chiama anche divisione
internazionale del lavoro. Quindi si parla di un dato reale, non astratto. Nella sua esperienza storica il mercato (ovvero
il meccanismo economico fondato sulla legge della domanda e dell’offerta) ha determinato un innalzamento del tenore di vita di tutti i popoli del pianeta. Quindi il meccanismo funziona. O comunque funziona meglio di altri.
Ora, Paolo Savona, come la stragrande maggioranza degli economisti, queste le cose le conosce bene, come
sa altrettanto bene che il denaro essendo una merce come un’altra è sottoposto alla legge della domanda e dell’offerta.
Pertanto, l’uscita dell’Italia dall’Euro, comporterebbe una valutazione, sulle basi
della legge della domanda e dell’offerta, della Lira italiana, giudizio legato alla necessità reale che di essa avrebbero gli operatori economici italiani e internazionali (soprattutto questi ultimi). Sicché, la Lira italiana per
entrare in concorrenza con le altre monete dovrebbe sfidarle. Come? Rendendosi appetibile. E come si rende appetibile una moneta? Con la forza
della propria economia. Ora, altra cosa che il professor Savona conosce molto bene è che l’economia
italiana ha precisi limiti storici, materiali e strutturali: capitalismo con tratti ancora arcaici, scarse risorse naturali, bassa etica del lavoro. Di forza ne ha poca.
In
queste condizioni, si anche può stampare
tutta la moneta di questo mondo, ma poi sono gli altri attori economici a determinarne
il valore. Sulla base, ripetiamo, della legge della domanda e dell'offerta.
Perciò
il problema non è l’Euro, che anzi mette l’Italia in condizione di godere di una moneta forte e abbastanza
stabile, ma le condizioni strutturali dell’economia italiana, che seguono un
trend secolare, che non si può cambiare
a colpi di bacchetta magica, “creando denaro dal nulla”. E che a crearlo sia la Banca d’Italia, privata e semiprivata o la mitica Banca di Stato, non significa e non cambia nulla.
Naturalmente,
esistono dei modi extra-economici per rafforzare la propria moneta. Il primo è quello delle
conquiste militari, sconfiggendo e sfruttando i paesi sottomessi. Questa fu la
strada di Hitler. Il secondo è quello dell’autarchia, ci si chiude al mondo e
all’interno si sostituisce il denaro,
con il baratto o con lo scambio di merci (più o meno sublimato) tra i diversi settori dell'economia nazionale. Anche
questa strada fu tentata all’inizio da Hitler, ma poi abbandonata, perché implicava un isolamento che non aiutava lo sviluppo dell’economia
tedesca. E così Hitler, decise di prendersi con la forza ciò che riteneva spettasse al popolo tedesco.
Come
si può capire, la moneta è una cosa
seria. Il suo meccanismo dal punto di vista sociologico riflette un concetto di giustizia retributiva reale: ogni moneta riceve, come valore, ciò che
merita, secondo una scala di forze reali. Insomma, quel che essa merita rinvia alla posizione di una nazione nella divisione internazionale del lavoro. C’è chi è arrivato prima, chi è
arrivato dopo. Chi ha più risorse naturali, umane, morali. Chi meno. E così via. Il che, naturalmente, determina monopoli e oligopoli economici e all'occorrenza fenomeni speculativi. L’uguaglianza non è di questo
mondo. Come del resto l'imperativo etico kantiano. E il mercato inevitabilmente assorbe, come una spugna. Ma, ecco il punto, a decidere, in ultima istanza, è sempre la legge della domanda e dell'offerta. Insomma, un principio retributivo, reale.
Certo,
si può forzare il meccanismo, fino a distruggerlo, puntando
sulla guerra e/o l’autarchia, evocando principi morali di giustizia
redistributiva astratta. Ma se non si hanno le
risorse militari e materiali si
rischia di ritrovarsi più poveri di prima. Mussolini, docet.
Schacht
a un certo punto capì che a Hitler non bastava più l’autarchia e che avrebbe portato la Germania alla rovina, e fece un passo
indietro. Di conseguenza venne emarginato dal regime.
E
anche questa è una lezione che il professor Savona dovrebbe conoscere bene. O no?
Carlo Gambescia