Premessa all'articolo di Teodoro Klitsche
de la Grange
"Servilisti" di chi?
Dei "sovranisti"...
Pubblico l’ articolo dell’amico Teodoro
Klitsche de la
Grange , pur non
condividendo la sua analisi. Di qui, la necessità di una premessa. Quali sono i punti di di disaccordo?
Diciamo che l’Unione Europea
non è l’Impero Austro-Ungarico. Detto altrimenti: il Congresso di Vienna
era una cosa, i Trattati di Roma un’altra. Nel primo caso i popoli
furono veramente trattati come mandrie di buoi. Nel secondo caso,
siamo invece dinanzi all'esercizio di un atto libero. O
comunque davanti a una sacrosanta risposta, liberaldemocratica, alla "guerra civile europea" provocata dal nazional-imperialismo nazi-fascista e sovietico. Frutto, quest'ultimo, di un odio per ogni diversità, che non
ha nulla a che vedere con il Risorgimento italiano. Al riguardo si pensi agli ottimi libri di Namier e Chabod (un polacco naturalizzato britannico e un valdostano), dove si distingue assai bene tra spirito di nazione e nazionalismo, tra risorgimento nazionale e stato come serbatoio della razza o della classe. Pertanto, a proposito di San Tommaso direi che un' elegante astrazione di filosofia politica, resta tale. Quindi, pur con tutto il rispetto dovutogli, lascerei il Dottore della Chiesa alle sue teorizzazioni astoriche e asociologiche, se non proprio antistoriche e antisociologiche.
Inoltre, è vero che Salvini e Di Maio non vogliono occupare l’Albania o Tripoli. Per ora, però. Perché non va dimenticato che populismo e leghismo, alle cui fonti avvelenate i due politici attingono, sono l'ennesima reincarnazione, con variazioni contestuali sul tema, del romanticismo politico fascista e nazista. Quindi si tratta di puro occasionalismo. Insomma, semplificando, all'occasione, per dirla con Totò, potrebbero sconsideratamente " buttarsi" in avventure politiche più grandi di loro.
Inoltre, è vero che Salvini e Di Maio non vogliono occupare l’Albania o Tripoli. Per ora, però. Perché non va dimenticato che populismo e leghismo, alle cui fonti avvelenate i due politici attingono, sono l'ennesima reincarnazione, con variazioni contestuali sul tema, del romanticismo politico fascista e nazista. Quindi si tratta di puro occasionalismo. Insomma, semplificando, all'occasione, per dirla con Totò, potrebbero sconsideratamente " buttarsi" in avventure politiche più grandi di loro.
Infine, su Vittorio Emanuele Orlando sarei
più cauto. La pur meritoria classe politica liberale - di cui Orlando, Presidente di una vittoria nella Quarta Guerra d'Indipendenza secondo la lezione dell'interventismo liberaldemocratico, era insigne esponente - strizzò però l’occhio a Mussolini, gettando alle ortiche le libertà
statutarie. Sicché, molti liberali, pur comprendendo quasi subito
l'errore commesso, accettarono l’abbraccio liberticida delle camicie
nere. Orlando, a dire il vero, di lì a poco, si rese conto di
aver confuso la dittatura vera di Mussolini con quella parlamentare
di Crispi e Giolitti. Però anche quello fu un atto di servilismo, degli
eredi di Cavour, verso un vincitore. Un atto di sottomissione, come dopo la Marcia su Roma,
che a differenza del Trattato di Pace del 1947 al quale
seguì una fase di ricostruzione, crescita economica e sviluppo delle
libertà, pose le basi storiche della successiva rovina.
E, indirettamente, della sconfitta e del conseguente severo
trattamento politico da parte delle potenze vincitrici.
A tale proposito, è bene ricordare agli antiamericani nostrani, di ieri come di oggi, tra i quali ritroviamo molti "sovranisti" (quando si dice il caso...), che sovietici e britannici, a differenza degli Stati Uniti, volevano imporci condizioni molto più dure. Certo, anche l'Atlantismo, dal punto di vista, teorico, se si vuole astratto, rappresentò una forma di sudditanza geopolitica, quindi si trattò comunque di male. Ma - attenzione - di male minore ( e qui, il De malo dell'Aquinate, se proprio si desidera scomodarlo, forse potrebbe dirci qualche cosina...), considerato il tipo di vita che si conduceva nell'immenso campo di prigionia delimitato dalla Cortina di Ferro. E comunque sia, sempre meglio del male assoluto, rappresentato da Hitler e dai suoi carnefici in uniforme bruna.
A tale proposito, è bene ricordare agli antiamericani nostrani, di ieri come di oggi, tra i quali ritroviamo molti "sovranisti" (quando si dice il caso...), che sovietici e britannici, a differenza degli Stati Uniti, volevano imporci condizioni molto più dure. Certo, anche l'Atlantismo, dal punto di vista, teorico, se si vuole astratto, rappresentò una forma di sudditanza geopolitica, quindi si trattò comunque di male. Ma - attenzione - di male minore ( e qui, il De malo dell'Aquinate, se proprio si desidera scomodarlo, forse potrebbe dirci qualche cosina...), considerato il tipo di vita che si conduceva nell'immenso campo di prigionia delimitato dalla Cortina di Ferro. E comunque sia, sempre meglio del male assoluto, rappresentato da Hitler e dai suoi carnefici in uniforme bruna.
Concludendo (con un amichevole appello), caro Teodoro, tu sei liberale come me.
Pertanto, cerchiamo insieme di evitare gli stessi errori. Fascisti, razzisti e sovranisti lasciamoli al loro destino. Evitiamo "noi", con la nostra cultura e intelligenza, di fare da "servilisti" a certa gentaglia politica. Evitiamo, insomma, di tirare la volata (intellettuale) ai nemici della libertà.
Carlo Gambescia
***
La
riflessione
Sovranisti
e "servilisti"
di Teodoro Klitsche de la Grange
Da qualche anno, da quando sono stati coniati i
neo-logismi sovranismo e sovranista (probabilmente dal francese) il pensiero
“politicamente corretto” (e relativi pensatori)
si è lanciato in una, per esso abituale, opera di screditamento e
demonizzazione. Sovranismo sarebbe un’ideologia guerrafondaia (??), passatista,
dittatoriale, egoista e così via. I sovranisti poi demagoghi, ignoranti,
cattivi, maleducati e cafoni (oibò!)
Sarebbe facile screditare questa ennesima
campagna di (preteso) discredito con cui la classe dirigente in decadenza cerca
di arrestare il volgere degli eventi, tutt’altro che propizi a quella, quanto
favorevoli alle élite cafone. Un paio di perché – e un suggerimento (ripreso da
fonte autorevole) - vorrei comunque proporre.
Il primo: a leggere la Treccani il significato
di sovranismo è di “Posizione politica che propugna la difesa o la riconquista
della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi
alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche
sovrannazionali di concertazione”. A seguirlo,
bisogna cominciare con lo svalutare del tutto il nostro Risorgimento, e buona
parte della storia moderna. I costruttori dello Stato nazionale italiano (da
Cavour a Garibaldi, da Vittorio Emanuele II a Mazzini), forse non erano dei
damerini (il Savoia era anche un po’ grossier)
ma sicuramente non avrebbero acconsentito – il Piemonte prima, l’Italia poi tanto
da fare quattro guerre all’uopo – che in nome di qualche idea, si fosse limitata
l’indipendenza dell’Italia. Se per Metternich l’Italia era un’ “espressione geografica” per loro era
una comunità politica. E per esserlo
doveva avere l’indipendenza (dalla volontà) e dagli interessi di altre potenze
(e popoli). Del pari non avrebbero mai preteso di occupare Vienna, Praga,
Lubiana o Zagabria (tant’è che neppure con lo sfascio dell’Impero asburgico lo
fecero), neppure con la giustificazione di qualche ideale cosmopolita. Dato
che, a ben vedere, il cosmopolitismo rientra nella classe delle alternative al
patriottismo.
La seconda: le più interessanti e centrate
definizioni di ciò che è la libertà, politica in specie, l’ha date S. Tommaso.
Come ho scritto in un precedente articolo per
Rivoluzione liberale (Sovranismo e libertà politica) l’Aquinate sosteneva che è
libero chi è causa di se (del suo): liber
est qui causa sui est; e per chiarire ulteriormente definiva servo chi è di altri (servus autem est, qui id quod est, alterius est).
Applicando queste due asserzioni di S. Tommaso
non sono né libere, né comunità perfette quelle che giuridicamente e
politicamente dipendono da altri e pertanto non hanno la piena disponibilità di
determinare i propri scopi né i mezzi per conseguirli.
Per cui liberarsi da quella condizione di dipendenza è il requisito minimo per
poter decidere del proprio destino. L’inverso è sopportare che lo decidano gli
altri: come spesso capitato nella recente storia nazionale. Dato che né Di Maio
né Salvini vogliono occupare, neppure Tripoli e Tirana, ma solo evitare di subire
troppi condizionamenti in casa nostra, non sono dei pericolosi aggressori e
guerrafondai.
Ciò stante passiamo al suggerimento.
Diceva Vittorio Emanuele Orlando in un famoso
discorso pronunciato alla Costituente, chiedendo che l’assemblea non ratificasse
il Trattato di pace: “considerate almeno questo lato della decisione odierna,
il significato di questa accettazione, che avviene in un momento in cui essa
non è necessaria; onde il vostro voto acquista il valore di un’accettazione
volontaria di questa che è una rinuncia a quanto di più sacro vi è stato
confidato dal popolo quando vi elesse: l’indipendenza e l’onore della Patria…
Questi sono voti di cui si risponde dinanzi alle generazioni future: si
risponde nei secoli di queste abiezioni fatte per cupidigia di servilità”.
Seguendo l’indicazione del Presidente della
vittoria, non sarebbe il caso di cominciare a chiamare gli anti-sovranisti, mutuando
l’espressione di Orlando: “servilisti”?
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro
Klitsche de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (
http://www.behemoth.it/ ). Tra
i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di
Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).