A proposito dell’ editoriale di Ernesto
Galli della Loggia
Gli italiani hanno un nemico? Sì, se stessi
Secondo
Ernesto Galli della Loggia serve una rifondazione. Occorre una nuova classe dirigente capace di condividere valori comuni, patriottici. Insomma, in grado di sedere intorno a un tavolo senza litigare, in nome di un'idea di patria condivisa da tutti(*).
Cosa dire? Che Galli della Loggia non ha torto. Tuttavia l'idea di patria - e per riflesso di classe dirigente (che non è solo continuità delle strutture amministrative) - non si costruisce a tavolino. O meglio, un mezzo tavolino serve. Anzi è servito: si pensi al romantico spirito di nazione che gli storici considerano alle origini dei processi
di unificazione e indipendenza, di
Belgio, Grecia, Italia e Germania. Dopo di che però, le classi dirigenti, si
accorsero che bisognava “fare”, come da noi, gli italiani. E le cose si fecero più difficili.
Diciamo
che in oltre un secolo, tentarono prima i liberali, che vinsero varie guerre - segno di solidità patriottica - (in particolare la Terza
e la Quarta Guerra d’Indipendenza, quest’ultima nell'album di famiglia liberale corrisponde alla Prima Guerra Mondiale), cementando la patria. Dopo di che, i fascisti, in nome non dello spirito di
nazione ottocentesco (di patria se si vuole, buono diciamo), bensì di un bellicismo nazionalista, cattivo, all’ultimo
stadio, distrussero tutto, dividendo l’Italia: consegnandola prima all’oppressore nazista, poi, dopo una guerra civile, a due
partiti, nel quadro di "una restaurazione armata della pace democratica", per dirla con Giano Accame. Partiti - Dc e Pci - che di spirito patriottico, ne
nutrivano poco, perché eredi dell' universalismo cattolico e marxista. Perciò, anche a causa, ripetiamo, dell’overdose di nazionalismo fascista, il tentativo di fare gli italiani, pur promosso (a parole) da questo o da quello, venne accantonato. Per inciso (a proposito di una recente dichiarazione del Presidente Mattarella, assai avventata), il patriottismo ottocentesco, con i nostri guai e in particolare con la demenza sovranista, c'entra come i cavoli a merenda.
Sicché, nel secondo dopoguerra, si
formò, intorno allo sviluppo economico, elevatissimo, il nuovo consenso degli italiani, fondato però su un rapporto di scambio tra obbedienza politica e libertà economica, tra ordine e disordine, tra mano visibile (dello stato) e mano invisibile (del mercato).
Diciamo che il mix ha funzionato, anche benino, ben lubrificato dall' olio assistenzialista e della corruzione, fino a Tangentopoli. Dopo di che, all’universalismo democristiano e comunista
si è sostituito il nulla. Né
patria, né universo mondo. Si è provato con l’Europa, ma neppure in questo
caso la scelta ha funzionato.
Tuttavia, una volta venuto meno l’ alto tasso crescita, per ragioni esogene (globalizzazione) e endogene (alto costo del lavoro, bassa
produttività), è venuta a mancare la materia prima della redistribuzione: i soldi.
Perciò
che cosa è successo? Semplificando al
massimo: un popolo di estranei, o quasi, costretto a tirare la cinghia, si è ritrovato
a litigare su tutto.
Ora, parlare di formazione di una classe dirigente,
intorno a un’idea comune, come sostiene Galli della Loggia - e dispiace riconoscerlo - resta più difficile oggi che centocinquanta
anni fa. Anche perché, per colpa del nazionalismo fascista e dell’universalismo
catto-marxista, non c’è in circolazione
una-idea-una dell’Italia condivisa da tutti.
Inoltre, come Galli della Loggia, sicuramente saprà, affinché un’idea penetri e informi di sé un’entità
politica, occorrono secoli e secoli. Si tratta, tra l'altro, di un processo spontaneo, per
giunta con alti e bassi, come mostra la storia di antiche nazioni (Gran
Bretagna, Francia, Spagna). E noi, italiani, abbiamo addirittura perso tempo
prezioso, negando - o enfatizzando che è la stessa cosa - qualsiasi collante identitario.
Si
rifletta un momento. Su quali idee-forza si punta in questi giorni per unire
egli italiani? Il Reddito di Cittadinanza, una misura puramente
economico-assistenzialistica, di marca catto-comunista. E l’odio immotivato per lo straniero, solo perché è tale, di
origine fascista. Detto in breve: universalismo welfarista e particolarismo
razzista. Nessun autentico spirito di patria, solo calcoli per andare in
pensione prima o paura di essere
derubati. Insomma, il conto corrente come unica fonte di identità.
Certo,
è vero, che in politica ci si unisce sempre contro un nemico. Ma il nemico
deve essere reale, non reinventato a tavolino. Fascismo e comunismo, reinventarono,
per poi andare a fondo, seppure secondo tempi e modalità diverse. Per contro, liberalismo
e democrazia, affrontarono un nemico
vero, e vinsero.
Allora, concludendo, quale potrebbe essere, oggi, il nemico vero degli italiani? Crediamo che, forse, i nostri concittadini debbano guardare dentro se stessi.
Carlo Gambescia