lunedì 14 maggio 2018

Mattarella, Salvini,  Di Maio
L’arte del non governo




Tranquilli. Il problema non è il colpo di stato che non c’è stato (pardon per il bisticcio) e che  non ci sarà di Mattarella,  ma che questo governo, il governo verde-oro (sembra una marca di tè), una volta  entrato in carica  (sempre, se ce la farà...),  avrà davanti a sé due strade:  1) mantenere le promesse (anche quella a minor contenuto di stupidaggini, non di denari pubblici però) "consacrate"  nel cosiddetto contratto programmatico, mandando a picco l’Italia, entro sei mesi un anno, un anno e mezzo; 2) lasciare che tutto affondi, giorno dopo giorno,  nella palude del potere  contrattato (che però sempre potere è), nel viavai di accuse reciproche,  eccetera, eccetera.   Tipico  esercizio di quella  che il professor Craveri, in un bellissimo libro, definisce "l'  arte del non governo".  Sicché, a un ritmo accidentato ma lento, anche un governo, per così dire, twinings,  può durare più a lungo, persino  una legislatura. O quasi.
In  entrambi  i  casi però,   i conti peggioreranno,  i mercati balleranno sui nostri titoli pubblici, l’Europa si incazzerà (pardon) e ovunque (quindi non solo in Europa) continueranno a trattarci  come gente inaffidabile. 
Dicevamo di Mattarella.  Il Presidente della Repubblica non va visto come  al di sopra del gioco,  o per contro come  un golpista.  Il Nostro,  esercita solo  l’arte del non governo,  come  del resto Salvini e Di Maio, arte  che può essere riassunta così:  governo pur che sia, tanto dopo - si pensa -  non succede un cazzo (aripardon).  Inzeppando i discorsi  di parole e frasi   altisonanti:  tipo il bene comune, la  sicurezza del cittadino, la  lotta alla povertà, i fondamentali bisogni delle famiglie, e così via.  Insomma,  diciamola tutta: qui non è in corso, nessun attentato alla Costituzione più bella del mondo.  Anche perché la famigerata volontà popolare, grazie (si per dire) a una pessima legge elettorale,   non ha espresso un bel niente.
Mattarella, invece di perdere due mesi in consultazioni alla camomilla,  avrebbe dovuto imporre  un governo del Presidente, o magari lasciare in piedi Gentiloni, tenendolo sotto la sua ala,   con due soli scopi principali: legge di bilancio e legge elettorale maggioritaria.  Per poi sciogliere le Camere a gennaio 2019  e andare al voto.  
Perché non l'ha  fatto? Per la semplice ragione - ripetiamo -   che  Prima, Seconda e Terza Repubblica riflettono, a partire proprio dalle istituzioni (anche personificate, eccetera, eccetera), quella che è la realtà profonda italiana:  l' arte del non governo. Quella che il mio portinaio chiama “il tirare a campare”,  per capirsi.
L’Italia, in qualche misura, è la prova vivente dell’esistenza della mano invisibile teorizzata da Adam Smith, nel senso che in settant’anni il paese è cambiato e cresciuto  nonostante la paralisi politica, i libretti dei sogni di certi politici (ultimo quello di 5 Stelle),  gli intellettuali piagnoni e anticapitalisti, le mazzette, il terrorismo, mafia e camorra.  È cresciuto, contro tutti e tutto.   
Bisognerebbe  scrivere la storia  dell’antipolitica buona,  anzi dell' a-politica,  dell’Italia che “lavora” e non si lamenta. Che non c’entra nulla  con la antipolitica cattiva, degli invidiosi e dei falliti. Tutta gente che  vota contro, senza sapere perché,  tendendo però  la mano.  E che manda in Parlamento -  perché costoro, ripetiamo,  votano -    quelli del “Venghino, Signori, Venghino”, come Salvini e Di Maio.       
Per contro, la cosiddetta area del non voto attesta che molti italiani vivono benissimo  senza doversi occupare di  politica.  Certo, c’è una controindicazione. Quella del lasciare spazio alla politica del tirare a campare e dei venditori di fumo virtuista. Quelli che promettono ciò che non si può mantenere per comprarsi un biglietto vincente alla lotteria della stupidità democratica.   Politica,  che l’ Europa, ora, giustamente,   ha messo in discussione.
E qui torniamo a Mattarella, Di Maio e Salvini che non hanno capito che l’Europa vuole governi funzionanti non del tirare a campare.  Cioè, forse  lo hanno capito, però puntano a imbrogliare le carte.
Si chiama arte del non governo. Altro che colpi di stato.   Che dire?  Massì, continuiamo a farci del male…

Carlo Gambescia

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