A
proposito di “governi neutri”...
Il Presidente della Repubblica regna e governa
di Teodoro
Klitsche de la Grange
L’espressione di Mattarella, che avrebbe
propiziato la soluzione della crisi nominando un governo neutro, può essere valutata in due modi.
Il primo, che il Presidente, uomo prudente, non
si sente più di usare l’espressione di governo “tecnico”, dato che il pensiero
degli italiani corre subito al governo Monti, di certificata impopolarità. E
quindi occorre trovare un altro termine per designare (e rendere meno
indigesto) un governo che non sia frutto di un accordo – il quale non appariva possibile
– tra i partiti.
La seconda è che quel “neutro” si riferisca a
qualcosa che – anche se spesso dimenticato è (importante) e ricorrente nella
teoria dello Stato e della politica, in particolare dello Stato borghese di
diritto; e, inoltre, la neutralità ha diversi significati, sia se riferita al
diritto internazionale che al diritto pubblico interno.
Quanto alla teoria del potere neutro (riferita
al capo dello Stato) è nata dalla concezione di Constant e si basa sul fatto
che, in uno Stato borghese. quindi fondato sulla distinzione dei poteri
(Montesquieu) non ce n’è uno (dei tre “classici”) che li coordini. Mentre è
necessario che vi sia, onde assicurare coerenza
nell’azione. Col progredire dello Stato monarchico – rappresentativo – in Stato
democratico, assunse un secondo significato, prevalente, del potere neutro per non essere direttamente
coinvolto nella lotta per il potere, tra più partiti che si contendono il voto
popolare (senza escludere la “neutralità” nei confronti di altre
divisioni/contrapposizioni di una società pluralista).
La difficoltà nel passaggio dalle monarchie
costituzionali (o parlamentari) del XIX secolo alle Repubbliche del XX
consisteva nel fatto che, il monarca era tale per successione ereditaria,
quindi non accedeva alla carica per aver prevalso nella lotta per il potere, e
quindi era credibile come “neutro” (estraneo) a quella. Diversamente i capi di
Stato delle Repubbliche, (parlamentari o presidenziali) erano stati (e sono)
tutti eletti o dal corpo elettorale o dal Parlamento e quindi meno credibili
come “neutri”.
Ancor più la neutralità del capo dello Stato
andava coniugata anche alla massima per cui il “re regna, ma non governa” per
cui la estraneità (e irresponsabilità) del monarca e del Presidente della
Repubblica rispetto alla lotta politica era collegata al fatto che altri organi
dello Stato avessero la potestas
(cioè il potere) di governare così come la posizione di terzo neutrale (rispetto anche all’esercizio del potere) era da ciò
confermata.
Data questa premessa è difficile immaginare nel
frangente politico odierno un governo “neutro” a meno di non voler considerare
il Presidente della Repubblica come “emanante” neutralità.
In primo luogo, perché il governo, avendo il
potere e la relativa responsabilità, non è affatto credibile come estraneo alla
lotta e all’esercizio del potere. Anzi sarebbe assurdo che lo fosse e ancor più
che non lo esercitasse. Proprio la necessità di avere un governo è la ragione
delle numerose (e fondate) deprecazioni sul fatto che, a distanza di due mesi,
ancora un governo (designato in base e in conseguenza alle consultazioni del 4
marzo) non l’abbiamo.
D’altra parte il carattere (e la forza) degli
organi costituzionali “politici” (non neutri)
e dotati di potere di governo è data dal consenso e quindi dalla responsabilità
nei confronti del popolo, almeno nelle democrazie.
Il che impone che siano in sintonia con la
volontà popolare espressa nelle elezioni da cui sono stati designati, sia
dirette (il parlamento) sia indirette (il governo attraverso la fiducia delle
camere). Persa la sintonia con la volontà popolare i poteri politici perdono la
loro maggiore forza. Tant’è che, a riprova di ciò, il governo “tecnico” di
montiana memoria era ridotto a fare i “compiti a casa”, sotto dettatura dei
poteri forti nazionali e (ancor più) internazionali. Come tanti altri, nella
storia, trovatisi in situazioni simili, che erano forti con i deboli e deboli
con i forti. E perciò non avevano né funzione né durata.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro
Klitsche de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (
http://www.behemoth.it/ ).
Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il
salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).