Corsi e ricorsi,
da Vittorio Emanuele III a Sergio Mattarella
"Dura minga, dura no"
Vorremmo richiamare l’attenzione dei
lettori sul rapporto Demos 2017 sugli
italiani e lo stato, l’ultimo, dove si
legge che,
"oggi, quasi metà dei cittadini pensa che i
partiti non servano. Che la democrazia possa farne a meno. Perché i partiti e i
politici sono corrotti. Quanto e anche più che ai tempi di 'Tangentopoli'. E se una larga maggioranza di italiani (62%) crede
ancora che la democrazia sia preferibile a ogni altra forma di governo, si
tratta comunque di una componente in calo costante. Rispetto a dieci anni fa:
10 punti in meno. Così non sorprende, ma preoccupa anche di più, che quasi 2
italiani su 3 ritengano che oggi il Paese dovrebbe essere guidato da un 'uomo forte'. Un sentimento comprensibile, vista la sfiducia verso le
istituzioni pubbliche e verso i soggetti politici. Eppure, a maggior ragione,
inquietante. Tanto più se ci voltiamo indietro. A ripercorrere la nostra
storia. A riflettere sul nostro passato." (*)
Se le cose stanno così,
perché meravigliarsi della vittoria - il 4 di marzo - dei due partiti più antipolitici in assoluto? E che per giunta ora potrebbero governare
insieme? Non per niente la stessa indagine ci dice che in testa alle
preferenze degli italiani ci sono Papa Francesco, un autocrate, o
comunque un “politico” eletto non democraticamente, e l’Arma dei Carabinieri,
una polizia militare, distinta da una ferrea disciplina di natura gerarchica,
l’esatto contrario di una democrazia
che mette tutti i cittadini, quanto meno formalmente, sullo stesso piano.
Ora non riteniamo sia il
caso di approfondire il fatto se questo atteggiamento antipolitico sia giustificato o meno, soprattutto nel senso della fondatezza a livello percettivo della corruzione in un paese dove la metà dei cittadini difende l' evasione fiscale. Quel che invece riteniamo interessante sottolineare è come l’Italia sia oggi attraversata da forti
pulsioni autoritarie. Quanto meno, tra quei cittadini che
nella cabina elettorale
scelgono l’autoritarismo
populista. Che, come noto, inneggia alla
democrazia diretta, quindi a un sistema politico plebiscitario senza partiti. Parliamo di più del cinquanta per
cento tra coloro che votano.
Sicché, ecco il punto, dinanzi al rischio autoritario quale potrebbe essere l’atteggiamento delle forze
politiche responsabili? Dal momento che “l’equazione corruzione = partiti
politici” è praticamente inverificabile?
E che quindi non siamo davanti a una questione giudiziaria, ma
sociologica? Che concerne la rappresentazione mediatica manichea e fuorviante dei partiti politici
agli occhi dell’opinione pubblica? Quale antidoto al veleno populista? Che
cosa potrebbero fare le forze liberaldemocratiche?
In primo luogo, isolare nel dibattito pubblico le forze populiste, senza scendere sul loro
terreno, cioè va respinta
la retorica populista dell’intransigenza. Va loro negata qualsiasi patente di legittimità. La parola è brutta, ma rende bene l'idea: ghettizzarle. Staccare la spina, non rispondere mai o peggio rilanciarne le provocazioni. La politica seria deve ritirarsi dai Social: non inseguire mai l'ultimo twitter dell'ultimo stupido populista. Fare un passo indietro.
In secondo luogo, i mass media, dovrebbero concorrere tutti insieme, sentendolo come dovere civico, in quest’opera di razionalizzazione del linguaggio e, punto fondamentale, di ricomposizione del dibattito politico intorno
a una retorica della transigenza e della moderazione, l'esatto opposto dello stile paranoico in politica, tipico dei missionari e profeti del mondo eticamente puro e perfetto.
In terzo luogo, la magistratura, nella sua autonomia, dovrebbe respingere qualsiasi tentativo di politicizzazione al suo interno, soprattutto in chiave populista, e in particolare delle attività giudicanti. Quindi riserbo, cautela e severità, fino all'espulsione, con i magistrati politicizzati.
In terzo luogo, la magistratura, nella sua autonomia, dovrebbe respingere qualsiasi tentativo di politicizzazione al suo interno, soprattutto in chiave populista, e in particolare delle attività giudicanti. Quindi riserbo, cautela e severità, fino all'espulsione, con i magistrati politicizzati.
In quarto luogo, le forze
antipopuliste dovrebbero coalizzarsi, anche in Parlamento, per varare una legge
elettorale in grado di ridurre ai minimi termini l’offensiva populista. La democrazia rappresentativa va protetta dai suoi nemici populisti. A ogni costo.
Certo, se come sta accadendo in questi giorni, invece di opporsi, soprattutto tra le più alte cariche istituzionali, a cominciare dal Presidente Mattarella, si favorisce la nascita di un governo populista, il
rischio è quello di assecondare le pulsioni autoritarie che pericolosamente attraversano l’Italia
in lungo e in largo.
Secondo alcuni osservatori, si tratta di un rischio calcolato,
perché non nascerà alcun governo populista, e se nascerà,
durerà pochi mesi. Può darsi.
Però - fatte
le debite proporzioni - si disse la stessa
cosa di Mussolini. Corsi e ricorsi? Per dirla banalmente con Vico? Mah... Allora al Quirinale, c’era il Re: “Dura minga, dura no”. E invece…
Carlo Gambescia
(*) http://www.demos.it/a01472.php . Curato da Ilvo Diamanti.