Per andare oltre l' addio del capitano della Roma
Le lacrime di
Totti
di Fabrizio
Borni
Se a pochi giorni dall'ultima partita di Francesco Totti ancora
si parla di lui, della sua lettera, di uno stadio pieno, degli occhi lucidi dei
tifosi vuol dire che Totti non era uno come gli altri, ma soprattutto Totti è
un uomo fuori epoca e per questo il suo addio è stato un evento vero che ha
commosso milioni di persone.
Quanti trofei abbia vinto, o quanti milioni
abbia guadagnato è nulla rispetto ad una cosa che nel calcio di oggi è
semplicemente una cosa improponibile. Venticinque anni con la stessa maglia
dicendo no a lusinghe di grandi club inglesi e ai corteggiamenti della Spagna,
anzi del Real Madrid, che insieme al Barcellona è il calcio spagnolo, europeo e
mondiale.
In un'epoca in cui non ci si commuove più di
fronte a niente, dove si cena e si beve un bicchiere di vino mentre a tavola i
ragazzi chattano col cellulare e la televisione mostra il volto di una bimba
uccisa dall'ennesimo pazzo estremista convinto di andare in paradiso, molti si
scandalizzano e si indignano verso chi ha pianto per l'addio di Totti o contro
le lacrime dello stesso. Un milionario che ha avuto tutto dalla vita e che ha
tutto piange come un bambino perché non tirerà più calci ad un pallone.
Quelle lacrime vanno però spiegate.
Si piange anche all'isola dei famosi, nelle
stanze del grande fratello, nel privato del confessionale davanti a milioni di
persone. Si, si piange, ma per cosa?
In questi casi per scena, per inadeguatezza,
per audience... è finzione; nel caso di Totti si piange per commozione. E'
un'altra cosa.
Ci si commuove perché finisce quel legame,
quell'esempio di appartenenza, quella fede, in cui tutti hanno bisogno di
credere e che solo in pochi casi è manifesta.
Totti è Roma. Lo è nella sua parlata, nel suo
sorriso, lo è nel suo modo di esprimersi e di essere simpatico senza saper far
nulla di particolare se non giocare a pallone. Totti è Roma nella sua
fisionomia, nel suo naso, il suo mento, il volto tipico di uno dei tanti Cesari
scolpiti nel marmo nei musei capitolini. Totti è semplice, ride e fa ridere
perché accetta i suoi limiti e ne fa una caratterizzazione unica e personale;
ma Totti è anche un padre che abbraccia i suoi figli, che vuole essere loro da
esempio, che ne è idolo e per i quali ha delle responsabilità.
Sento e leggo: “C'è da piangere per cose
vere...altro che per Totti”, ma Totti è qualcosa di vero, forse l'unica cosa
vera che la gente conosce perché per il resto forse la verità non la saprà mai
nessuno.
Nel suo discorso ha detto una cosa: “Ho paura”.
Cosa che in pochi sanno comprendere. Si può aver paura quando nella vita hai
avuto tutto? Quando sei ricco? Quando hai tanti amici? Si, si può aver paura e
dirlo non è facile.
Si ha paura perché quando finisce un ciclo che
credi non debba finire mai (e spesso cerchi di autoconvincerti di questo), non
sai cosa accadrà. Si può avere paura anche di perdere il consenso, il successo,
gli amici e quanti, quanti di voi non hanno paura. Quanti di voi, sinceramente,
non hanno paura di non essere più “visibili”; di perdere delle amicizie
virtuali e con loro i tanti mi piace che sottolineavano un selfie, una foto
chissà dove.
Non si pensi che i soldi sistemano tutto,
perché come ho già scritto, di ricchi infelici e stupidi ce ne sono a migliaia.
“Ma si può piangere per uno che va in
pensione?” diceva oggi un signore al bar.
Che visione mediocre.
Ciò per cui si piange è la fine di un ciclo, di
una storia. Di un qualcosa che ha fatto la differenza in un epoca in cui tutto
è effimero e non ci si “attacca” più a nulla. In un'epoca dove tutto è dovuto e
nel calcio il dio denaro fa diventare molti giocatori “puttane” delle maglie
colorate. Dove il ciclo di un calciatore in una squadra dura in media tre anni.
Totti è stato fedele, non ha ceduto e non lo ha
fatto per il suo amore per Roma, per i suoi tifosi e per la sua squadra, non è
forse questo un esempio da seguire?
Quanti sono i politici rimasti fedeli al loro
simbolo negli ultimi 25 anni? Quanti sono i calciatori? Quanti le mogli o i
mariti, quanti i manager di multinazionali o di banche.
Fedeltà ad un colore, ad una bandiera ecco cosa
ha scatenato la commozione in quella gente, in quei bambini, in quei tifosi
venuti da ogni parte del mondo per festeggiare una fine in gloria di un esempio
di lealtà. Perché tutto prima o poi ha una fine, ma mai come in questo caso,
una fede, non religiosa, è durata così a
lungo.
Fabrizio Borni
Fabrizio Borni, manager,
docente, scrittore, presidente dell'Anpoe (Associazione Nazionale
Professionale tra Produttori e Organizzatori di Eventi - http://www.anpoe.it/ ). Qui le sue recenti
pubblicazioni:http://www.lafeltrinelli.it/libri/fabrizio-borni/1052864