Il veto del Centro italiano di psicologia analitica all’intellettuale di Bisceglie
Marcello Veneziani, vittima del pensiero unico?
Sì, del suo…
Marcello Veneziani, intellettuale di punta della destra
reazionaria, quella che soffre di torcicollo, ha raccontato a
“Libero” di aver subito la censura della Cipa,
un’associazione di psicoanalisti italiani, matrice junghiana, che
gli avrebbe impedito di presentare il suo ultimo libro,
dedicato al mito, a lato di un evento organizzato, sempre dalla
Cipa, nella città di Siracusa (1).
Gli psicoanalisti, all’inizio solo sette, poi più numerosi, come
si legge, avrebbero addotto che Veneziani " è un ideologo dell' estrema
destra, influenzato dal pensiero di Julius Evola, interprete di una retorica
dogmatica che si colloca agli antipodi della ricerca scientifica in psicologia
analitica" (2).
Perché usiamo il condizionale? Al di là della stampa
di destra, soprattutto neofascista, manca una versione della vicenda,
come dire, trattata in termini neutralmente affettivi, per
buttarla sul sociologhese. Però, comunque stiano le cose, Veneziani ha ragione.
Non perché non sia un “ideologo dell’estrema destra”,
“interprete di una retorica dogmatica” ( sulla sua "reale"
conoscenza di Evola, sospendiamo invece il giudizio), bensì perché
in una società aperta non si può, anzi non si deve, negare la parola a
nessuno, neppure a un untorello fascista.
Untorello? Forse siamo troppo duri con l’ex consigliere Rai?
No. Veneziani, nei suoi libri, ultimo quello sul mito, riprende e
ripete a pappagallo, uno per uno, tutti gli stilemi concettuali
- la dogmatica insomma - della “tentazione fascista”, così ben
individuati da Tarmo Kunnas (3). Veneziani non “schioda”, se ci si
perdona l'espressione, da quella melmosità culturale che
ritroviamo inevitabilmente alle fonti insalubri del fascismo e del
nazismo: l’ irrazionalismo, l’anti-materalismo morale, la negazione del
progresso, l’idea di decadenza, l’anti-liberalismo nel nome di una specie di
socialismo di destra, il disprezzo per l’ideologie, il culto per
l’azione, l’anti-egualitarismo, la deificazione dello spirito
comunitario e altro ancora.
Si dirà, cosa del resto condivisa da Kunnas, che sono
stilemi non esclusivamente fascisti. Giusto. Infatti, come si evince da
una montagna di studi, in principio il verbo era il tardo
romanticismo, il più volgare e riduttivo. Una involuzione, come spiegò
bene Carl Schmitt, che condusse inevitabilmente all’ occasionalismo
politico. Tradotto: il tardo ribelle romantico, prigioniero dei suoi miti,
finisce sempre per salire sul primo treno politico che passa, non importa
se quello sbagliato, basta che ideologicamente sia diretto a tutta velocità
verso una città popolata di mitici eroi e guerrieri, agli antipodi del mondo vigliacco e venale abitato dal mercante borghese. Insomma, mai lasciarsi sfuggire
l'occasione: ieri rappresentata da fascismo e nazismo. E probabilmente oggi pure.
Del resto non è assolutamente sorprendente che il prolifico Veneziani, a proposito di “eroi”, non abbia mai dedicato un bel tomo,
visto che si dice studioso del mito, alle leggi razziali italiane del
1938. Misure che recepirono - come non si sono mai, tristemente, stancati di ripetere fascisti e neofascisti - un razzismo, costruito intorno al mito spiritualistico, non
biologistico della razza. Probabilmente, Veneziani ha evitato di dedicare un libro all’argomento a causa di una insormontabile
difficoltà. Quale? Spiegare come mai il razzismo italiano, sebbene spiritualistico e popolato di mitici eroi italici,
abbia comunque dato il suo contributo allo sterminio biologico degli ebrei per mano degli altrettanto
mitici eroi (e camerati) delle SS. Un silenzio che però ha permesso a Veneziani di
continuare a trastullarsi con l'immaginario dogmatico della "tentazione fascista". Quindi - attenzione, il punto è importante - non con il mito in quanto tale, ma con il mito filtrato attraverso lo stilema della "tentazione fascista". Con tutte le conseguenze negative del caso: i famigerati conti con un passato che non vuole passare mai. E qui si pensi agli enormi danni culturali che Veneziani continua a provocare all’interno dell' ambiente post-aennino, sul quale il “ciclone” berlusconiano (nel bene e nel male) sembra non aver lasciato alcuna traccia: per colpa, anche, di Veneziani (ma per quella subcultura è un merito...), le parole d'ordine sembrano essere rimaste quelle di sempre.
In realtà, Marcello Veneziani ci fa pena. Perché? Se è vero che è
vittima del cosiddetto pensiero unico, si tratta del suo... È veramente
patetico atteggiarsi a perseguitato, addirittura a capro espiatorio
del sistema del “politicamente corretto”, senza aver mai condannato il
“totalitariamente corretto” nazi-fascista. Una catastrofe epocale, altro
che il birignao degli analisti di Siracusa verso un ex
consigliere della Rai...
Carlo Gambescia
(3)
T. Kunnas, La tentazione fascista,
Akropolis 1981.