sabato 13 maggio 2017

Il  veto del  Centro italiano di  psicologia analitica all’intellettuale di Bisceglie
Marcello Veneziani, vittima del pensiero unico? 
Sì, del  suo…


Marcello Veneziani, intellettuale di punta della destra reazionaria, quella che soffre di torcicollo,  ha raccontato  a  “Libero”  di aver subito la censura  della Cipa,  un’associazione di psicoanalisti italiani, matrice junghiana,  che  gli  avrebbe impedito di presentare il  suo ultimo  libro, dedicato al mito,  a lato  di un evento organizzato, sempre dalla Cipa, nella città di Siracusa (1).
Gli psicoanalisti, all’inizio solo sette, poi più numerosi, come si legge, avrebbero  addotto che Veneziani " è un ideologo dell' estrema destra, influenzato dal pensiero di Julius Evola, interprete di una retorica dogmatica che si colloca agli antipodi della ricerca scientifica in psicologia analitica" (2).
Perché usiamo il condizionale?  Al di là  della stampa di destra, soprattutto neofascista, manca  una versione della vicenda, come dire,  trattata in termini  neutralmente  affettivi, per buttarla sul sociologhese.  Però, comunque stiano le cose, Veneziani ha ragione.  Non  perché  non sia un “ideologo dell’estrema destra”,  “interprete di una retorica dogmatica” ( sulla sua "reale" conoscenza di  Evola, sospendiamo invece il giudizio),  bensì perché in una società aperta non si può, anzi non si deve,  negare la parola a nessuno, neppure a un untorello fascista.  
Untorello? Forse siamo troppo duri con l’ex consigliere Rai? No.  Veneziani,  nei suoi libri, ultimo quello sul mito, riprende e ripete a pappagallo, uno per uno,  tutti gli stilemi concettuali  -  la dogmatica insomma -   della “tentazione fascista”, così ben individuati da Tarmo Kunnas (3). Veneziani  non “schioda”, se ci si perdona l'espressione,   da  quella melmosità culturale che ritroviamo inevitabilmente alle fonti insalubri del  fascismo e del nazismo: l’ irrazionalismo, l’anti-materalismo morale,  la negazione del progresso, l’idea di decadenza, l’anti-liberalismo nel nome di una specie di socialismo di destra, il  disprezzo per l’ideologie,  il culto per l’azione, l’anti-egualitarismo, la deificazione  dello spirito  comunitario e altro ancora.
Si dirà, cosa del resto condivisa da Kunnas,  che sono stilemi non esclusivamente fascisti.  Giusto. Infatti, come si evince da una montagna di studi,  in principio il verbo era il  tardo romanticismo, il più volgare e riduttivo. Una involuzione, come spiegò bene Carl Schmitt,  che condusse  inevitabilmente all’ occasionalismo politico. Tradotto: il tardo ribelle romantico, prigioniero dei suoi miti,  finisce sempre per salire sul primo treno politico che passa, non importa se quello sbagliato, basta che ideologicamente sia diretto a tutta velocità verso una città  popolata di mitici eroi e guerrieri, agli antipodi  del mondo vigliacco e venale abitato dal mercante borghese. Insomma, mai lasciarsi sfuggire l'occasione: ieri rappresentata da  fascismo e nazismo.  E probabilmente oggi pure.             
Del resto non è assolutamente sorprendente che il prolifico Veneziani,  a proposito di “eroi”,  non abbia mai dedicato un bel tomo, visto  che si dice studioso del mito, alle leggi razziali italiane del 1938.  Misure che recepirono - come non si sono mai, tristemente, stancati di ripetere fascisti e neofascisti - un  razzismo, costruito intorno al mito spiritualistico, non biologistico della razza. Probabilmente, Veneziani  ha evitato di dedicare un libro  all’argomento a causa di una  insormontabile difficoltà. Quale?  Spiegare come mai il razzismo italiano, sebbene spiritualistico e popolato di mitici eroi italici,  abbia comunque  dato il suo  contributo  allo sterminio biologico degli ebrei per mano degli altrettanto mitici eroi (e camerati) delle SS.   Un silenzio che però ha permesso a  Veneziani di continuare a trastullarsi con l'immaginario dogmatico della "tentazione fascista". Quindi - attenzione, il punto è importante -  non con il mito in quanto tale, ma con il mito filtrato attraverso lo stilema della "tentazione fascista".  Con tutte le conseguenze negative del caso: i famigerati conti con un passato che non vuole passare mai.   E qui si pensi  agli enormi  danni culturali  che Veneziani continua a  provocare  all’interno dell' ambiente post-aennino,  sul quale il “ciclone” berlusconiano  (nel bene e nel male) sembra non aver lasciato alcuna traccia:  per colpa, anche, di Veneziani (ma per quella subcultura  è un  merito...), le parole d'ordine sembrano essere rimaste quelle di sempre.     
In realtà, Marcello Veneziani ci fa pena. Perché?  Se è vero che è  vittima del cosiddetto pensiero unico, si tratta del suo... È veramente patetico  atteggiarsi  a perseguitato, addirittura a capro espiatorio del sistema del “politicamente corretto”,  senza aver mai condannato il “totalitariamente corretto” nazi-fascista. Una catastrofe epocale,  altro che il birignao  degli analisti di Siracusa verso  un  ex consigliere della Rai...


Carlo Gambescia


(3) T. Kunnas, La tentazione fascista, Akropolis 1981.