martedì 23 maggio 2017

Alessandro Campi e la delegittimazione (a singhiozzo) del leader 
Spiegare Panebianco ai lettori del “Messaggero”…



Non sappiamo veramente cosa pensare di Alessandro Campi. E della sua  politologia scientificamente a singhiozzo:  del predico bene e razzolo male...  Ieri sul  “Messaggero” l'ex direttore di Fare Futuro, ai tempi belli di quando Gianfranco Fini era il cocco della sinistra anti-berlusconiana, ha sviluppato un impeccabile  ragionamento alla  Angelo Panebianco. 

La democrazia, stando ai manuali, è il fisiologico alternarsi al governo di leader e partiti, tutti egualmente legittimati a ricoprire quel ruolo, deciso dagli elettori. Ma cosa capita quando la parte perdente, ovvero momentaneamente all’opposizione, convinta magari di rappresentare il lato giusto della storia e i valori autentici di libertà e giustizia, non accetta il verdetto delle urne e ricorre ad ogni mezzo pur di metterlo in discussione o modificarlo? Non si rischia, delegittimando chi si trova legittimamente al potere, di inficiare la stessa procedura democratica e di alimentare la sfiducia collettiva nei confronti di quest’ultima? 


Secondo Campi  sarebbe  ciò che è capitato a  Berlusconi (appuntarsi il nome) e  sta accadendo con Trump e Renzi.  Insomma, a suo avviso,  insieme all’acqua sporca delle calunnie e dei sospetti  ad   leaderam ( ci si perdoni il latino maccheronico), si rischia di  gettare via il bambino, ossia le istituzioni  democratiche.  
Che dire? Giustissimo. Tra l'altro, si noti un'autorevolezza che sembra essere lì da sempre.  "Sembra", perché, in realtà, qualche hanno fa  il professore dell'Università di Perugia razzolava male, anzi malissimo... Il Campi, che oggi si atteggia a Panebianco,  è  proprio sicuro di non aver dato il suo contributo al debunking istituzionale  quando  era il  Sir Biss  di  Fini?   Il "Che fai, mi cacci?" non favorì forse  la “delegittimazione  di chi si  trovava legittimamente al potere”?   La pugnalata politica di Fini a Berlusconi, razionalizzata dal professor Campi, non fu forse alle origini della successiva via crucis populista che da Monti  giunge a Grillo? 
Nelle interviste e scritti successivi alla gilded age finiana,  Campi invece  risponde allineando una serie di bottiglie politologiche vuote:  che lui, di lì a un anno, si era già dissociato;  che furono  i fliellini  a non capire il grande valore di un’operazione di alta politica; che Fini doveva dimettersi da Presidente della Camera, per avere le mani libere e rifondare il centrodestra, e Berlusconi accettare gaiamente la Presidenza della Repubblica. Come se i politici  mollassero il potere a comando... Machiavelli, del quale Campi si dice cultore,  lo licenzierebbe  in tronco.   “Fired!”, per dirla con Trump.           
Farsi un esame di coscienza professore?  E magari ammettere che, pur di poter "voltolare un sasso" ministeriale, si  è  data  una  mano a confezionare il pacco regalo pentastellato?  Certo, è molto più comodo, come disse Pasolini di Brera (“Spiega Gadda al popolo”), spiegare  Panebianco ai lettori del  "Messaggero"…  Oggi però.   

Carlo Gambescia