sabato 6 maggio 2017

Domenica 7 maggio,  il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi
Il partitone anti-populista (che non va, o almeno non per sempre)




Il prossimo Presidente della Repubblica francese potrebbe essere Emmanuel Macron,   perché votato  anche  da coloro  che non si riconoscono  nella versione di sinistra del suo liberalismo. Un surplus determinante  di  voti di destra, voti moderati, democratici e liberali, voti  espressi da chi ama la patria  ma   teme lo spaventoso ritorno della retorica nazionalista e protezionista:  la stessa scabrosa  retorica alle origini della guerra civile europea, oggi rispolverata  dai movimenti populisti. I popoli hanno la memoria corta. Purtroppo.
Chi scrive, pur non essendo di sinistra, se fosse francese, domani andrebbe a  votare  Macron,  obtorto collo,  pur di evitare la vittoria dei rigurgiti maleodoranti del nazismo e del fascismo  ora confluiti sotto le bandiere del populismo sovranista. 
Non condividiamo però  la tesi di chi teorizza   - pensiamo al "Foglio" -   la scelta  non tanto del turarsi il naso quanto del fare di necessità virtù, puntando sul  discrimine, nuovo di zecca,  tra populisti e non populisti. Insomma,  non accettiamo l’assunto dell'inevitabilità del “partitone” antipopulista.   
Essere contrari a questa tesi, ripetiamo,  non significa rifiutare il  voto Macron.   Il punto  vero  è il rifiuto della logica "unionista".   Insomma,  non siamo d'accordo  sulla trasformazione di una  necessità (la convergenza elettorale, occasionale) nella  virtù (di un partito unico destra-sinistra, stabile).  Dal momento che ogni concessione alla retorica del superamento destra-sinistra, anche se a fin di bene,  rischia di tramutarsi  in  un regalo alla  formula preferita, a far tempo dalla Rivoluzione Francese, da tutti nemici della democrazia rappresentativa  e delle istituzioni liberali. 
Niente di nuovo sotto il sole, insomma: il  populismo, nasce dalla  logica romantica dei plebisciti, che, una volta disincarnata dalle istituzioni dello stato di diritto liberale,  conduce al plebiscitarismo  prima demagogico, poi dittatoriale.  Marine Le Pen in Francia,  Grillo e  Salvini in Italia  e gli altri "caporioni"  populisti  sparsi in Europa,   politicamente parlando, sono gli  epigoni  di coloro che da più di due secoli ci ripetono  che i parlamentari di destra e sinistra si assomigliano tutti, che sono corrotti dai potentati economici, che i parlamenti fanno perdere tempo,  che il popolo non ha bisogno di rappresentanti, che può autogovernarsi e che eventualmente ha solo  necessità  di esecutori onesti. Sappiamo poi come è finita con fior di populisti come Mussolini e Hitler
È una retorica, ripetiamo, molto pericolosa,  che non  è di destra né di sinistra, ma contro la destra e la sinistra insieme,  quali espressioni parlamentari (quindi anche organizzative) della democrazia liberale. Pertanto,  se è vero  che  un  attacco concentrico impone una difesa concentrica  capace di giustificare, come in Francia, la convergenza elettorale destra-sinistra contro le forze nemiche dello stato di diritto e della democrazia rappresentativa, è altrettanto vero che la stabilizzazione, non solo elettorale ma politica, di  un partito unico di  destra e sinistra,  potrebbe fare  il gioco dell’avversario populista, favorendo  la fin troppo facile  retorica  delle élites traditrici  schierate contro il popolo. 
Pertanto, domenica in Francia tutti a votare Macron. Però  con l’impegno  di tornare, già dalle prossime legislative di giugno (anche perché il maggioritario a  doppio turno francese consente l'azzeramento parlamentare delle forze eversive), alle tradizionali divisioni parlamentari tra destra e sinistra democratiche.  
Assai diverso, infine,  il discorso per l' Italia, dove invece  le forze moderate e progressiste, corrono fin troppo in proprio,  senza però disdegnare  riaggregazioni temporanee, quindi  prive di prospettive: si attende qualcosa, senza capire bene di cosa si tratti. Non c'è neppure l'idea di un Godot.  Sicché ci si balocca  con il proporzionale, le cortine fumogene delle liste bloccate e dei premi di maggioranza, rischiando di   favorire comunque i populisti. Tutto sembra essere in scala più piccola.  Invece di Macron c'è Renzi, e così via...  Salvo forse i populisti italiani, che sembrano essere  più pericolosi dei cugini  francesi.  Ma questa è un’altra storia. 

Carlo Gambescia