martedì 9 maggio 2017

Presidenziali Francesi 2017
La vittoria di Macron, tre riflessioni



Macron, come scontato, ha vinto.  Ora dovrà provare, prima ancora di svelare le sue doti, di essere capace di vincere le prossime elezioni legislative.  E per il  conseguimento di questo obiettivo potrebbe essere d'aiuto il  sistema elettorale maggioritario a doppio turno. Che, se per un  verso, potrebbe non garantirgli una maggioranza schiacciante (di qui la possibile coabitazione probabilmente con la vecchia guardia repubblicana e i socialisti moderati);  per l’altro, di sicuro, spazzerà via,   o ridurrà a poca cosa, la rappresentanza politica lepenista, (un partito da sempre fuori dell’arco repubblicano, perciò regolarmente penalizzato ai  ballottaggi,  incapace di moderare i toni, quindi riformarsi, anche perché  perderebbe riconoscibilità e voti).  
Per inciso, il sistema elettorale francese  (a sfondo semi-presidenziale), costruito apposta per penalizzare le forze estremiste, andrebbe trasposto in Italia, prima che sia troppo tardi, per ridimensionare le forze antisistemiche, a cominciare  dal M5S.  Fermo restando che, ai ballottaggi, affinché l'argine funzioni, occorre che l’idea di fronte repubblicano (il vecchio “arco costituzionale” italiano) sia condivisa dai partiti come dagli elettori. Cosa non facile da perseguire in un' Italia dove si strologa di  capilista bloccati o meno...
Per tornare a Macron,  tre riflessioni.
La prima è che finora  (escludendo il caso britannico, dove l’insularità era ed è la regola, l’europeismo l’eccezione), gli elettori  hanno mostrato di  temere  il salto buio che si cela  dietro le  violente  parole d’ordine  populiste e  fascistoidi.  Il che significa che la lezione del ’45 non è stata dimenticata. Avanti così. E Macron, con la sua proposta, chiaramente anti-populista, ne ha tratto vantaggio.  E sul punto, sempre per inciso, i moderati italiani,  in particolare i partiti di centro-destra, ma anche di centro-sinistra,  dovrebbero  riflettere, invece di farsi dettare l'agenda dai fantasmi del fascio-leghismo e dai demagoghi grillini.     
La seconda,  è che la vittoria di Macron indica che la forza politica ed elettorale del moderatismo è ancora consistente.  E per giunta in Francia, terra delle rivoluzioni. La cosiddetta  fine del discrimine destra-sinistra, tematica che ritorna nella  retorica “nuovista” dei candidati ( quasi tutti i candidati),  in realtà  confonde due cose, i sistemi politici con i metodi di governo. Nel senso che, prescindendo dalle scelte politiche (di destra o sinistra), comunque necessarie ai fini del discorso pubblico,  quando poi si va al governo si deve mediare tra interessi sociali e politici, spesso opposti. Come?  Governando “dal centro”.  Fenomeno politico, quello delle maggioranze e degli elettorati filo-governativi, che  ha accompagnato lo sviluppo delle democrazie rappresentative,  certo con frizioni, conflitti e scissioni politiche.  E Macron, partendo da sinistra ma con un programma, da subito, centrista, ne ha saggiamente tratto vantaggio. Difficile però dire,  se riuscirà nell'intento: parlare al centro senza essere di centro, non è facile, si rischia di scontentare, prima del tempo, le ali senza accontentare il centro del partito come dell'elettorato.  Però intanto Macron ha vinto.  Ciò significa  - e  quanto stiamo per dire valga per i partitini italiani di centro  -   che il centrismo non è un’ideologia ma una pratica inevitabile di governo. Che richiede gradi doti di  equilibrio. Quindi  non occorrono micro-partiti di centro, magari rissosi,  ma governi centristi,  che pur partendo da destra o sinistra,  guardino al centro nella pratica governativa. Si chiama riformismo. E di quello concreto. Vero.      
La terza riflessione riguarda la personalità politica di Macron,  tutta da scoprire. E quindi il possesso delle doti ricordate. Il nuovo presidente sarà all’altezza del compito? I giudizi su di lui  sono i più diversi, si va dal servo delle banche  al politico-filosofo. Di certo, il merito di aver saputo intercettare in meno di un anno l’elettorato moderato e governativo (in questo senso,  né di destra né di sinistra) è tutto suo.   Come del  resto non gli può essere negata  la dote  di sapersi circondare (così sembra)  di pochi ma scelti collaboratori. Quanto alla cultura (alta)  che gli si attribuisce, potrebbe essere un vantaggio (capire la complessità delle cose) quanto uno svantaggio (tentennare, rinviare, non decidere).  Governare "dal centro" non significa abusare della tecnica del rinvio, talvolta utile. Insomma, vedremo. Per ora,  concludendo, tous nos vœux!

Carlo Gambescia