La Cassazione sul pugnale sacro dei sikh:
“I migranti devono conformarsi ai nostri valori”
Una sentenza sociologica
“I migranti devono conformarsi ai nostri valori”
Come definire la sentenza della Cassazione (*) che stabilisce che “i migranti devono conformarsi ai nostri valori” ? Sociologica. Eppure, spunteranno fuori coloro che in nome di un libertarismo, sicuramente coerente ma ideologico, o meglio dottrinario, difenderanno la libertà di girare armati, portandosi dietro un coltello lungo venti centimetri. E in modo legittimo, poiché, come evidenzia il ricorrente, un sikh, residente in Italia, il kirpan (il pugnale nella foto), come il turbante, è un simbolo, e portarlo con sé costituisce l’adempimento di un dovere religioso .
Insomma, libertà religiosa for all and forever. Il che sul piano ideale è nobilissimo, senonché la questione sembra essere più complessa. Per quale ragione? Perché rinvia all'interessante contrasto tra coerenza ideologica e realtà sociale, tra libertarismo e convivenza sociale, tra filosofia politica e sociologia. Se il punto è questo, può bastare la bacchetta magica dell'etica della convinzione?
Cerchiamo di spiegarci meglio. Due sono le possibilità: se lo scopo (filosofico-politico) della vita umana è la libertà, anche
religiosa, il sikh ha ragione, se invece
lo scopo della vita umana è il perseguimento della convivenza, o pace (armistiziale) sociale, hanno invece ragione i magistrati della
Cassazione.
Attenzione,
pace sociale, non in senso assoluto (come del resto per la libertà), ma condizionale, legata insomma alle
condizioni storiche, reali. E qui va detto che dal punto di vista sociologico la coesione sui valori non implica
automaticamente la pacificazione, dal
momento che esistono interessi e status, quindi l’esclusione dei diversi non assicura
alcuna pace sociale. Non va però dimenticato che la coesione sugli
interessi non esclude le passioni, quindi i conflitti e le modalità stesse di comportamento in relazione ai valori e
agli interessi tra gli eguali: il che ha inevitabili ripercussioni sul perseguimento della pace sociale.
Conclusioni?
I giudici della Cassazione hanno privilegiato il concetto di pace sociale
rispetto a quello di libertà individuale. Insomma, gli Ermellini temono il
ruolo sociologico degli interessi e delle passioni, diffidano dell’autocontrollo umano. Si tratta della stessa logica (cautelativa) di coloro che
negli Stati Uniti, ma anche in Italia, diffidando sociologicamente del senso di responsabilità
dell’uomo, vorrebbero vietare la vendita di armi a privati. Per contro, chi difende la libertà di portare
un' arma, per le ragioni più diverse, anche religiose, confida filosoficamente, secondo il credo libertario, nel senso di
responsabilità dell’individuo.
Purtroppo, la
realtà sociologica insegna invece che l’uomo - l’uomo politico e sociale - non
è buono né cattivo: il suo senso di responsabilità, nonostante l’educazione sociale, fluttua: può avere alti e bassi. Insomma, l’uomo è imprevedibile. Di qui però, la sua
pericolosità.
L’intera
storia sociale dell’uomo - una delle
tante chiavi per interpretarla, ovviamente -
ruota intorno, alla riduzione dei
margini sociali di imprevedibilità. Di qui la necessità delle istituzioni, eccetera, eccetera. Attenzione, si parla di riduzione, non eliminazione
come invece pretendono alcuni pericolosi dottrinari. Le istituzioni, hanno sì valore "esonerativo", ma sono liberamente prodotte dall'interazione tra gli individui. Sicché, la “soppressione” totale dei margini non potrebbe non fare i conti con
l’eliminazione dei valori, degli interessi, delle passioni. E quindi delle libere interazioni individuali. Il che è
umanamente e sociologicamente impossibile. Forse lo è (possibile) filosoficamente. Dopo di che però le società si vendicano. E non solo dei dottrinari e dei "philosophes", come prova la storia sociale, soprattutto del Novecento.
Concludendo,
la decisione dei giudici della Cassazione è anti-filosofica e sociologica. Dunque, di buon senso. Giudica l’uomo per quello che è, non per quello
che dovrebbe essere.
Carlo Gambescia