A proposito delle “lacrime di Totti”
Un rito di sepoltura
L’ottimo
articolo di Fabrizio Borni sulle “lacrime di Totti”
spinge a riflettere, più a fondo, su come il carisma, variamente motivato, sia
una forza operante nelle nostre società, di regola giudicate secolari e nichiliste.
Che
l’uomo, per dirla con Pareto, tenda a associare, in termini residuali (quindi a prescindere dal contesto
storico), certi poteri di salvezza alle
virtù magiche possedute solo da alcuni
uomini è un dato di fatto. Si può parlare di un "bisogno" trans-storico. Tradotto: cambiano i tempi, ma
esiste un filo conduttore, una necessità insopprimibile, rimanente, restante (residua per l'appunto), di sacro e magico mescolati insieme, che va dal re pontefice massimo al piccolo principe Totti, passando per le virtù
taumaturgiche di capi tribù, re-sciamani, faraoni,
imperatori, monarchi e dittatori.
Gli
scienziati politici, preferiscono parlare di preferenza per il governo degli
uomini rispetto al governo delle leggi. Come osserva Max Weber, il potere carismatico è una delle forme più pervicaci e longeve di potere. Benché il campione, il cantante, l’attore, appartengano, per citare
Alberoni, alle élites senza potere, nel senso di figure pubbliche, molto
popolari, che appagano il bisogno
collettivo di carisma, senza alcuna implicazione politica diretta: politicamente innocue, se si vuole. Insomma, a Totti, si chiede la salvifica vittoria della Roma, una squadra di calcio. Tutto qui.
Il
che però rinvia, a un’altra forma residuale, il bisogno collettivo di
appartenenza: a quel sentirsi parte di qualcosa, dalla tribù al partito fino alla squadra sportiva, seguendo oscillazioni legate alla natura più o meno
secolarizzata della società e alla sua capacità di sublimare un bisogno collettivo, anche nei termini del combattere insieme. Un bisogno, quest'ultimo, che sul piano della continuità antropologica, ci riporta all’orda primitiva. Mai dimenticarlo.
Concludendo, i bisogni (o residui comportamentali) di carisma e
appartenenza spiegano il fenomeno Totti. E, di rimbalzo, le lacrime collettive, del campione e dei suoi ammiratori.
In fondo, all' Olimpico, domenica, si è celebrato un antichissimo rito di sepoltura, altro che un semplice andare in pensione... Il recinto dello stadio rinviava al sacro corpo di Totti, al suo carisma e al senso di appartenenza collettiva alla tribù dei romanisti. Si è onorato, piangendo, come antiche prefiche (paganti però, non pagate), il passaggio nell’al di là, "nell’oltre calcio
giocato", dell’Ottavo Re di Roma.
Che la
terra ( del post-calcio) gli sia lieve.
Carlo Gambescia