Il Primo Maggio dei sindacati a Portella
della Ginestra
Il complottismo della Triplice
Quando
l’Italia avrà finalmente un sindacato moderno?
Cioè che non parli di piani industriali, concertazione e
nazionalizzazioni? Ma di piani pensione
individuali, premi legati alla
produttività , partecipazione agli utili aziendali? E poi,cosa determinante,non
complottista.
Un
esempio? La scelta di “celebrare” a
Portella della Ginestra, il Primo Maggio (1).
Parliamo di una opzione altamente simbolica, in chiave complottista,
naturalmente, Una strage che nel romanzo
criminale della Storia dell’Italia repubblicana scritto dalla sinistra
comunista e post-comunista rappresenta la “madre di tutte le stragi di stato”. Sintetizzando, da Portella a Piazza Fontana,
Ustica e oltre. Un quadro a tinte fosche nel quale la sinistra fa rientrare politici, burocrati, militari, giornalisti,
intellettuali, insomma tutto coloro che dubitavano della democraticità del Pci. Per tenerli sub iudice ( e non solo in senso figurato...). Come è stato ben scritto,
“si
ebbe [in particolare negli anni Sessanta] una ripresa su larga scala della ‘cultura dell’antifascismo’, ma in un
tono crescente di recriminazione e polemica, che vedeva nel quindicennio
successivo al 1945 solo una ininterrotta involuzione antidemocratica, un
tradimento delle speranze resistenziali. Diventava egemonica una lettura della
storia repubblicana post-1947 come una serie di fallimenti e di distorsioni,
scaturite dalla volontà di tenere al margine le forze che veramente erano state
il nerbo dell’antifascismo: ne era derivata l’Italia “gaudente e volgare” del
boom economico, priva di ideali e
memorie” (2)
Argomentazione
che da politica, si è prima fatta economica (anticapitalismo), poi giudiziaria ( i "teoremi"). Insomma, un “giochino”
politico-retorico, con pesanti risvolti reali. Si pensi a
quel pippone (pardon)
politico-giudiziario delle trattativa stato-mafia inizio anni Novanta
(dell’altro secolo…), approdato
praticamente al nulla di fatto, eccetto per le piazze televisive: quelle del crucifige a gogò.
Diciamola tutta: per la sinistra, in particolare lo zoo comunista e
post-comunista, la verità, se pure
esisteva una verità nascosta, era ed è una variabile dipendente. Il Pci e i suoi eredi ( si pensi alla caccia grossa
a Berlusconi e ai tentativi di
presentarlo come un capo di Cosa Nostra) interessava e interessa mettere sotto processo gli anti-comunisti.
Coloro, ripetiamo, che dubitavano -
orrore! - della democraticità del Pci e che tuttora dubitano di una sinistra populista e giustizialista.
La grande questione del Mandante (con la maiuscola) - una specie di entità fantasmatica, gelatinosa, lovecraftiana, per Portella toccò a Scelba - serviva e serve per giocare al rialzo, per afferrare il potere,
nudo, comunismo o meno. Tradotto: Fase
1: “Sì, sì, hanno preso gli esecutori,
ma non i mandanti, eccetera, eccetera”. Fase 2, dopo
un arresto, magari importante: “ Sì, sì,
potrebbe essere uno dei mandanti ma la vera ‘cupola’ è altrove, eccetera, eccetera”. E così via, per un numero enne di fasi. Per inciso, si pensi all’accoppiamento poco
giudizioso tra questo tipo di mentalità e l’immaginario politico del Movimento
Cinque Stelle, che, senza dubbio, rinvia all’universo del complottismo
post-comunista (esiste però anche una derivazione di destra neo e post-fascista).
Tornando
sul punto specifico, si tratta di un' argomentazione a strati, che partendo da una premessa sbagliata - che debba esistere un mandante politico unico
- si avvita però logicamente su stessa: perché il mandante deve essere, a prescindere
dai singoli episodi, sempre lo
stesso: il potere politico, ovviamente
nella mani dei conservatori anti-comunisti,
in combutta con la mafia, i
servizi segreti italiani e stranieri, la
massoneria, la trilaterale, eccetera, eccetera. Le
singole verità sui singoli episodi non
interessano più di tanto, perché si vuole dimostrare l’esistenza di un disegno eversivo
generale che colleghi tutto, dalla A alla Z.
Ecco il vero punto: il "disegno" unico. Siamo davanti alla purissima teoria del complotto, applicata alla storia della Repubblica, dalla quale è difficile difendersi, perché, come ogni teoria cospirativa, è frutto di a priori ideologici, ossia pre-assunti cognitivi. Contro i quali le armi del ragionamento sperimentale nulla possono: per il complottista, chi nega il complotto - il "disegno" unico - è complice dei cospiratori, e più lo nega, più è complice.
Ecco il vero punto: il "disegno" unico. Siamo davanti alla purissima teoria del complotto, applicata alla storia della Repubblica, dalla quale è difficile difendersi, perché, come ogni teoria cospirativa, è frutto di a priori ideologici, ossia pre-assunti cognitivi. Contro i quali le armi del ragionamento sperimentale nulla possono: per il complottista, chi nega il complotto - il "disegno" unico - è complice dei cospiratori, e più lo nega, più è complice.
Ecco
quel che la Triplice ha celebrato a Portella della
Ginestra. Altro che i settant'anni. Complimenti vivissimi.
Carlo Gambescia
(2) R. Pertici, Il vario anticomunismo italiano (1936-1960):
lineamenti di una storia, in L. Di Nucci, E. Galli della Loggia ( a cura
di), Due nazioni. Legittimazione e
delegittimazione nella storia dell’Italia contemporanea, il Mulino, Bologna
2003, pp. 332-333.