Ancora sull’attentato di Manchester
Tornare a Kissinger
A
proposito dell’attentato di Manchester invito a leggere gli
articoli di Vittorio Feltri e Massimo Fini, usciti oggi rispettivamente su “Libero” e sul “Fatto Quotidiano”. Per quale ragione? Perché
riflettono due posizioni estreme pro o contro l’Occidente che andrebbero assolutamente evitate: 1) il
chiudersi in casa e buttare la chiave (Feltri); 2) il J’Accuse contro
la presunta ’ipocrisia degli occidentali (Fini). Senza però dimenticare una terza posizione, comune agli editorialisti dei giornaloni né di destra né di sinistra, un
tempo si diceva di regime (“Corriere
della Sera”, “Stampa”, “Repubblica”), che invece 3) chiedono, in modo contraddittorio, più
controlli di polizia e porte aperte a
tutti.
Naturalmente,
e veniamo al punto, né Feltri, né Fini, né gli “editorialisti riuniti” hanno
una qualche idea su come vincere una guerra, perché di questo si tratta. Per Feltri, dovremmo cacciare a calci gli immigrati, per Fini,
chiedere loro scusa, e magari
convertirsi, per gli “editorialisti riuniti”, accogliere tutti per dare una
lezione di umanità a Trump.
Insomma, divisi
su tutto ma uniti nell’incapacità di capire che siamo in guerra. E di religione. Il che può rendere le cose
più difficili, perché, noi europei e occidentali, siamo abituati a considerare la religione un optional, una
questione secondaria. E quindi ci sfugge il nodo del problema.
Facciamo un esempio:
Obama e Trump, pur tra le divisioni politiche, hanno una visione comune sul ruolo della religione nella vita politica: in una parola laica. Insomma, tra i due presidenti americani da un lato, e i capi di stato saudita e iraniano dall’altro esiste una profonda divisione prodotta da una diversa concezione mondo. In Arabia e
in Iran, un gay viene messo in prigione e giustiziato, da noi è un cittadino come un
altro. E così per le donne, eccetera, eccetera. La legge coranica prevale sui
valori laici. E l’Occidente che separa rigidamente il sacro dal profano, il
pubblico dal privato, eccetera, eccetera, viene considerato come una specie di
reprobo, da convertire, con le buone o le cattive. E mano a mano che si scende socialmente, le
divisioni tra Occidente e Islam, si
fanno al tempo stesso, più semplici e forti nei contenuti. Perché se il teologo condanna, il popolo approva, il terrorista uccide.
Pertanto
negare che sia in atto una guerra e per giunta religiosa è un errore
fondamentale. Che nasce dalla nostra incomprensione della radicale differenza,
non semplicemente di natura politica, bensì, più netta, "di visione", laica in Occidente, religiosa nell’Islam.
Ovviamente,
la politica ha le sue regolarità, si nutre anche di alleati, e l’Occidente ha i suoi: la
logica politica, spesso accomodante, può senz'altro ignorare, la logica delle idee
collettive, Ma non per sempre. Altrimenti si rischia di commettere un grave errore, non tattico ma strategico.
Cerchiamo
di capire meglio. In qualche misura, Stati Uniti ed Europa, rifiutano, come dire, la saggia dottrina di Henry Kissinger. Cosa sostiene l’ex Segretario di Stato,
profondissimo studioso di politica. Egli
ritiene che la costruzione di un ordine
internazionale, fondata sull’equilibrio, deve tenere conto del comportamento di quelle nazioni che a parole accettano l'ordine, ma
nei fatti, e ancor più ideologicamente, lo combattono o si preparano a distruggerlo. Pertanto, per usare una metafora, se gli interessi politici, e giustamente, talvolta spingono a trattare anche con il diavolo, non
si deve mai dimenticare che del diavolo si tratta. E quindi va tenuto il dito sul grilletto.
Kissinger
sostiene - semplificando la sua tesi - che il
diavolo, con il quale si può occasionalmente trattare, è consapevole di essere tale, mentre Stati Uniti e Occidente, ritenevano, ad esempio all'epoca della "Guerra Fredda" - non tutti i leader naturalmente, Nixon per primo - che
il diavolo si sarebbe prima o poi convertito ai
nostri valori, grazie agli effetti della pace, della cultura e dei
commerci. Il che è stato possibile. Però, come si chiedeva Kissinger, in che modo? Porgendo l'altra guancia e aspettando? No. Politica del contenimento, due blocchi, quindi conflitti locali a rischio atomico, nonché tempi lunghi per trattare e capirsi sul piano degli interessi, con due nodosi bastoni, neppure tanto nascosti, dietro la schiena. Senza trascurare, infine, un fatto fondamentale, dirimente: l’accettazione preventiva da parte del nemico sovietico dei valori moderni, insomma, di larga parte dell'eredità illuministica (1).
Inutile,
qui aggiungere, che per contro nel mondo
islamico, con qualche eccezione, il
diavolo è rappresentato dall’Occidente e dalla modernità illuministica nella sua
interezza. Sicché l’Islam ci ha
sempre combattuto. E se è scesa a patti,
ciò è avvenuto per ragioni contingenti legate a crisi politiche
interne o a seguito di una
sconfitta. Pertanto - ecco il punto kissingeriano da non dimenticare mai - l’idea di ordine internazionale dell’Islam è
profondamente diversa dalla nostra, perché di tipo religioso, a sfondo
universalistico, fondata sulla conversione degli infedeli all’Islam. Quindi, sovvertitrice di ogni ordine politico
laico, imperniato sulla separazione, particolaristica, per stati, tra
potere politico e potere religioso,
incarnata dai valori vestfaliani.
Ciò
non significa che l’Occidente debba proclamare nuove crociate e alimentare il fanatismo a sfondo pseudo-religioso o razzista, ci mancherebbe altro. L'Occidente, proprio perché dotato di storica freddezza e razionalità, non deve non mai dimenticare la natura religiosa e universalistica, a
sfondo coercitivo, del nemico. E di conseguenza, oltre a trattare, se necessario, schierare, visto che detiene la supremazia militare, una forza superiore per
schiacciarlo ( o in chiave di escalation, minacciarlo seriamente di).
Piangersi
addosso, sperando che il nemico si commuova, è pura stupidità politica, che può condurci alla rovina. Pertanto dobbiamo tornare a Kissinger.
Carlo Gambescia
(1). Si veda in particolare H. Kissinger, Ordine Mondiale, Mondadori 2015, in particolare
capitoli 3, 4, 7.