I miei tre anni su Facebook
Grazie “amici”!
Tre
anni fa, proprio di maggio, lo “sbarco” su Facebook. Che mi proponevo? Sarò sincero:
rilanciare, ampliandone il raggio d’azione, il mio
blog, Metapolitics, che un mese prima aveva subito un duro attacco
pirata, con relativa denuncia alla polizia postale, eccetera, eccetera
(mai venuta a capo di nulla…). In
quell’occasione mi fu di grande aiuto il geniale Carlo Pompei, caro amico dai tempi di "Linea", un quotidiano al quale mi onoro di aver collaborato.
I
danni furono consistenti, chiusura in
automatico del blog da parte di Google, perdita del mio server di posta e di alcune decine di migliaia di mail… Insomma,
ero con il morale a terra. Però, come anticipato, rilanciai. Perché mollare, mi chiesi? Avrei fatto un
favore, come si dice, ai miei nemici, tra i quali c’era sicuramente, l’autore
dell’attacco pirata a un blog, senza
falsa modestia, che in poco meno di
nove anni di vita - parlo del 2014 - aveva macinato un milioncino di visitatori unici. Niente di che, ma neppure poco.
Dicevo
di Fb. All’inizio recuperai subito, tutti i miei lettori, quelli che mi
seguivano sui giornali e sul blog. Poi
altri, altri ancora, fino a raggiungere i 3400 “amici”, da tutto il mondo. Subito però notai la differenza tra i lettori del blog, un circolo
di amici, soprattutto nella vita, quindi vicini a me intellettualmente, e quello di Fb, popolato in maggioranza da
“amici”, in realtà perfetti sconosciuti (ecco il perché delle virgolette), con una preparazione culturale media, talvolta mediocre, politicamente oscillanti, a parole, tra il ribellismo e la
rassegnazione, tutti però - ovviamente, quelli che dopo essersi avvicinati continuano a leggermi - mai stanchi di trovare una perfetta
consonanza tra ciò che pensano e le tesi espresse nei miei scritti.
Si chiama consonanza cognitiva: uno dei più potenti motori (insieme all'altro fenomeno della dissonanza cognitiva) di socializzazione culturale. Mi spiego meglio: dall’Età della pietra lo
scrittore migliore (anche sulle pareti della caverne) resta colui che dice cose
che i suoi lettori vogliono sentirsi dire. Più sei “bravo”, più sei banale. E
la "democrazia" comunicativa - i Social, insomma - ha semplicemente
agito da cassa di risonanza, o se si vuole da moltiplicatore, del più
vieto senso comune, anche quando ci si atteggia a rivoluzionari o
scettici blu.
La vera cultura, quando esiste, è sempre per pochi: è aristocratica, non democratica. Tradotto: piaccia o meno, non può essere su Fb. Figurarsi che smacco, dover cedere, dopo tutto, al folclore cognitivo del Social, per uno scrittore, come ritengo di essere, abituato a privilegiare le domande alle risposte. E la mia pagina, penso in particolare ai commentatori, pur nei limiti del social-tribalismo, per dirla con Totò, si difendicchia.
La vera cultura, quando esiste, è sempre per pochi: è aristocratica, non democratica. Tradotto: piaccia o meno, non può essere su Fb. Figurarsi che smacco, dover cedere, dopo tutto, al folclore cognitivo del Social, per uno scrittore, come ritengo di essere, abituato a privilegiare le domande alle risposte. E la mia pagina, penso in particolare ai commentatori, pur nei limiti del social-tribalismo, per dirla con Totò, si difendicchia.
Comunque
sia, questo oggi passa il convento. Tuttavia,
se il Blog, era una finestrella sul mondo, dove si discuteva principalmente tra vecchi amici, anche nella vita, di cose nobili e
difficili, la Pagina Fb è una specie di camera con vista panoramica sulla natura umana, i suoi luoghi comuni, i suoi tic collettivi, nel bene come nel male, dal fascino del carisma all' invidia sociale, eccetera, eccetera. Ciò significa che per il sociologo c’è sempre da imparare qualcosa.
Perciò,
grazie “amici” di questi tre anni.
Vissuti insieme: voi, per così dire, sul
lettino, io a osservare. O quasi.
Carlo Gambescia