venerdì 12 settembre 2025

Macchine dell’odio. Quando la propaganda uccide: la parabola di Charlie Kirk

 


Violenza politica come sconfitta collettiva

Nessuno gongola per la morte di Charlie Kirk. Non c’è nulla da  festeggiare: la violenza politica resta sempre una sconfitta collettiva. Eppure, la sua fine rappresenta la logica degenerazione di un modo di fare politica triviale, rozzo e rabbioso, una spirale d’odio che lui stesso ha alimentato, giorno dopo giorno, tweet dopo tweet, comizio dopo comizio.

Fondatore di Turning Point USA nel 2012, quando aveva appena 18 anni, Kirk si rivolgeva soprattutto ai campus universitari, diffondendo messaggi pro-Trump dai toni populisti, sostenendo posizioni complottiste – dal 6 gennaio alle elezioni “truccate” – e facendo largo uso di retorica anti-immigrati, flirtando con ambienti alt-right. Non era un naziskin con la camicia nera, ma si muoveva stabilmente nel perimetro della destra radicale americana contemporanea, non priva di tendenze fasciste.

Un’ideologia rozza

Charlie Kirk non era un pensatore, non era un intellettuale. Era un influencer di estrema destra, che non aveva completato l’università ma abilissimo negli affari e nell’ottenere finanziamenti e favori da chi conta, arrivando addirittura a conquistare la fiducia di Trump.

Un vero imprenditore politico: un millenial – era nato nel 1991 – capace di autorappresentare una America giovane e sportiva, ma anche intollerante, razzista, integralista sul piano religioso. E in qualche misura di fornire un’altra immagine dell’elettore medio trumpiano: bianco, di mezza età, pieno di rancori, e se disoccupato pieno anche di birra.

Il suo slogan, preferito, ripetuto in più salse, “The American comeback under Trump signals a return to conservative values (“Il ritorno degli Stati Uniti sotto Trump segnala un ritorno ai valori conservatori”) indica il ritorno a un’America bianca, gradita al KKK. E sorte ha voluto che un proiettile mortale lo cogliesse proprio durante una manifestazione sotto le bandiere dell’ “American comeback”.

In pratica Kirk era un grande semplificatore seriale, come Trump, Meloni, Salvini, Vannacci. E come tutti i dittatori del Novecento.

Charlie Kirk ha pubblicato diversi libri di stampo conservatore e pro-Trump, tra cui The MAGA Doctrine (2020), manifesto delle sue idee politiche; Campus Battlefield (2018) e The College Scam (2022), critiche al sistema universitario; Right Wing Revolution (2024) e Time for a Turning Point (2016, con Brent Hamachek), inviti all’azione per il futuro politico ed economico degli USA. Nei suoi libri – pura propaganda – ripeteva sempre lo stesso mantra: la sinistra è il nemico, l’immigrazione è un’invasione, i diritti civili un attentato alla libertà, il protezionismo è la salvezza, eccetera, eccetera, politica da talk show, a colpi di slogan.

La retorica aggressiva

Le sue parole parlano da sole.

Sull’immigrazione dall’India:
“America does not need more visas for people from India. … Enough already. We’re full. Let’s finally put our own people first.”
(“L’America non ha bisogno di altri visti per persone dall’India… Basta ormai. Siamo pieni. Mettiamo finalmente al primo posto la nostra gente.”)

Sulla cosiddetta sostituzione etnica:
“The ‘Great Replacement’ is not a theory, it’s a reality.”
(“La ‘Grande Sostituzione’ non è una teoria, è una realtà.”)

Sui diritti trans:
“We must ban trans-affirming care — the entire country. Donald Trump needs to run on this issue.”
(“Dobbiamo vietare le cure che affermano l’identità trans – in tutto il paese. Donald Trump deve correre su questo tema.”)

E ancora, parlando dei transgender:
“It’s a throbbing middle finger to God.”
(“È un dito medio pulsante verso Dio.”)

Infine, a proposito delle armi:
“I think it’s worth to have a cost of, unfortunately, some gun deaths every single year so that we can have the Second Amendment to protect our other God-given rights.” (“Penso che valga la pena sopportare un costo di, purtroppo, alcune morti per armi ogni anno affinché possiamo avere il Secondo Emendamento per proteggere i nostri altri diritti dati da Dio.”)

Ebbene: è stato accontentato (*).

Trumpismo puro
Questa non è solo la retorica di Kirk. È la retorica di Trump. “America First”, “nemico interno”, “minoranza come minaccia”. Kirk era il soldatino perfetto del trumpismo, capace di portare nelle università e nei social le stesse parole d’ordine del capo. La sua “guerra culturale” era una campagna permanente di delegittimazione dell’altro: gay, nero, latino, transgender, democratico, chiunque non fosse “vero americano”.

Clima da guerra civile
In questo modo Kirk e il trumpismo hanno seminato un clima da guerra civile. Non è un caso se proprio nello Utah – stato conservatore, pieno di armatissime milizie di estrema destra – qualcuno forse lo ha perfino considerato un moderato. Le spirali d’odio funzionano così: chi semina vento raccoglie tempesta. Non si giustifica nessuna violenza, ma si deve capire la catena di cause.

L’Italia che non capisce
E qui arriviamo all’Italia. La stampa di destra, invece di riflettere sulla degenerazione americana, ha usato la morte di Kirk come occasione per attaccare la sinistra italiana. Non ha capito nulla. O forse ha capito fin troppo bene.

Detto tra parentesi: Giorgia Meloni ha espresso cordoglio per la morte di Kirk, parlando di “ferita profonda per la democrazia”. Ma non risulta che abbia speso parole simili quando, pochi mesi fa sono stati assassinati la deputata democratica del Minnesota Melissa Hortman e il marito Mark, colpiti da un uomo che, fingendosi agente di polizia, ha poi ferito anche il senatore statale democratico John Hoffman e la moglie.

Due pesi e due misure che parlano da soli.

Una domanda amara
Alla fine resta una domanda semplice e amara: perché non si riesce ad andare d’accordo – a destra e a sinistra – su valori di fondo come i diritti civili, l’uguaglianza, la libertà di parola? Perché un gay, un nero, un latino devono essere dipinti dalla destra MAGA, come esseri inferiori, come nemici dell’America?

Non c’è liberal-democrazia senza valori condivisi. Senza la normale accettazione della modernità, secondo un terreno comune che va dall’Umanesimo all’Illuminismo e dai Lumi al Liberalismo. Lo stesso terreno comune  che Kirk ha invece minato giorno dopo giorno con la sua rozza ideologia reazionaria sull’ “American comeback”.

Dopotutto la morte di Charlie Kirk ci ricorda che l’odio semina solo altro odio. Non basta condannare il gesto: bisogna affrontare la retorica che lo rende possibile. La liberal-democrazia si difende prima con le parole, con il buon uso delle parole. Con il ricorso alla retorica della transigenza e non solo con le leggi.

Carlo Gambescia

(*) Le citazioni possono essere consultate online: è sufficiente inserire la frase completa o anche solo l’inizio nel motore di ricerca.

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