Salvini a processo
La fabbrica degli eroi
Su
Salvini rinviato a processo, la domanda
è la seguente: se si fosse riusciti a mettere fuori gioco Hitler e Mussolini
per via giudiziaria, il mondo, grazie ai giudici, si sarebbe risparmiato una serie di guerre e genocidi?
Diciamo
che le cose sono molto più complesse. Esistono le grandi correnti collettive
della storia che non sempre vanno nella direzione giusta, voluta dagli uomini, nel bene come nel male. Hitler
in seguito al putsch del 1923 finì in prigione, ma ne uscì come un eroe. Mussolini, all'epoca del delitto Matteotti fu lì lì per cadere, ma poi ne venne fuori addirittura rafforzato.
Per
venire a un esempio più recente, il Cavaliere è stato messo fuori gioco, quando
ormai era troppo tardi per riparare ai danni che aveva combinato: uno in particolare, gravissimo, lo sdoganamento politico-culturale del populismo. Lo stato di
diritto non è alieno da cavilli e i giudici non sono ben visti (per ragioni che spiegheremo
più avanti), quindi si rischia anche
questa volta di trasformare Salvini in eroe. Certo è in gioco l’ineleggibilità,
ma la pena (accessoria), purtroppo non
riguarda - per capirsi - le grandi
correnti culturali e collettive della storia (piacciano o meno), come ad
esempio il razzismo dei leghisti. Per
fare un passo indietro: le misure giudiziarie non arrestarono culturalmente fascismo
e nazismo. Come del resto in tempi più vicino a noi, non
influirono sul populismo berlusconiano. Anzi.
Il
razzismo è un fenomeno dalle radici culturali profonde, che nella sua versione politica, non
può essere combattuto a colpi di sentenze per giunta strabiche. Ad esempio, perché non chiamare di correo il Presidente Giuseppe Conte, all’epoca del fatti contestati alleato di Salvini? La giustizia politica aggrava non attenua fenomeni di cultura collettiva che, proprio perché
tali, dividono e inaspriscono i conflitti i politici.
Infatti
qual è l’atteggiamento di Salvini? Dalle prime interviste si dipinge come un
eroe, vittima di un sistema ingiusto, che andrà avanti a testa alta.
Allora
che si doveva fare? Lo stato di diritto non ha forse le sue regole e procedure,
uguali per tutti, dal ministro all’usciere, dinanzi alla legge? Certo. Però allora si deve
fare in modo che sia effettivamente così. Insomma, che i giudici non si comportino come strabici. In
Italia, da Tangentopoli in poi, la giustizia ha continuato a guardare da una parte sola: contro la destra. La politicizzazione a sinistra
della magistratura non ha indubbiamente
fatto bene allo stato di diritto. Giudicato ormai da metà degli italiani come al servizio di una
sola parte politica.
In questa situazione togliere
di mezzo Salvini per via giudiziaria non attenuerà l’onda lunga del razzismo
italiano.
Un fenomeno che va contrastato non con la giustizia a orologeria ma
con il buon governo: da una intelligente
regolazione dei flussi alla progressiva integrazione degli immigrati. Questa battaglia, dai tempi lunghi, deve essere condotta sul piano organizzativo e culturale. Le decapitazioni giudiziarie lampo possono provocare solo altre decapitazioni lampo di segno contrario.
Si
dirà che in questo modo si fiancheggia
la destra. In realtà, non stiamo difendendo Salvini ma lo stato di diritto. Il
vero stato di diritto. Offeso da certi giudici che invece di combattere il razzismo fabbricano eroi. Classico esempio di eterogenesi dei fini (delle azioni sociali): si vuole il bene, si ottiene il male.
Carlo Gambescia