Dagli scostamenti di bilancio
ai carri armati
Gli
scostamenti di bilancio, sui quali tutti i partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano ora trovarsi d’accordo, come prova il voto di ieri in Parlamento, sono la classica strada per l’inferno lastricata di buone intenzioni.
Per
ogni persona di buon senso il campanello
d’allarme dovrebbe sempre suonare dinanzi alla promessa
dei populisti, di sinistra come di destra, di abbassare le tasse. Cosa
nella quale invece, stando
ai sondaggi, molti italiani credono. Ci si illude,
per dirla con Vilfredo Pareto e Maffeo Pantaleoni, che possano “scemare le imposte” senza “scemare le spese” . Si crede, insomma, che la moltiplicazione della spesa pubblica favorisca inevitabilmente la moltiplicazione
della spesa privata. Come se il rapporto tra spesa pubblica e spesa
privata fosse governato dalla forza di gravità.
Tutto
può sembrare molto stupido, eppure è così.
In
realtà, quanto più aumenta la spesa
pubblica, tanto più aumentano i tributi e quanto più aumentano i tributi tanto
più un’economia rischia di restare al palo di partenza. Altro che le promesse di vivere felici e contenti evocate da Conte, Gualtieri, Salvini, Meloni...
Di
solito, a queste critiche, si risponde
che se tutti pagassero le tasse, tutti pagherebbero meno, eccetera, eccetera. Ma l’evasione
fiscale, a parte alcune eccezioni, non è
altro che la riprova che il mercato dei tributi
non funziona perché i prezzi dei medesimi sono troppo elevati. Di qui la nascita di mercati paralleli, che vanno
dalla bustarella all’evasione fiscale. Per fare un esempio semplicissimo: come
si combatte il contrabbando di determinati beni? Abbassando i tributi che
gravano su di essi, rendendoli così
competitivi con i prezzi dei beni acquistati sul mercato nero. Stesso discorso
per le tasse, come ben spiega la teoria
dei paradisi fiscali.
Per
farla breve: il mix tra spesa
pubblica crescente e tasse altrettanto elevate distrugge ogni possibilità di crescita
economica.
Ora
che i populisti al governo e all’opposizione,
come del resto moltissimi italiani, credano nel miracolo dei pani e dei pesci economici resta un mistero. Fino a un certo punto però. Con la spesa pubblica si comprano i voti, come del resto con la simultanea promessa di abbassare le tasse: così non si scontenta nessuno.
Un gioco che però può riuscire solo in un universo economico autarchico o semi-autarchico. Per
contro, in un’economia aperta, dove la credibilità internazionale impone di rispondere di ogni centesimo, non è possibile
procrastinare il gioco a lungo, tentando di turlupinare i partner economici
privati (banche, imprese, fondi). Il che spiega perché i populisti, di destra come di sinistra, siano così
contrari alla libertà di mercato. Nel destino dei populisti, piaccia o meno, c’è il
protezionismo, che non è altro che la versione economica del nazionalismo, oggi
ribattezzato sovranismo. L’idea che si
possa fare da soli. Come nella Russia
sovietica, nell’ Italia fascista e nella Germania di Hitler…
Insomma,
come dicevamo, la strada per l’inferno è
sempre lastricata di buone intenzioni: si
comincia con lo scostamento di bilancio e si finisce con i carri armati Anche
perché una volta raschiato il fondo del barile spesa pubblica-tributi, non
resta che aggredire gli altri popoli per vivere alle loro spalle… Oppure trovarsi un alleato forte - Mussolini docet - che vinca le guerre per noi. Asservendoci però.
Carlo Gambescia