venerdì 3 luglio 2020

Il Premio Strega a Sandro Veronesi
Un caso di gentrificazione della letteratura


Il colibrì di Sandro  Veronesi ha vinto il Premio Strega.  Un romanzo  di buona tecnica  ma privo, come altre sue opere,  di quella forza  interiore, drammaturgica, per usare una parola difficile,   che denota invece  quel fenomeno che si chiama il piacere della  rilettura. 
Ad esempio, La coscienza di Zeno o Quer pasticciaccio brutto de  via Merulana, sono testi   che si leggono e si rileggono durante tutta la vita.  Insomma, ci si torna sopra  sempre volentieri.  Invece,   Caos calmo  (meglio il film che il romanzo…) e  Il colibrì  una volta letti si dimenticano. Roba da scaffale alto della libreria domestica, se non addirittura da seconda casa…  
Che poi Veronesi  sia una macchina da premi  è un’altra storia:  da sociologia ed economia  della comunicazione  (editoriale).  Infatti,  come si legge, giustamente, nei Cinquantamila,  si fa prima a fare il breve elenco dei premi mancati… 
La sua doppietta  allo Strega ha un precedente in  Paolo Volponi:  scrittore che però, attraverso i suoi personaggi, provava  di saper  personificare l’odio con grande raffinatezza e profondità.  Nei romanzi di Veronesi  non ci sono invece né vincitori né vinti,  tutto scivola via, lungo superfici solo apparentemente inclinate.  Marco, il protagonista de Il colibrì,  patteggia con la vita, non odia non ama, se non come può odiare e amare  un  collezionista di figurine  che si chiamano gioie e dolori.  In pratica,  Marco  empatizza  la  poetica del caos calmo: della anormalità normale,  già teorizzata  da Veronesi.     


Avanziamo un’ipotesi: i contenuti dei suoi romanzi, almeno da Caos calmo (2005) in poi, rinviano  alla gentrificazione intellettuale: al  giornalista che, come altri giovani professionisti,   ha  fatto fortuna e  vuole godersi il successo in comode abitazioni, un tempo nei quartieri popolari e operai, ora però di pregio;  aree "imborghesite",  "gentrificate" , intellettualmente parlando.
Un borghese fiacco insomma, che a differenza dei borghesi lunatici, scontenti, vibranti, veri,  di Svevo e Gadda,  crede invece di vivere nel migliore dei mondi possibili.  Il suo, ovviamente, e di quelli come lui... Soffre e talvolta piange, certo,  ma con un occhio solo... 
Carlo Gambescia