Il Premio Strega a Sandro Veronesi
Un caso di gentrificazione della
letteratura
Il colibrì di Sandro
Veronesi ha vinto il Premio Strega. Un romanzo di buona tecnica ma privo, come altre sue opere,
di quella forza interiore,
drammaturgica, per usare una parola difficile,
che denota invece quel fenomeno
che si chiama il piacere della rilettura.
Ad esempio, La coscienza di Zeno o Quer pasticciaccio brutto de via Merulana,
sono testi che si leggono e si rileggono durante tutta la
vita. Insomma, ci si torna sopra sempre volentieri. Invece, Caos calmo (meglio il film che il romanzo…) e Il colibrì una volta letti si dimenticano.
Roba da scaffale alto della libreria domestica, se non addirittura da seconda casa…
Che
poi Veronesi sia una macchina da
premi è un’altra storia: da sociologia ed economia della comunicazione (editoriale).
Infatti, come si legge,
giustamente, nei Cinquantamila, si fa prima a fare il breve elenco dei premi
mancati…
La
sua doppietta allo Strega ha un precedente
in Paolo Volponi: scrittore che però, attraverso i suoi personaggi, provava di saper personificare l’odio con grande
raffinatezza e profondità. Nei romanzi
di Veronesi non ci sono invece né
vincitori né vinti, tutto scivola via, lungo superfici solo apparentemente
inclinate. Marco, il protagonista de Il colibrì, patteggia con la vita, non odia non ama, se
non come può odiare e amare un collezionista di figurine che si chiamano gioie e dolori. In pratica, Marco empatizza la poetica
del caos calmo: della anormalità normale,
già teorizzata da Veronesi.
Avanziamo
un’ipotesi: i contenuti dei suoi romanzi, almeno da Caos calmo (2005) in poi, rinviano alla gentrificazione intellettuale: al giornalista che, come altri giovani
professionisti, ha fatto fortuna e vuole godersi il successo in comode
abitazioni, un tempo nei quartieri
popolari e operai, ora però di pregio; aree "imborghesite", "gentrificate" , intellettualmente parlando.
Un borghese fiacco insomma, che a differenza dei borghesi lunatici, scontenti, vibranti, veri, di Svevo e Gadda, crede invece di vivere nel migliore dei mondi possibili. Il suo, ovviamente, e di quelli come lui... Soffre e talvolta piange, certo, ma con un occhio solo...
Un borghese fiacco insomma, che a differenza dei borghesi lunatici, scontenti, vibranti, veri, di Svevo e Gadda, crede invece di vivere nel migliore dei mondi possibili. Il suo, ovviamente, e di quelli come lui... Soffre e talvolta piange, certo, ma con un occhio solo...
Carlo Gambescia