giovedì 23 luglio 2020



Così ieri Conte:

«Durante la trattativa in Europa sul Recovery Fund "ho sentito la forza che mi ha dato tutta la Nazione, è stato come il tifo che ti sostiene in uno stadio". Così il premier Giuseppe Conte, conversando con alcuni cittadini fuori al Senato. Bisogna "lavorare per restituire ai cittadini la fiducia nelle istituzioni. Dipende anche da noi, dai nostri comportamenti", ha inoltre sottolineato Conte."Da soli non si fa nulla, non è questione di bacchetta magica, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, non si può pensare di mettere un uomo solo al comando e di risolvere tutti i problemi", ha detto il premier. "Tutti noi - ha aggiunto- dobbiamo essere disponibili".»

Ora, se c’è un  pericoloso  fattore totalitario nel calcio, e c’è,  è rappresentato dal tifo da stadio. Il tifoso ama la sua quadra in modo esclusivo, totalitario per l’appunto, e non ammette che lo si contraddica, spesso ricorrendo alle maniere forti.  Insomma,  mai importare   una   logica così letale in politica.
Quanto all’appello di Conte   alle responsabilità individuali si tratta di un  invito ai cittadini  a non esulare dai propri doveri. A fare bene il proprio lavoro.  Una  motivazione, ad esempio, addotta anche dal grigio  Eichmann,  che dinanzi ai giudici dichiarò, a proposito degli ebrei passati per il camino, di essersi attenuto a eseguire gli ordini ricevuti. A fare, insomma,  il proprio dovere, come imponeva a ogni buon tedesco Adolf Hitler, l’uomo allora solo al comando.

Esageriamo? La cultura  politica di Giuseppe Conte, come per tanti professori di diritto,   rimanda al positivismo giuridico:  al rispetto delle leggi vigenti (in primis la Costituzione) che per nostra fortuna, soprattutto sul piano dei diritti, conservano ancora una patina liberal-democratica. 
Ma, ecco il punto, non è possibile  parlare per Conte  di una conoscenza, diciamo vissuta e profonda, del rapporto  tra diritto e realtà  politica,  ossia della consapevolezza della pericolosa  “rispondenza”  tra  monopolio della legge e monopolio della violenza da parte delle istituzioni statali. Insomma, del fatto che lo "spessore" della patina di cui sopra sia sempre a rischio...
Siamo purtroppo davanti a un tratto naïf  della sua cultura politica.  Che resta quella dell’applicazione delle legge, a prescindere da qualsiasi  considerazioni politica e sociologica, che non sia immediata.   Detto altrimenti, la cultura politica di Conte è  da manuale di educazione  civica per i licei, qualcosa di meccanico: ognuno faccia il proprio dovere di bravo cittadino, rispettoso delle leggi è "tutto andrà bene".  Come se leggi   fossero prive di violenti  contenuti politici.     
Per Conte, ripetiamo,  un  naïf  della politica,  si potrebbe parlare  di cultura politica della scatola vuota dentro la quale  ci si può mettere ciò che più  conviene politicamente. Una scelta, in apparenza pragmatica, che può  però  avere risvolti molto pericolosi per i cittadini. Il suo è un  pragmatismo, come ogni pragmatismo (legato alla logica dell'obiettivo),  dalle inevitabili   accelerazioni autoritarie: come mostrano le fasi del   Covid e del  post Covid, nonché la stessa condivisione del potere, molto sobria, con un personaggio criptofascista come Salvini.  Ad esempio   quante volte Conte ha  ripetuto  che  era la Costituzione stessa che imponeva, per il bene dei cittadini,  le misure di segregazione prima verso i migranti, poi verso i cittadini italiani?

Concludendo, Conte è un pericoloso naïf   della politica. Ovviamente, è  dotato di una certa furbizia avvocatesca che lo aiuta a giocare con i cavilli, dando l’impressione del buon mediatore democristiano. In realtà, Conte è una mina vagante, dal momento  che la sua primitività politica lo rende permeabile a qualsiasi avventura.  Se un  accostamento, diciamo tendenziale, può essere fatto con  dittatori soft del passato, Conte, fatte le debite proporzioni, può essere avvicinato  all’austriaco Dollfuss o forse ancora meglio al portoghese  Salazar (nella foto sopra). Non è insomma riconducibile al prototipo  del leader fascista.  Anche se, mai dire mai…

Carlo Gambescia